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Il prezzo medio in Europa del latte bovino alla stalla è stato, a novembre 2024, di 52.33 euro/q.le , in crescita dell’1,6% rispetto al mese precedente e di 6.89 euro/q.le nei confronti dello stesso mese dl 2023.

Il Italia il prezzo medio del latte vaccino a novembre 2024 si è posizionato, come il mese precedente, a 52.85 euro/q.le con incremento di 4.30 euro/q,le rispetto allo stesso mese del 2023.

Il Consiglio dei Ministri, lo scorso 3 dicembre, ha approvato in via definitiva la riforma fiscale, sulle modifiche all’Irpef e all’Ires. Tra i settori direttamente coinvolti emerge quello dell’agricoltura, che vede l’introduzione di importanti novità orientate alla modernizzazione. In attesa della pubblicazione in GU del Dlgs che prevede, tra l’altro, la riforma dei redditi agrari analizziamo il contenuto dell’articolo 1, che introduce disposizioni mirate per i moderni sistemi di coltivazione verticale.

Colture innovative e vertical farming

Come sottolineato dal Viceministro dell’economia Maurizio Leo in una nota ministeriale del 4 dicembre, la riforma introduce misure mirate a valorizzare tecnologie agricole avanzate, tra cui le vertical farm e le colture idroponiche. Questi sistemi, in grado di ottimizzare l’uso delle risorse idriche e mitigare gli effetti del cambiamento climatico, rappresentano una risposta alle sfide dell’agricoltura moderna. La nuova normativa mira a rendere l’Italia un modello all’avanguardia nel panorama internazionale, non solo dal punto di vista produttivo ma anche fiscale.

Modifiche al Testo Unico delle Imposte sui Redditi

L’articolo 1 della bozza apporta diverse modifiche al Testo Unico delle Imposte sui Redditi (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), introducendo nuove regole per la determinazione del reddito agrario e dominicale legate alle colture innovative.

  • Reddito Dominicale: La normativa prevede un incremento significativo delle tariffe d’estimo per le colture innovative, calcolate con un aumento del 400% rispetto alle tariffe provinciali più alte. Questo calcolo transitorio sarà in vigore fino all’emanazione di un decreto attuativo che definirà le modalità definitive.
  • Reddito Agrario: Viene ridefinito il concetto di reddito agrario, includendo le attività che utilizzano tecnologie avanzate e immobili censiti al catasto dei fabbricati. Tra le categorie catastali ammesse figurano C/1, C/2, C/3, C/6, C/7, D/1, D/7, D/8, D/9 e D/10, con un limite di superficie pari al doppio della superficie agraria di riferimento.
  • Produzioni Innovative: Sono introdotte disposizioni specifiche per le attività che contribuiscono alla tutela ambientale e alla lotta ai cambiamenti climatici, in linea con gli obiettivi del Codice Civile (art. 2135).

Decreti attuativi e prospettive future

Un decreto interministeriale, firmato dai Ministeri dell’Economia e dell’Agricoltura, definirà nuovi criteri per la classificazione dei terreni e la regolamentazione delle superfici agricole di riferimento. Questo strumento sarà essenziale per garantire un’applicazione uniforme delle norme e per promuovere un’agricoltura al passo con i tempi. Le nuove disposizioni fiscali non solo incentivano l’adozione di tecnologie avanzate, ma offrono anche un quadro normativo più flessibile per sostenere le aziende agricole nella transizione verso modelli produttivi all’avanguardia. Restano attese le modalità attuative definitive, ma la direzione intrapresa evidenzia un chiaro impegno per il futuro del settore primario italiano.

Il Senato della Repubblica Messicana ha compiuto un passo storico verso la protezione degli animali, approvando con 117 voti unanimi una riforma costituzionale che modifica gli articoli 3, 4 e 73 della Magna Carta. Questa iniziativa, ora parte integrante della Costituzione dal 3 dicembre, introduce tra le materie di studio delle scuole di livello base il concetto di cura degli animali e la loro conservazione, sancendo una visione innovativa di rispetto e protezione degli esseri senzienti.

Un cambiamento di paradigma

La senatrice Maki Esther Ortiz Domínguez (PVEM), relatrice della Commissione sull’Ambiente, le Risorse Naturali e il Cambiamento Climatico, ha presentato il quadro della riforma, sottolineando l’urgenza di intervenire in un paese dove circa 29,7 milioni di cani e gatti vivono per strada, secondo i dati dell’Istituto Nazionale di Statistica e Geografia (INEGI). Ortiz Domínguez ha descritto la proposta come un invito all’azione e una risposta alla crescente consapevolezza sociale sul benessere animale.

Anche il senatore Simey Olvera Bautista (Morena), presidente della Prima Commissione di Studi Legislativi, ha evidenziato che questa modifica segna una nuova concettualizzazione nella cura e protezione degli animali, arricchendo i programmi educativi e promuovendo un trattamento dignitoso nei loro confronti.

Verso un quadro normativo più solido

Óscar Cantón Zetina, presidente della Commissione Punti Costituzionali, ha dichiarato che la riforma rafforza il quadro giuridico messicano, auspicando ulteriori sviluppi normativi per garantire il rispetto, la giustizia e il benessere di tutti gli animali. In questo contesto, si inserisce la possibilità per il Congresso di emanare una Legge Generale sul Benessere, la Cura e la Protezione degli Animali.

Il senatore José Máximo García López (PAN) ha posto l’accento sul grave problema del maltrattamento animale, citando dati allarmanti: in Messico sette animali su dieci subiscono abusi e solo lo 0,01% dei casi viene punito.

Un impegno educativo e culturale

Per il Partito Rivoluzionario Istituzionale, il senatore Rolando Rodrigo Zapata Bello ha richiamato l’importanza di tenere conto della visione dei popoli indigeni nell’elaborazione delle leggi secondarie, garantendo così un approccio inclusivo e rispettoso verso tutte le forme di vita.

La senatrice Lizeth Sánchez García (PT) ha sottolineato che questa riforma rappresenta un’opportunità per riflettere nuovi valori e promuovere una visione empatica e sostenibile delle relazioni tra esseri umani e animali.

Luis Donaldo Colosio Riojas, del Movimento Ciudadano, ha aggiunto che questa iniziativa promuoverà un cambiamento etico a lungo termine, con effetti positivi sulle generazioni future grazie all’inclusione del benessere animale nei curricula scolastici.

La riforma appena approvata non solo tutela la biodiversità e il benessere degli animali, ma rappresenta un punto di svolta nella costruzione di un Messico più empatico, giusto e responsabile. Attraverso interventi legislativi e educativi, il paese pone le basi per una convivenza più armoniosa tra esseri umani e altre forme di vita, incarnando un modello virtuoso di sostenibilità sociale e ambientale.

Il Comitato Tecnico Economico Foraggero che opera in seno all’Accordo Interprofessionale per le Sementi Foraggere riunitosi questa mattina a Bologna ha fissato per la campagna 2024/2025 il prezzo di liquidazione del seme di erba medica certificato per prodotto pulito (cioè con calo di lavorazione 0%) a 365 €/q.

Durante l’anno – ha precisato Alessandro Lualdi, Presidente del COAMS, il Consorzio delle Organizzazioni di Agricoltori Moltiplicatori Sementieri e Coordinatore del Comitato – il Comitato ha costantemente verificato l’evolversi delle produzioni nazionali e monitorato l’andamento dei mercati internazionali al fine di poter disporre di tutte le informazioni necessarie e definire l’equo prezzo di liquidazione del seme di erba medica per la campagna 2024/2025. Il prezzo definito dal Comitato tiene conto del leggero incremento delle produzioni rispetto all’annata passata, ancorché inferiori al livello medio consolidato negli anni precedenti, del basso livello dei prezzi del seme registrato sui mercati internazionali, nonché degli effettivi costi di produzione sostenuti dalle Parti. Siamo convinti che il prezzo indicato sia il miglior compromesso possibile fra le esigenze e le aspettative manifestate da entrambe le Parti sottoscrittrici dell’Accordo e confermi la volontà delle stesse di continuare a lavorare insieme per assicurare una sempre maggiore valorizzazione del comparto foraggero”.

Per la Parte industriale, Fioravante Cozzi, Presidente della Sezione Foraggere di Assosementi, ha sottolineato come “la situazione internazionale appaia estremamente delicata con prezzi bassi con i quali facciamo fatica a competere con le nostre produzioni nazionali. In sede di Comitato abbiamo deciso di accettare il compromesso raggiunto per tenere conto delle esigenze della Parte agricola che da un paio di annate si deve confrontare con costi in crescita e livelli produttivi in flessione. Anche se il prezzo definito oggi ci crea indubbiamente delle difficoltà, alla luce dei bassi livelli di prezzo tenuto dai nostri competitori internazionali, abbiamo deciso di sostenere il settore nell’ottica di una collaborazione e di una programmazione che deve portare nei prossimi anni a una costante crescita del settore.”

Alla fine del 2020, un’intuizione del delegato della Sicilia, Pietro Pappalardo, è diventata un’iniziativa che nel corso di questi anni ha portato a designare più di 30 comuni “Città del formaggio” e quindi si può tranquillamente affermare che si sia trattata di una felice intuizione.

Lo scopo, come si sa, è quello di individuare Comuni culturalmente ed economicamente sede di produzioni casearie e identitari del contesto sociale locale.

Ovviamente, oltre ai Comuni già designati, ce ne sono molti altri in grado di soddisfare queste condizioni e tra questi c’è senz’altro Roma.

Potrebbe “suonare” strano che una metropoli possa rispondere a questi requisiti. Nel caso di Roma non lo è.

Infatti, oltre alla sua storia fatta di una tradizione agricolo-pastorale millenaria che affianca quella storica fatta non solo di conquiste, nonché anche di divulgazione della cultura casearia disseminata in diverse parti del mondo, c’è anche una tradizione di trasformazione casearia ininterrotta nel tempo che oggi è testimoniata da oltre 50 caseifici attivi nell’area metropolitana, un “unicum” se paragonata ad altre capitali di paesi europei con forte tradizione casearia come il nostro.

Oltre ad un continuo lavoro di ricerca per riportare in vita formaggi di cui si erano perse le tracce come, ad esempio, il Caciofiore di Columella ed il Pressato a mano, nel proprio territorio (lago di Bracciano) è presente un sito risalente a circa 8000 anni fa, in cui sono stati ritrovati reperti assimilabili a strumenti per la lavorazione dei prodotti derivati dal latte.

Assodato che Roma Capitale Città del Formaggio 2025 non è un paradosso, ci sono anche altre considerazioni da sottolineare. Se è vero, come accennato prima, che si tratta di una felice intuizione, il successo, però, è tale solo se, secondo la definizione, il riconoscimento viene da parte di un vasto pubblico ed essendo Roma anche la Capitale i riflettori hanno assolutamente una luce diversa dalle altre Città del Formaggio.

Inoltre, l’Italia è il Paese con la maggiore biodiversità vegetale e animale grazie anche alla particolare olografia del suo territorio. Ciò si riflette in una complessità di sfaccettature del latte che, associate alla fantasia di cui gli italiani non difettano, dà vita ad una tale varietà di formaggi che non ha eguali nel mondo.

In sostanza si può affermare che l’Italia è il Paese dei formaggi. Da qui la necessità di avere anche una Città in grado di rappresentare tutte le altre e quindi l’intero patrimonio culturale caseario italiano. In questo senso, proprio per i motivi appena indicati, Roma, oltre a svolgere il ruolo di Capitale amministrativa, può assolvere anche il compito di rappresentante dell’espressività casearia italica. In sostanza una sorta di “Caput casei”.

Tra l’altro, Roma è già “Città del vino” e “Città dell’olio”. Una coincidenza? Assolutamente no! C’è una precisa volontà dell’attuale amministrazione ed in particolare del suo assessorato all’Agricoltura, Ambiente e Ciclo Rifiuti per rendere più sostenibile il sistema agroalimentare romano, nella direzione indicata dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

Proprio in un recente convegno organizzato dalla delegazione Onaf di Roma il responsabile della Food Policy di Roma, Fabio Bonanno, nel suo intervento ha posto l’accento dell’importanza di porre il cibo al centro della Città ed a tale riguardo l’amministrazione, tra le varie azioni, sta puntando a partecipare a grandi manifestazioni sia locali, tra le quali il Villaggio della Coldiretti al Circo Massimo, che nazionali come Terra Madre a Torino, alle quali la delegazione Onaf di Roma ha collaborato con delle degustazioni guidate.

Ora, allo scopo di fornire il giusto rilievo all’iniziativa di Città del Formaggio, nonché di dare un’adeguata visibilità sia alla nostra associazione che al settore caseario, in occasione della cerimonia di designazione che riguarda Roma Capitale, prevista venerdì 28 marzo 2025, nella Sala della Protomoteca del Campidoglio, verranno invitati i rappresentanti di tutte le altre Città del Formaggio. Si tratta di cogliere l’opportunità non solo di confrontarsi e di promuovere produzioni poco conosciute, ma anche di porre le basi per un ulteriore sviluppo del progetto che tenga conto dell’attuale attenzione che il settore caseario sta ricevendo in questi anni.

Le città del formaggio

Nel 2020 è nata la rete delle Città del Formaggio Onaf: borghi, paesi e città che siano luoghi simbolo nel panorama dei formaggi italiani, testimoni di una tradizione casearia identitaria, alfieri di una cultura gastronomica secolare, custodi di una economia sostenibile e fortemente legata alla natura e alla produzione casearia.

Oggi nell’Albo delle Città del formaggio figurano 31 Comuni, ad abbracciare tutta l’Italia. La candidatura viene presentata da una delle Delegazioni Onaf e la denominazione, valida per un anno solare, viene regolarizzata da un atto sottoscritto dal presidente nazionale Onaf e dal sindaco del Comune.

Pubblicato il report Ismea relativo all’andamento degli agrimercati nel terzo trimestre del 2024. Nel nostro Paese aumenta la produzione di latte bovino, ma si riduce il consumo tal quale a favore di yogurt e formaggi. Nel settore ovicaprino si contraggono le quantità richieste dalla domanda interna, mentre ritrova slancio il commercio estero grazie alla riduzione dei prezzi. Sul fronte della carne bovina subiscono una flessione negativa, nei primi otto mesi dell’anno, sia i volumi che la spesa interna, mentre per frumento e mais crescono, nei primi sette mesi del 2024 le importazioni a causa di una ridotta disponibilità. Di seguito un quadro dettagliato dei dati elaborati da Ismea.  

Nella seconda parte del 2024 l’economia internazionale sta mostrando segni di un rallentamento, dovuto soprattutto all’indebolimento del settore manifatturiero, mentre i servizi proseguono la fase espansiva.  I prezzi dell’energia hanno continuato a diminuire a settembre 2024, e in particolare i prezzi del greggio Brent sono scesi a 74 dollari al barile, rispetto agli 81 dollari al barile di agosto, a causa della forte offerta e delle preoccupazioni per la debolezza della domanda. Allo stesso modo, i prezzi del gas naturale in Europa sono diminuiti a settembre, dopo l’impennata del 20% di agosto su luglio, grazie alla ripresa delle forniture dalla Norvegia e alle capacità di stoccaggio quasi piene in Europa, che hanno controbilanciato le preoccupazioni per le potenziali interruzioni dei flussi di gas dalla Russia attraverso l’Ucraina (Banca Mondiale, 2024).

I listini delle commodity agricole, misurati dall’indice Fao (Food Price Index), nel terzo trimestre del 2024 hanno continuato a crescere: l’indice nel periodo luglio-settembre 2024 è aumentato dell’1,4% su base congiunturale (-0,6% su base tendenziale). In crescita rispetto al secondo trimestre 2024 soprattutto le quotazioni di oli e grassi (+5,9%) e dei prodotti lattiero caseari (+4,6%); in controtendenza gli indici del prezzo dei cereali (-3,2%), con risalita dei prezzi del grano a causa delle interruzioni dell’approvvigionamento.

Secondo le stime preliminari dell’Istat, nel terzo trimestre del 2024 il Pil dell’Italia è rimasto allineato rispetto al trimestre precedente, per effetto della diminuzione del valore aggiunto del comparto agricolo e di quello dell’industria, attenuata da un aumento di quello dei servizi. Rispetto al terzo trimestre del 2023, il Pil è aumentato dello 0,4%. La sostanziale stazionarietà del Pil lascia quindi inalterata allo 0,4% la crescita acquisita per il 2024 già rilevata nel secondo trimestre dell’anno in corso.

L’agroalimentare italiano nel contesto economico

Nel periodo luglio-settembre i prezzi dei prodotti agricoli nazionali, misurati dall’indice Ismea, registrano un incremento del 6,3% su base congiunturale dovuto soprattutto all’aumento della componente dei prezzi dei prodotti vegetali, ma aumenta anche l’indice dei prezzi dei prodotti zootecnici; l’indice resta stabile su base annua.

Le esportazioni italiane di alimenti e bevande, nei primi nove mesi del 2024, crescono del 7,6% rispetto allo stesso periodo del 2023, mentre l’export nazionale complessivo cala dello 0,7%. Nello stesso arco temporale aumentano anche le importazioni agroalimentari  del 5,6% in valore su base annua (a fronte del -5,2% delle importazioni totali); migliora quindi il saldo della bilancia commerciale agroalimentare rispetto a gennaio-settembre del 2023, con un surplus settoriale pari a 968 milioni di euro in questa frazione dell’anno.

Le principali filiere agroalimentari nel terzo trimestre del 2024

Riportiamo di seguito l’analisi elaborata sulle singole filiere, prendendo in esame quelle di maggiore interesse per il nostro comparto.

Cereali – La produzione nazionale di frumento duro nel 2024 si è ridotta del 5% annuo; i minori volumi di granella raccolti sono, tuttavia, caratterizzati da un buon livello qualitativo. I fondamentali del mercato per la campagna 2024/25 evidenziano raccolti e scorte mondiali in crescita, in questo modo si stima per l’annata in corso un mercato tendenzialmente in calo. Per il frumento tenero, i volumi di granella prodotti in Italia si sono ridotti del 16% a 2,6 milioni di tonnellate nel 2024, con una contrazione delle superfici investite (-13%). La produzione mondiale nel 2024 viene indicata in sostanziale stabilità e la domanda mondiale è prevista in lieve calo rimanendo su livelli superiori all’offerta; in questo modo le scorte dovrebbero ridursi lievemente. L’avvio a luglio della campagna di commercializzazione 2024/25 ha evidenziato una riduzione congiunturale del prezzo medio mensile, nei tre mesi successivi, tuttavia, i prezzi hanno mostrato un lieve apprezzamento. Per il mais, i dati ancora provvisori dell’Istat evidenziano una stabilità delle superfici investite (498 mila ettari) e un lieve incremento delle rese che si ripercuotono sui raccolti (+1,3% a 5,4 milioni di tonnellate). A livello globale si stima una sostanziale stabilità dei raccolti sui livelli record della precedente annata. I fondamentali del mercato non evidenziano per la campagna commerciale 2024/25 elementi di tensione del mercato; infatti, produzione, consumi e scorte non evidenziano variazioni significative. A partire dallo scorso luglio il mercato ha avuto un andamento volatile ma con oscillazioni di prezzo molto contenute. Sono cresciute nei primi sette mesi 2024 le importazioni sia delle due tipologie di frumento che di mais.

Lattiero caseari – La produzione di latte è in ripresa in Italia e, secondo i dati Agea, si registra un +1,1% rispetto a gennaio-agosto del 2023, in linea con alcuni dei principali produttori europei (Francia +1,3%, Polonia +4,1%, Spagna +1,8%). Il prezzo alla stalla nazionale è rimasto sostanzialmente stabile tra gennaio e giugno, per poi aumentare nei mesi estivi arrivando in media a superare i 54 euro/100 litri (Iva esclusa, senza premi) nel mese di settembre (+10% rispetto a un anno prima). Da sottolineare l’apertura di una forbice piuttosto ampia rispetto alla destinazione finale della materia prima – latte alimentare e formaggi generici rispetto a formaggi Dop – in considerazione della ulteriore crescita dei prezzi dei formaggi grana per tutta l’estate. I costi di produzione degli allevamenti bovini da latte, pur restando su livelli ancora elevati, hanno continuano a flettere: in media nei primi nove mesi del 2024, in base all’indice Ismea, i prezzi dei mezzi correnti impiegati risultano in calo del 13,4% (dopo la stabilità del 2023 e il +26% del 2022), soprattutto sotto la spinta al ribasso dei prezzi dei mangimi e dei prodotti energetici (rispettivamente -20% e -11% nel periodo gennaio-settembre 2024). Per quanto riguarda l’andamento del mercato all’ingrosso, i prezzi del Grana Padano hanno registrato una dinamica fortemente in ascesa nel 2024, raggiungendo nel mese di settembre la quotazione record di 10,15 euro/kg (listino della stagionatura minore), con uno scarto di quasi il 17% rispetto al valore di un anno fa, soprattutto grazie a una vivace domanda estera. Andamento analogo per il Parmigiano Reggiano, che per la stagionatura di 12 mesi ha superato nel mese di settembre il prezzo di 11,3 euro/kg, con una crescita del 12% rispetto allo stesso mese del 2023. Anche i prezzi del burro sta evidenziando una rapida crescita dei listini, sotto la spinta delle dinamiche continentali, con il prodotto CEE arrivato a settembre alla quotazione record di 7,90 euro/kg (+82% su base tendenziale). Sul fronte del commercio estero, continua la tendenza positiva con un saldo della bilancia commerciale settoriale in attivo per il quarto anno consecutivo con 371 milioni di euro nei primi sette mesi del 2024, quasi raddoppiato rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Le esportazioni di formaggi e latticini sono cresciute del 11,1% in volume e dell’8,0 % in valore, grazie a prezzi mediamente in discesa nei primi sette mesi2024 e a un rilancio di alcuni mercati strategici come Germania, Regno Unito e USA (rispettivamente +8,6%, +6,2% e +16,6% in volume). A trainare le esportazioni sono soprattutto i formaggi freschi (+11,9% in volume e +7,1% in valore) e Grana Padano e Parmigiano Reggiano (+10% in volume e +9,6% in valore) e i grattugiati (+11,9% in volume e +9,6% in valore); in aumento anche il Gorgonzola (+5,4% in volume e +0,1% in valore). In lieve aumento anche le importazioni di formaggi (+2,7% in volume e +3,3% in valore nei primi sette mesi del 2024), in particolare di freschi (+4,6% in volume) e semiduri (+2,9% in volume), di yogurt (+10,9% in volume), mentre si riducono quelle di burro (-9,1% in volume) a causa di prezzi ancora elevati, e latte confezionato (-8,9% in volume) a causa della minore domanda interna. La richiesta sostenuta di materia prima da parte dell’industria di trasformazione e prezzi di fornitura competitivi hanno continuato a spingere le importazioni di latte in cisterna nel periodo gennaio-luglio 2024 (+4,7% in volume su base tendenziale), seppure a ritmo più rallentato rispetto allo scorso anno. In particolare, oltre alla conferma della Germania nel ruolo di primo fornitore crescono anche le importazioni dalla Slovenia (+4,8% nei primi sette mesi 2024) e sono risultate quasi raddoppiate le cisterne provenienti dalla Francia e significativamente aumentate quelle dall’Ungheria (+23% in volume). Nel mercato interno si è avuto un calo della spesa delle famiglie per i prodotti lattiero caseari nei primi otto mesi del 2024 (-1,7% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno) e volumi pure in diminuzione (-0,9%). La contrazione del carrello è da ascriversi in gran parte al latte fresco, che continua ad arretrare nelle preferenze dei consumatori italiani (-7,0% in volume) e viene in parte sostituito dallo yogurt in aumento del 4% in volume. Per quanto riguarda i formaggi, si registra in media una certa tenuta degli acquisti domestici (+0,7% in volume), seppure con andamenti differenziati tra i vari segmenti merceologici.

Ovicaprino – Dopo le quotazioni record dell’estate 2023, i prezzi del Pecorino Romano hanno segnato un’inversione di tendenza già negli esordi della campagna 2023/2024 a causa della maggiore offerta e della contrazione della domanda estera (export in volume -6,2% rispetto al 2022): in media nei primi nove mesi del 2024 il calo registrato nella fase all’ingrosso è stato di circa il 10%, arrivando agli attuali 12,57 euro/kg. In linea con il principale prodotto guida, i prezzi all’ovile in Sardegna hanno segnato un calo proporzionale attestandosi in media sui 130 euro/hl; nelle altre aree produttive i caseifici lamentano una scarsa disponibilità di latte, motivo per il quale i prezzi all’ovile restano assestati su livelli elevati (170 euro/hl in Toscana e 145 euro/hl nel Lazio). Il Pecorino Toscano Dop continua a segnare prezzi in salita e arrivati a settembre 2024 su un valore di 11,80 euro/kg per il “tenero”, pari al +7% rispetto alle quotazioni di un anno fa. Sul fronte del commercio estero, dopo la frenata delle esportazioni dello scorso anno (-6,2% in volume), nei primi sette mesi del 2024, conseguentemente al calo dei prezzi medi, la domanda estera ha ritrovato slancio (+11,3% in volume e +4,6% in valore), principalmente grazie al forte recupero del mercato USA (+24,2% in volume nei primi sette mesi del 2024). Per quanto riguarda la domanda interna, a fronte di un generalizzato calo dei prezzi che, in generale, sta facendo riprendere i consumi di formaggi, i pecorini stanno evidenziando ancora una contrazione delle quantità (-3,7% in volume nei primi otto mesi) e prezzi sostanzialmente invariati da un anno all’altro.

Carne bovina – La produzione di carne bovina dell’UE è aumentata del 4,2% nei primi sette mesi del 2024, incremento che potrebbe ridursi nei prossimi mesi per l’affievolimento delle dinamiche positive registrate nella prima parte dell’anno in alcuni paesi quali Germania e Italia. Permane comunque una crescita significativa delle macellazioni in Polonia (+23% il cumulato a luglio) e in Spagna (+5%). L’aumento può avere molteplici cause, come le cattive condizioni di pascolo in Europa centrale e la crescente domanda in alcuni mercati di esportazione (Turchia). Tuttavia, secondo gli analisti della Commissione Europea, entro la fine del 2024, la produzione di carne bovina dovrebbe diminuire leggermente (-0,5%). In Italia l’incremento delle macellazioni registrato nei primi mesi dell’anno si è annullato nei mesi estivi. Le importazioni di capi da ristallo dalla Francia sono riprese, nel cumulato gennaio-luglio 2024, a un buon ritmo con incrementi tendenziali complessivi del 5,6% in volume e con una spesa in crescita dell’8,5% a seguito di un rialzo dei prezzi medi. Restano quindi alti i costi di produzione, sostenuti dai prezzi dei capi da ristallo in ambito comunitario, fattore produttivo che in Italia pesa per il 60% sui costi totali di allevamento. Nel mese di settembre i prezzi dei vitelli da ristallo dopo una costante crescita dall’inizio dell’anno, si sono attestati su livelli superiori a quelli di settembre 2023 del 5,7%, raggiungendo il livello più alto degli ultimi due anni con prospettiva di ulteriori aumenti nei mesi successivi, dovuti al dilagare di malattie infettive da insetti vettori nei bacini di produzione francese. Tornando al mercato, i prezzi dei vitelloni si sono attestati per l’intero 2023 su livelli elevati e in aumento rispetto al 2022 (+5,7% nel complesso i vivi e +4,7% le carni), l’ascesa dei prezzi è proseguita anche nei primi nove mesi 2024, seppur in misura più contenuta e graduale rispetto a quella dei ristalli; nello specifico nel terzo trimestre 2024 l’aumento dei prezzi per i vitelloni da macello è stato del 6%, leggermente più contenuto quello delle vacche (+4,9%) e solo +0,8% per i vitelli. Nel mercato all’ingrosso delle carni di bovino adulto si registra una crescita dei prezzi del 16% rispetto all’analogo trimestre 2023. In questo caso la dinamica, oltre alla tendenza stagionale è favorita dal generalizzato recupero delle quotazioni in ambito europeo, dove l’offerta scarseggia per il miglioramento del mercato del latte che ha provocato una contrazione delle attività di “riforma”, ossia di avvio al macello delle vacche. Sul fronte dell’import, si registra nei primi sette mesi del 2024 una flessione del 3%, frutto di una domanda al consumo non molto vivace e di prezzi esteri su livelli piuttosto elevati (+30% vs 2023). Dopo la lieve ripresa nel 2023, la domanda domestica di carni bovine torna in terreno negativo nei primi otto mesi del 2024, la flessione dei volumi acquistati è del 2,2% che si traduce in un -1,2% in termini di spesa. Il livello di spesa rispetto a due anni fa, malgrado il tentativo di contenimento, resta notevolmente superiore, pari al +6,4%. L’elevato livello dei prezzi al consumo continua a destare preoccupazioni in un contesto in cui il potere di acquisto delle famiglie risulta fortemente compromesso.

I consumi domestici dei prodotti agroalimentari

Nel 2024 il processo di crescita della spesa per i prodotti alimentari che ha caratterizzato gli ultimi due anni è bruscamente rallentato. Infatti, il carrello della spesa per i prodotti alimentari da consumare in casa, secondo i dati dell’Osservatorio sui consumi alimentari Ismea-NielsenIQ, nei primi nove mesi del 2024 è costato agli italiani solo lo 0,5% in più rispetto ai primi nove mesi del 2023. Dopo mesi di continua crescita, si contrae la spesa per tutti i prodotti proteici di origine animale, ad eccezione delle uova. Continua a crescere la spesa per ortofrutticoli, per gli oli vegetali e per le bevande analcoliche; risulta stabile la spesa per i derivati dei cereali, sostenuta dalle categorie di “pane e sostituti” e quella delle “pizze pronte”, ma non dalla pasta; stabile la spesa per i vini e gli spumanti.

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