E’ stata pubblicata ieri, 7 settembre, l’anteprima del “Rapporto Coop 2023 – Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani” che ci mostra per il mondo un futuro molto incerto sul quale pesano enormi preoccupazioni legate agli scenari politici, climatici ed economici in continua evoluzione.

Anche per l’Italia si prospetta un futuro condizionato da numerosi fattori: cambiamenti climatici, un’economia che sta affrontando numerose sfide, con la crescita post-pandemica che si è esaurita, l’inflazione che sta erodendo il potere d’acquisto delle famiglie, molte persone che stanno sperimentando un lavoro non sufficientemente retribuito per condurre una vita dignitosa.

La classe media è particolarmente colpita, e i giovani (18-34 anni) affrontano un divario salariale significativo rispetto ai baby boomer, con una retribuzione media che è circa il 23% più bassa. Il 40% dei giovani sta considerando di trasferirsi all’estero nei prossimi anni

Nonostante le avverse condizioni economiche, è sorprendente osservare una mancanza di rabbia o rancore sociale tra gli italiani. Una parte significativa della popolazione rimane ottimista e serena, anche se emergono dubbi sulla sostenibilità di questa positività data la complessità della situazione economica che condiziona quotidianamente la vita degli italiani.

Gli effetti dell’inflazione

A causa dei prezzi elevati, gli italiani stanno riducendo le spese in settori chiave come immobili, auto nuove e prodotti tecnologici. Le vendite di smartphone nuovi sono diminuite del 10% negli ultimi 12 mesi, riflettendo questa tendenza al risparmio. L’inflazione straordinariamente elevata ha eroso il potere d’acquisto degli italiani, con un aumento del costo della vita di circa 6.700 euro pro capite nei due anni precedenti. La maggior parte dei manager intervistati prevede che l’inflazione rimarrà elevata fino al 2025, rendendo difficile per le famiglie sostenere le spese quotidiane.

La triste rinuncia all’identità alimentare italiana

L’inflazione alimentare, che ha aumentato i prezzi del 21%, sta costringendo molti italiani a ridurre le spese in questo settore. Le vendite al dettaglio registrano una diminuzione del 3,0% nei primi 7 mesi dell’anno, e il 60% dei manager del settore prevede un ulteriore calo nel 2024. Gli italiani stanno cercando di contenere gli sprechi, rinunciando ai prodotti non essenziali e cercando alternative più economiche, come i prodotti del discount e il marchio del distributore.

Tuttavia, questa situazione sta mettendo in discussione l’identità alimentare italiana. Nel corso dell’ultimo anno, sempre più persone, dichiarano di aver abbandonato la cultura alimentare tradizionale e le tipicità regionali. Questo potrebbe mettere in discussione il concetto di alimentazione italiana e di dieta mediterranea, con una riduzione significativa del consumo di frutta e verdura (-15,2%).

Cresce l’interesse per i cibi a base vegetale e calano i consumi di carne

Nonostante ciò, emergono anche nuove tendenze alimentari, come il crescente interesse per il cibo a base vegetale, con un aumento delle vendite del 9% anno su anno. Gli zuccheri stanno diventando sempre più demonizzati, con il 15% degli italiani che prevede di consumare prodotti senza o con meno zucchero nei prossimi 12/18 mesi.

 Il fitness poi arriva nel piatto e si conferma la predilezione per le proteine e per l’healthy (alimentazione sportiva, frutta secca, bevande salutistiche crescono), oltre alla volontà di contribuire con la propria dieta al miglioramento delle sorti del pianeta.

Già oggi, 5,1 milioni di italiani dichiarano di alimentarsi a spreco zero, 2,8 si definiscono reducetariani e 1,4 sono i cosiddetti climatariani (ovvero coloro che usano prodotti a basso impatto C02). A farne le spese è soprattutto la carne, il 39% del campione dichiara di essere disposto a ridurne il consumo. D’altronde sulla tavola di un futuro nemmeno troppo lontano, della carne rimarrà solo il sapore: nella top 5 dei nuovi cibi che secondo gli italiani compariranno in tavola nei prossimi 10 anni figurano i prodotti a base vegetale con il sapore di carne (31%) e la carne sintetica prodotta in laboratorio (28%).

L’aumento dei prezzi delle materie prime ha colpito sia i produttori che i rivenditori nel settore alimentare. Nonostante ciò, le imprese alimentari mantengono una redditività superiore rispetto alla grande distribuzione. Le strategie nell’industria e nella distribuzione si stanno adattando alle sfide future, con i rivenditori che concentrano più attenzione sulla marca privata e le grandi industrie che puntano sull’innovazione dei prodotti e sulla protezione del proprio marchio.