La Mozzarella di Bufala Campana DOP è indubbiamente un formaggio dalle caratteristiche organolettiche superlative al punto di essere, tra i prodotti lattiero caseari, la terza DOP italiana.
Il rapporto ISMEA-Qualivita 2024 riporta per il 2023 una produzione certificata di 55.588 tonnellate, in lieve calo (- 0.4%) rispetto all’anno precedente, ma in crescita come valore del 5.1% .
Questa “eccellenza” ha però nel suo contesto varie criticità che periodicamente emergono e gettano su di essa ombre che, se diventassero di dominio pubblico, potrebbero minare seriamente il suo futuro.
L’eccessiva oscillazione del prezzo del latte alla stalla spesso ingiustificata, le ombre sulla tracciabilità che aiutano la crescita del suo più temibile concorrente che è la mozzarella non DOP, il non essere riusciti, in alcune aree, a mettere gli allevamenti in sicurezza nei confronti della tubercolosi e la brucellosi e il non avere ottenuto significativi risultati nella destagionalizzazione dei parti e dei consumi, sarebbero priorità da risolvere rapidamente.
La redazione di Ruminantia ha ricevuto questa lettera da un allevatore che segnala molte delle suddette criticità che volentieri condividiamo con voi lettori, quale testimonianza di quanto sia arcaico e poco lungimirante non considerare ancora la produzione primaria come parte integrante delle filiere agro-alimentari e che basare attività imprenditoriali su bugie e sospetti non sia una scelta così saggia.
La lettera
Caro Direttore,
sono un allevatore della regione Lazio che, con passione e sacrificio, alleva bufale di razza Mediterranea Italiana. Il territorio laziale contribuisce in maniera significativa al settore bufalino italiano, fornendo circa il 20% della produzione nazionale di latte di bufala.
Questo latte è destinato per oltre l’80% alla produzione della mozzarella di bufala campana DOP, un prodotto che rappresenta il terzo formaggio italiano per valore economico.
Tuttavia, nonostante questa importanza, il settore si trova a fronteggiare gravi anomalie e pratiche sleali di mercato con imposizioni unilaterali di prezzi alla stalla che sfiorano il costo di produzione, mettendo seriamente a rischio la sopravvivenza delle aziende bufaline del nostro territorio.
Gli allevatori, che operano sempre più nel rispetto del benessere animale e affrontano costi di produzione medi compresi tra 1,45 e 1,50 euro per chilogrammo di latte, si trovano oggi a fronteggiare una situazione insostenibile. Tutti i Caseifici della DOP hanno deciso unilateralmente di imporre un prezzo del latte per il 2025 con riduzioni dal 10-15% rispetto al prezzo attuale minacciando il non ritiro del latte per chi si rifiuta di firmare i nuovi contratti di fornitura del latte.
Se questa tendenza persiste, il settore bufalino italiano rischia di crollare, portando con sé la stessa mozzarella di bufala campana DOP.
Tuttavia, dietro questa crisi sembrano celarsi non solo difficoltà di mercato ma anche precise speculazioni, agevolate da falle nel sistema di tracciabilità e da evidenti conflitti di interesse.
Difatti il D.M. 9 settembre 2014 e la piattaforma “tracciabilità della filiera bufalina” sul SIAN sono stati pensati per garantire la trasparenza e il monitoraggio del latte bufalino e dei suoi derivati; però gli allevatori sono tenuti a comunicare scrupolosamente i dati relativi alla loro produzione, mentre i caseifici produttori della mozzarella DOP sono esentati dal registrare le quantità di latte acquistato, trasformato o congelato sul portale SIAN.
I caseifici DOP devono soltanto comunicare questi dati al DQA, l’ente incaricato dei controlli. Il problema sorge appunto da questa deroga, che spezza la catena della tracciabilità. Senza un obbligo uniforme, diventa impossibile verificare che il latte utilizzato per la mozzarella DOP provenga effettivamente da bufale italiane oppure se, come spesso denunciato, venga utilizzata cagliata estera a basso costo acquistata dagli stessi caseifici DOP.
Per affrontare queste problematiche, è necessario un intervento strutturale.
Da semplice allevatore mi sento di proporre un sistema di tracciabilità uniforme e trasparente per tutta la filiera, dove tutti i soggetti, inclusi i caseifici DOP, registrino il latte acquistato, il latte congelato, la mozzarella prodotta e altri formaggi prodotti, utilizzando esclusivamente il portale di tracciabilità del latte di bufala del SIAN, che attualmente adoperano solo gli allevatori che producono latte e solo i caseifici che non utilizzano il marchio della Mozzarella di Bufala Campana, eliminando quindi le deroghe esistenti.
Solo così sarà possibile verificare le quantità di latte acquistato, trasformato, congelato e rivenduto, garantendo trasparenza. Bisognerebbe, inoltre, permettere agli allevatori l’accesso ai dati caricati da tutti i soggetti della filiera per visionare i report di latte prodotto e trasformato, in modo tale da poter monitorare la destinazione del latte e programmare meglio le loro produzioni.
E’ necessario un organismo di controllo realmente terzo, indipendente da Coldiretti, AIA e associazioni collegate, che garantisca trasparenza e credibilità. Bisognerebbe valorizzare la produzione salvaguardando sempre e comunque l’artigianalità della Mozzarella di bufala Campana DOP, respingendo la crescente industrializzazione e l’utilizzo di macchinari non conformi al disciplinare di produzione.
È necessario che le istituzioni e gli organi di controllo affrontino con decisione queste criticità. La certificazione DOP, oggi messa in discussione dalla mancanza di controlli e trasparenza, deve tornare a essere garanzia di qualità e autenticità.
Come allevatori, siamo pronti a fare la nostra parte, investendo in destagionalizzazione e sostenibilità. Tuttavia, chiediamo che gli sforzi siano equamente distribuiti e che il sistema non penalizzi chi opera nel rispetto delle regole e del benessere animale.
Firmato
Salvatore, un allevatore deluso