Al cinema, in sala popcorn e Cola-Cola, mentre sullo schermo tanti sono i cibi e non ultimi il latte e i suoi derivati. E’ quello che Salvatore Gelsi studia da tempo in diverse sue pubblicazioni dalle quali, soprattutto da “Mangiafilm” del 2015, si possono trarre interessanti spunti e considerazioni.

Molte sono le presenze di latte e latticini nei film, con diverse simbologie e significati. Sono presenti anche nei titoli, come in “Susanna tutta panna di Steno (pseudonimo di Stefano Vanzina, 1957) dove la panna sta ad indicare la consistenza, bianchezza e delicatezza della protagonista. La panna è un ingrediente di rigore nella torta Sacher in “Bianca di Nani Moretti (1983), mentre Drugo (Jeff Bridges) ne “Il Grande Lebowski di Ethan e Joel Coen (1997) cerca la panna liquida per fare il cocktail White Russian. La panna, anche con un suo rimpiazzo cinematografico, è un ingrediente fondamentale abbondantemente presente nelle torte in faccia, prima nelle pellicole delle comiche e poi dei film muti come “La battaglia del secolo” di Hal Roach (1927) e “Noi due di James Parrot (1933).

Tra i latticini non possono mancare il formaggio e i formaggini, questi ultimi presenti in film pubblicitari di “Carosello” diretti anche da noti registri come Luciano Emmer. Ne “Il cammino della speranza (Pietro Germi, 1950) in un treno di terza classe, formaggio, pane e vino sono il cibo dell’emigrante, mentre in “French Kiss (Lawrence Kasdan, 1995) Meg Ryan, mentre sta facendo colazione, spera che il suo formaggio non finisca mai. In “Marrakech Express (Gabriele Salvatores, 1989) il camembert è spalmato su una baguette e in “Mediterraneo (Salvatores 1991) due alpini in vedetta su un’isola greca si cibano del formaggio feta abbondonato dai pastori.

Nel cinema non mancano i formaggi tipici italiani. Nino Manfredi in “Camping (Franco Zeffirelli, 1961) vince nella gara della ruzzola che si gioca lanciando forme di formaggio pecorino, mentre Cesare Bertolazzi (Ugo Tognazzi) in “Alta infedeltà (episodio di Mario Monicelli, 1964) è un produttore di formaggio “grana” che al gioco perde tutto, anche la bella moglie Zoraide. Il giornalista Sandro (Walter Chiari) si serve abbondantemente di formaggio grana grattugiato sugli spaghetti in “Io, io, io … e gli altri di Alessandro Blasetti (1966). Dagli spaghetti passiamo alla toma alla griglia che si trova in “Nudo di donna (Nino Manfredi, 1981) e ai formaggi veneti che sono presenti in “Leoni (Neri Marcorè e Pietro Parolin, 2015).

Nel cinema sembrano mancare i latti acidi e gli yogurt, a meno che non si voglia ricordare Brigitte Bardot, che quando è chiamata a interpretare Poppea nel film “Mio figlio Nerone di Steno (Stefano Vanzina, 1956), impone alla produzione una vasca di latte, non immaginando che sotto il calore dei riflettori sarebbe fermentato.

Il latte è largamente presente nei film, tanto che è difficile darne un quadro complessivo, ma è solo possibile qualche cenno.

Nel cinema americano, in moltissimi film e per lungo tempo, almeno fino agli anni sessanta del secolo scorso, il latte è stato il simbolo di uno stile di vita tranquillo e sicuro, che trova il suo contrassegno nella bottiglia di latte posta in primissima mattina davanti alla porta di casa e nel bicchiere di latte bevuto durante la colazione mattutina e la sera prima d’andare a letto. Celebre è il latte che Ferdinando Meliconi, detto Nando o “Santi Bailor”, interpretato da Alberto Sordi, in “Un americano a Roma di Steno (Stefano Vanzina) rifiuta per magiare la pasta. Il latte è nella colazione italiana in diversi film, tra i quali “Quattro passi tra le nuvole di Alessandro Blasetti (1942), “Poveri ma belli (Dino Risi, 1956), “Audace colpo dei soliti ignoti (Nanni Loy, 1959). Perfino nei film western non manca il latte, a volta anche scopo provocatorio come in “Winchester 73 di Anthony Mann (1950) dove si dice “avete del latte di capra? Portatelo a quel signore là in fondo” il che, ovviamene, provoca una rissa. Errol Flint invece dopo una scazzottata ordina un bicchiere di latte (“Sul fiume d’argento” di Rauol Walsh, 1948) mentre Ringo, intrepretato da Giuliano Gemma, in “Una pistola per Ringo di Duccio Tessari (1964), è deriso per aver bevuto latte ma alla fine ne esce vincitore. Infine, il baro Baxter Red beve un bicchiere di latte prima di ogni duello in “Sono Sartana, il vostro becchino (Anthony Ascott, 1969).

Il latte ha una funzione erotica in “9 settimane e ½ di Adrian Lyne (1986) quando Kim Basinger fa scorrere una cascata di latte sul suo corpo, oppure in “Boccaccio 70, episodio di Federico Fellini (1962) dove il manifesto pubblicitario con le opulente forme di Anita Ekberg che dice “Bevete più Latte” ossessiona il dottor Antonio interpretato da Peppino De Filippo. Catherine Spaak in “Oggi, domani, dopodomani, episodio di Marco Ferreri (1966), con il latte condensato contenuto in un tubetto scrive il nome di Peppino sulla sua mano e lui, interpretato da Marcello Mastroianni, lo lecca dal di lei ombelico. Se non è latte, il burro è pur sempre un suo derivato e fa una comparsa ne “L’ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci (1972), film recentemente restaurato.

Sulle multinazionali e adulterazioni del latte, infine, vi sono alcuni film come “Something Good di Luca Giorgio Barbareschi (2013), “Nuovomondo di Emanuele Criealese (2006) e “Il gioiellino di Andrea Molaioli (2011).

 

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, é stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastrononie. 

Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri. 

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastrononie.