La mozzarella possiede un elevato contenuto di umidità e un pH relativamente elevato, ed è quindi considerata un prodotto alimentare deperibile, particolarmente sensibile al rischio di contaminazione microbica. Per prevenire la contaminazione da Pseudomonas spp. e batteri coliformi, che possono essere coinvolti in diversi fenomeni negativi, come proteolisi, decolorazioni, pigmentazione e sapori sgradevoli, sono stati studiati diversi metodi, tra cui l’utilizzo della cellobiosio ossidasi nel liquido di governo.
La mozzarella è un prodotto dalle origini antiche tradizionalmente legate al sud dell’Italia, ma è ormai diffuso in tutto il mondo ed estremamente apprezzato per il suo profumo morbido e corposo e la sua struttura fibrosa. La produzione della mozzarella prevede l’utilizzo di latte bovino o di bufala pastorizzato e l’applicazione di due diversi passaggi di acidificazione prima dell’aggiunta del caglio.
La mozzarella è un ecosistema complesso, caratterizzato da un consorzio microbico eterogeneo, composto da diverse specie come Lactococcus lactis subsp. lactis, L. lactis subsp. diacetylactis, L. lactis subsp. cremoris, Streptococcus thermophilus, Enterococcus faecium, E. faecalis, Escherichia coli, alcuni lieviti e vari microbioti psicrofili deterioranti. A causa di questa complessità microbica e dell’elevato contenuto di umidità (50-60%) associato a un pH relativamente alto (circa 5,5), la mozzarella è caratterizzata da un elevato deterioramento qualitativo e potenziale rischio di contaminazione microbica. Diversi studi hanno evidenziato che questo prodotto può essere alterato da Pseudomonas spp. e batteri coliformi, che possono essere coinvolti in diversi fenomeni negativi, come proteolisi, scolorimento, pigmentazione e sapori sgradevoli.
Pseudomonas spp., derivato probabilmente dall’acqua utilizzata durante il processo di caseificazione, può crescere sulla superficie del formaggio. D’altra parte, E. coli, appartenente ai coliformi, è ampiamente presente come microrganismo commensale nell’intestino umano e animale, ed è considerato un indicatore della qualità microbiologica e dell’igiene nei prodotti alimentari.
Poiché il deterioramento dei prodotti alimentari ha un impatto economico sui produttori, lo studio di nuove strategie per la sua prevenzione e l’estensione della shelf life è oggetto di crescente interesse da parte della ricerca.
Negli ultimi anni, diversi studi hanno mirato ad estendere la durata di conservazione della mozzarella, poiché normalmente varia da circa 5 a 10 giorni a seconda del contenuto microbico, del contenuto di umidità, delle procedure di produzione e delle condizioni di conservazione. È stato dimostrato che diversi trattamenti, come il confezionamento con atmosfere protettive con anidride carbonica, e l’uso di lisozima combinato con Na-EDTA, composti antimicrobici naturali e chitosano, possono svolgere un ruolo importante contro muffe, lieviti, deterioramento, batteri Gram-positivi, coliformi e Pseudomonas spp. Inoltre, è stato valutato l’uso di proteine del latte con attività antimicrobica contro patogeni, funghi e virus Gram-positivi e Gram-negativi. L’utilizzo di queste sostanze e l’innovazione delle procedure di produzione della mozzarella, come la sostituzione del liquido di governo con un gel a base di polisaccaridi, hanno permesso di sviluppare strategie utili per prolungare la shelf life del prodotto.
Recentemente, seguendo questa direzione, è stata dimostrata l’attività antimicrobica e antiossidante della cellobiosio ossidasi (CDH) (EC1.1.99.18), ovvero una deidrogenasi isolata dai funghi Basidiomycota e Ascomycota che catalizza l’ossidazione del cellobiosio, di- o oligosaccaridi caratterizzati da legami β-1,4-glicosidici e talvolta anche monosaccaridi. I prodotti ottenuti da questa reazione hanno un destino diverso. Gli aldono-1,5-lattoni vengono idrolizzati spontaneamente ad acidi aldonici in soluzioni acquose, mentre il cofattore FADH2 viene riossidato da accettori a uno o due elettroni. Infine, gli elettroni prodotti reagiscono con l’ossigeno molecolare, portando alla produzione di perossido di idrogeno (H2O2).
I documenti disponibili hanno evidenziato che il CDH è utilizzato in vari campi come la biotecnologia, i prodotti farmaceutici, i campi clinici, i cosmetici e il food. Inoltre, il ruolo antimicrobico dell’H2O2 è ben noto e può modificare la struttura e la permeabilità della parete cellulare, la sintesi proteica e la produzione di energia, oltre a causare danni al DNA.
Data l’attività antimicrobica del CDH, uno studio condotto dall’Università di Parma in collaborazione con Chr. Hansen ne ha valutato l’effetto su Pseudomonas fluorescens (5026) ed Escherichia coli (k88, k99) nella mozzarella durante la conservazione in condizioni refrigerate. Per raggiungere questo scopo, sono stati progettati challenge test microbiologici (MCT) contaminando il liquido di governo della mozzarella contenente diverse concentrazioni di CDH con P. fluorescens (5026) ed E. coli (k88, k99) separatamente. Il comportamento di questi microrganismi e le variazioni nelle concentrazioni di perossido di idrogeno sono stati quindi testati in condizioni refrigerate per 20 giorni per simulare la shelf-life della mozzarella.
I dati ottenuti hanno confermato l’effetto della cellobiosio ossidasi sulla crescita microbica. In particolare, E. coli (k88, k99) è stato inibito per l’intera durata di conservazione, mentre P. fluorescens (5026) è stato inibito solo parzialmente dopo alcuni giorni di conservazione refrigerata.
Tratto da: “Pseudomonas fluorescens and Escherichia coli in Fresh Mozzarella Cheese: Effect of Cellobiose Oxidase on Microbiological Stability during Refrigerated Shelf Life”, di Martina Marrella1, Gaia Bertani1, Annalisa Ricci1, Rossana Volpe1, Sebastien Roustel2, Federico Ferriani3, Elia Nipoti3, Erasmo Neviani1,4, Camilla Lazzi1,4 e Valentina Bernini1,4
1 – Department of Food and Drug, University of Parma, 43124 Parma, Italy
2 – Chr. Hansen A/S, 2970 Hørsholm, Denmark
3 – Chr. Hansen Italia, 43126 Parma, Italy
4 – Interdepartmental Center, SITEIA.PARMA—Centro Interdipartimentale sulla Sicurezza, Tecnologie e Innovazione Agroalimentare, University of Parma, 43124 Parma, Italy
Foods 2023, 12(1), 145; https://doi.org/10.3390/foods12010145