Il settore ovicaprino riveste un ruolo marginale nell’economia agricola nazionale, rappresentando poco più dell’1% del valore della produzione agricola complessivamente considerata, attestandosi su un totale di circa 600 milioni di euro, di cui 438 milioni generati dal segmento latte e 163 milioni da quello della carne. Tuttavia la sopravvivenza degli allevamenti si conferma determinante per la funzione sociale e ambientale di mantenimento e presidio del territorio in aree in cui altrimenti non sarebbero possibili altre attività produttive. Gli allevamenti sono prevalentemente ubicati al Centro-Sud e, proprio in virtù della forte concentrazione territoriale, il settore ovicaprino assume un ruolo rilevante sulla performance economica di alcune regioni, in particolare la Sardegna (con un’incidenza pari a oltre il 13% sul valore totale dell’agricoltura regionale) e, seppure in misura minore, in Toscana e Lazio (rispettivamente con una quota del 2,5% e dell’1,6%).
La rilevanza della filiera ovicaprina sull’agricoltura nazionale (2018)
La produzione nazionale di formaggi ovicaprini con circa 83 mila tonnellate prodotte nel 2018 (escluso i misti) supera il fabbisogno interno, come evidenziato dal tasso di autoapprovvigionamento che si attesta intorno al 120%, per cui l’export costituisce una variabile strategica per l’equilibrio e la performance economica dell’intera filiera. Circa un terzo dei formaggi pecorini prodotti in Italia è, infatti, inviato all’estero con una netta prevalenza del Pecorino Romano, che rappresenta mediamente i due terzi delle esportazioni, e una spiccata predilezione per il mercato USA, che assorbe circa il 70% dei quantitativi esportati.
Bilancio di approvvigionamento dei formaggi ovicaprini
L’equilibrio del mercato interno dipende, inoltre, dall’andamento della domanda domestica: in un contesto di generalizzata contrazione osservata per i formaggi e latticini, l’andamento dei consumi di formaggi pecorini è risultato piuttosto variabile nell’ultimo quinquennio e in calo tra il 2018 e il 2017 (-5,5% in volume).
Da diversi anni il settore versa in una situazione di criticità e la sopravvivenza degli allevamenti ovini nelle aree di maggiore concentrazione è messa a rischio da una serie di fattori che attengono principalmente ad aspetti strutturali e organizzativi della filiera. In particolare, la forte specializzazione di prodotto e la notevole concentrazione delle esportazioni in alcuni mercati di sbocco fa sì che le fluttuazioni della domanda internazionale (USA in particolare) siano in grado di influenzare l’intera filiera ovina italiana. Sul versante interno, inoltre, appaiono determinanti da un lato le politiche commerciali della distribuzione moderna, che assorbe la quasi totalità dell’offerta nazionale di pecorini, dall’altro dalle dinamiche della domanda al consumo, caratterizzata da una forte variabilità e da una spiccata concentrazione a livello territoriale e su segmenti maturi della popolazione.
Al fine di approfondire alcune tematiche legate alla domanda di formaggi di latte di pecora è stata realizzata, una specifica indagine al fine di individuare i driver e i comportamenti di acquisto in atto, anche attraverso l’identificazione del profilo del consumatore, la percezione e le aspettative in termini di gusto e innovazione, nonché le potenzialità di sviluppo in relazione a specifici di target di consumatori e/o specifici fabbisogni. L’indagine ha interessato sia i formaggi DOP (in particolare Pecorino Romano, Pecorino Sardo, Fiore Sardo, Pecorino Toscano, Ricotta Romana) sia i formaggi privi di denominazione di origine (come pecorini generici, caciotte o ricotte) ed è stata realizzata attraverso tre metodologie distinte e complementari:
Analisi desk:
- andamento delle principali variabili di acquisto (acquisti in volume e valore, prezzo medio, pressione promozionale, canali di vendita e relativa superficie, tipologia di servizio) nell’ultimo quinquennio;
- analisi delle principali variabili socio demografiche (area geografica, famiglie acquirenti, penetrazione, frequenza di acquisto, acquisto medio per famiglia in volume e valore) per la profilazione del consumatore;
Focus group in tre città (Milano, Roma, Bari) al fine di ricostruire lo scenario e la situazione del consumo prodotti attraverso:
- la mappa mentale e associazione valori;
- conoscenza spontanea di prodotti/brand;
- occasioni e contesti di consumo;
- comportamenti di acquisto e driver di scelta;
- attese e bisogni attuali;
Interviste panel (2.000 individui) con somministrazione di questionario strutturato (in modalità Cawi) finalizzato a evidenziare:
- la conoscenza del marchio Dop e la riconoscibilità del territorio di provenienza;
- aspetti positivi e negativi attribuiti al prodotto, conoscenza delle proprietà nutrizionali, percezione d’immagine;
- fattori di scelta, percezione della qualità, ruolo del punto vendita;
- individuazione di specifici bisogni da parte del consumatore ed eventuali nuove opzioni di prodotto/servizio.
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Fonte: Ismea