Alimentazione notturna per le vacche da latte ad elevata produzione in condizioni di clima caldo: effetti sull’ingestione, sulla produzione di latte e sul dispendio energetico.
Il carico termico altera l’ingestione di alimento e la produzione di latte delle bovine. Per alleviare il carico termico delle vacche da latte ad alto rendimento allevate nei climi caldi sono quindi stati sviluppati dei sistemi di raffrescamento. Nonostante alcuni di questi sistemi siano abbastanza efficienti, il carico termico (in climi con estati molto calde) potrebbe non essre completamente rimosso. È stato visto che la produzione di latte, così come il suo contenuto di grasso, viene diminuita dal carico termico, anche in quelle mandrie dove le vacche da latte vengono rinfrescate con tali sistemi (Aharoni et al., 1999). Brosh et al. (1998) hanno suggerito che, durante stagione calda, alimentare i bovini di notte potrebbe ridurre il carico termico imposto loro dalla maggiore produzione di calore durante le ore successive a un pasto perché questa maggiore produzione è accompagnata da una diminuzione della produzione di calore in altri momenti della giornata. Gli animali produrrebbero quindi meno calore metabolico durante il giorno e di più durante le ore notturne che però sono più fresche. Recentemente, Ominski et al. (2002) hanno testato la risposta delle vacche alimentate al mattino e alla sera allo stress da caldo a breve termine ed hanno scoperto che l’alimentazione serale non attenuava le perdite di produzione associate allo stress da caldo.
L’obiettivo di un recente studio pubblicato su Livestock Production Science era quello di definire gli effetti dell’alimentazione notturna, evitando l’accesso al cibo per 5 ore e mezzo durante le ore più calde della giornata, sulla produzione di latte, sull’ingestione di alimento e sul dispendio energetico (EE) delle vacche da latte ad alto rendimento in un esperimento a lungo termine e in condizioni di campo durante l’estate in un clima caldo. L’ipotesi del lavoro era che spostare una percentuale maggiore dell’ingestione di alimento alle ore notturne avrebbe ridotto il dispendio energetico (EE) delle vacche durante il giorno (quando la loro possibilità di dissipare calore è minore) e quindi avrebbe ridotto il carico termico su di esse.
Circa 120 vacche di una mandria allevata in una regione calda in Israele sono state assegnate a due trattamenti: alimentazione diurna (DFT) o notturna (NFT), che differivano solo per il programma di distribuzione dell’alimento. L’esperimento è stato condotto da maggio a settembre 2000 (118 giorni). Le vacche sono state alimentate in gruppo con l’unifeed e sono state registrate le quantità giornaliere di alimenti offerti. È stata inoltre registrata la produzione di latte media giornaliera del gruppo. Dieci vacche in ciascun gruppo sono state selezionate per le misurazioni individuali. Il dispendio energetico di queste vacche è stato stimato una volta prima dell’esperimento e tre volte durante l’esperimento, monitorando la frequenza cardiaca e misurando il consumo di ossigeno. Le temperature rettali e la frequenza respiratoria (RR) di queste vacche sono state misurate al mattino e al pomeriggio per due giorni consecutivi ad agosto.
Secondo quanto rilevato nello studio, le vacche appartenenti al gruppo NFT avevano un’ingestione di alimento inferiore ma una produzione di latte simile a quella delle vacche DFT, e avevano una migliore continuità della produzione di latte nel tempo. Gli effetti dell’indice temperatura-umidità (THI) sulla produzione di latte e sull’ingestione erano simili nei due trattamenti. La temperatura rettale e la frequenza respiratoria, e l’aumento di questi parametri dalle ore mattutine a quelle pomeridiane, non differivano tra le vacche DFT e quelle NFT. Il dispendio energetico delle vacche NFT era inferiore a quello delle vacche DFT e la loro efficienza nell’utilizzo dell’energia per la produzione di latte era maggiore.
Tratto da: “Night feeding for high-yielding dairy cows in hot weather: effects on intake, milk yield and energy expenditure” di Y. Aharonia, A. Brosh e Y. Harari, pubblicato su Livestock Production Science, doi:10.1016/j.livprodsci.2004.08.013.