Pochi giorni fa, un’azienda israeliana ad alta tecnologia ha annunciato di aver raccolto dai suoi partner fondi per circa 25 milioni di Euro al fine di stimolare la ricerca nella produzione di carne artificiale, cioè senza che questa provenga direttamente da animali. Gli israeliani affermano di mirare ad ottenere “una produzione di carne efficiente in termini di costi e priva di OGM partendo esclusivamente dalle sole cellule, senza la necessità di allevare o macellare animali“. L’uso di queste parole è chiaramente molto importante.

Al fine di ottenere fondi e l’approvazione da parte del pubblico, l’azienda afferma, inoltre, di essere “efficiente in termini di costi“, che questa produzione è priva di OGM e che l’allevamento tradizionale per come lo intendiamo oggi non è necessario. La percezione comune è che produrranno quindi carne con valori etici elevati, ovvero senza macellazione e maltrattamenti per gli animali e, in aggiunta, senza neanche creare ulteriori emissioni di gas serra.

Si potrebbe pensare che questo tipo di produzione non sia una questione urgente poiché lo sviluppo tecnologico non è ancora ad un livello soddisfacente per renderla in tempi brevi una realtà. Inoltre, si può ritenere che l’accettazione del consumatore debba ancora essere pienamente presa in considerazione e che debbano ancora essere elaborate le norme legislative che permetteranno di creare la carne artificiale. La vera sfida per l’accettazione da parte del pubblico, almeno nel mondo occidentale, è certamente legata agli aspetti etici. Famosi esperti di bioetica ci invitano a considerare che la carne artificiale ferma le “pratiche crudeli” tollerate dagli animali, spesso rinchiusi in spazi ristretti e macellati in “condizioni disumane”. Inoltre, le normali condizioni di vita degli animali allevati in batteria potrebbero “portare a malattie, infezioni, problemi comportamentali e sofferenza”. Per la maggior parte degli esperti di bioetica e dei vegani, il progetto di coltivare la carne artificialmente rappresenta un traguardo straordinario per l’umanità. Affermano, inoltre, che questo metodo sarà una soluzione anche per l’ambiente, poiché riduce l’impatto dell’allevamento degli animali.

Ma le implicazioni etiche di un tale progetto dovrebbero essere delineate esclusivamente in termini di migliori conseguenze per l’ambiente, per gli animali e per i vegani? Non si dovrebbe anche considerare, ad esempio, che la carne fatta in laboratorio necessita di metodi di produzione tecnicamente sofisticati che renderanno più difficile per le collettività produrre cibo in modo autosufficiente aumentando la dipendenza delle stesse collettività dalle organizzazioni private? Non dovrebbero gli esperti cercare in modo onesto di vedere lo spettro totale degli aspetti etici dell’intera questione?

 

Tratto dalla newsletter della European Federation for Animal Science (EAAP).