Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) la carenza di iodio è la causa più comune di danno cerebrale prevenibile (OMS, 2007 ). Questo oligoelemento essenziale, è, infatti, limitante per la sintesi degli ormoni tiroidei, fondamentali per un adeguato sviluppo e crescita del cervello ( Velasco et al., 2018 ), ed è quindi facilmente comprensibile come la sua mancanza possa avere ripercussioni in tutti gli stadi fisiologici della vita, dal feto all’adulto.

Nel 1991, l’OMS ha stabilito linee guida e raccomandazioni specifiche per affrontare i disturbi da carenza di iodio, tra cui la iodazione universale del sale, l’integrazione di iodio per i gruppi vulnerabili e l’educazione sanitaria ( OMS, 2007 ). Poco dopo, nel 1993, il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia ha raccomandato la iodazione universale del sale come strategia primaria per garantire che tutti gli individui, in particolare le donne incinte e i bambini piccoli, abbiano accesso al sale iodato per prevenire la carenza di iodio e i disturbi da carenza di iodio. Tuttavia, esiste ancora una notevole variabilità tra i paesi per quanto riguarda l’assunzione di iodio e la profilassi dello iodio negli esseri umani ( Bath et al., 2022 ).

Le politiche sul sale iodato sono obbligatorie in 126 paesi (ad esempio, Messico, Brasile, Colombia, Ecuador, Italia, Grecia, Nuova Zelanda, India, Armenia), mentre sono volontarie in 21 paesi (ad esempio, Spagna, Francia, Austria, Svizzera, Stati Uniti) (dati GFDE 2024, approfondisci QUI)). Contestualmente, però, negli ultimi anni le raccomandazioni OMS spingono nella riduzione dell’utilizzo del sale per la sua correlazione con problematiche relative a ipertensione e malattie cardiovascolari (OMS, 2020), di conseguenza è di fondamentale importanza conoscere ed attingere ad altre fonti alimentari che possano garantire l’assunzione dei quantitativi necessari per l’organismo. In questo contesto, gli alimenti di origine animale, con particolare riguardo ai latticini, rappresentano un’importante fonte alimentare di iodio. Ma quanti consumatori sono consapevoli di questo?

A tal proposito è stata condotta un’indagine internazionale, recentemente pubblicata sul Journal of Dairy Science, con l’intento di valutare la consapevolezza degli intervistati, in diversi paesi e contesti sociodemografici, circa l’importanza dello iodio nel raggiungimento di uno stato di salute umana ottimale nonché le sue principali fonti alimentari, in particolare il latte.

Lo studio

La partecipazione al sondaggio è stata volontaria, completamente anonima, i dati sono stati elaborati nel rispetto della privacy e lo studio è stato condotto tramite un questionario online incentrato sull’importanza dello iodio nella salute umana e sulle fonti alimentari di iodio.  Il sondaggio ha coinvolto oltre 4.700 consumatori di sedici Paesi in America, Europa, Asia e Oceania, ed i risultati hanno indicato che più in generale gli intervistati non erano ben informati sulle fonti alimentari di iodio.

Il paese in cui è stato condotto il sondaggio ha fortemente influenzato la percezione del rispondente dell’influenza dello iodio alimentare sullo stato di salute e l’importanza dei diversi gruppi alimentari come fonti alimentari di iodio. Tali differenze potrebbero essere correlate alle abitudini alimentari del paese e all’accesso ai gruppi alimentari, come la dieta mediterranea o l’accesso a pesce, frutti di mare e alghe. D’altro canto, età, livello di istruzione e stato occupazionale erano significativi solo quando si chiedeva di pesce e frutti di mare come fonte di iodio, con i rispondenti anziani, quelli altamente istruiti e in età lavorativa che erano più consapevoli della loro rilevanza come fonti alimentari di iodio. Riguardo invece alle domande su cereali, verdura e frutta, carne e latte come fonti di iodio, la conoscenza di colui che rispondeva non sembrava variare in base all’età, al livello di istruzione, allo stato occupazionale o al genere.

La relativamente bassa consapevolezza emersa relativamente al contributo del latte e dei latticini come fonti di iodio alimentare, suggerisce che la conoscenza dello iodio non è diffusa nel grande pubblico. Alcune potenziali ragioni di questa mancanza di conoscenza tra le persone potrebbero essere che le informazioni sullo iodio e sulla nutrizione sono spesso limitate alle pubblicazioni scientifiche, rendendole meno accessibili e raggiungibili dal grande pubblico. A ciò si aggiunge il fatto che le campagne di sanità pubblica e le iniziative educative potrebbero non raggiungere efficacemente determinati gruppi demografici o comunità, con conseguente mancanza di consapevolezza ( Abroms e Maibach, 2008).

Risultati e conclusioni

I risultati indicano che gli intervistati hanno manifestato, in media, una certa consapevolezza del ruolo significativo che lo iodio ha sullo stato di salute generale, ma non risultano ben informati sulle fonti alimentari di iodio. Sebbene pesce e frutti di mare siano stati correttamente identificati come buone fonti alimentari di iodio, c’è stato un importante malinteso nel classificare latte e latticini come fonti inadeguate. Particolari interpretazioni errate sono state notevoli tra gli intervistati di Giappone e Stati Uniti, che rispettivamente hanno indicato cereali e carne come buone fonti di iodio. Una maggiore consapevolezza del contenuto di iodio nelle categorie alimentari e delle sue implicazioni per la salute è stata osservata tra gli individui con livelli di istruzione più elevati, mentre le differenze di genere erano evidenti solo in termini di impatto percepito dello iodio sulla salute.

Sulla base dei risultati emersi, gli autori dello studio concludono che le autorità pubbliche dovrebbero prendere in considerazione ulteriori iniziative volte ad aumentare la consapevolezza del pubblico generale verso le effettive fonti alimentari di iodio. Valutare l’efficacia di strategie quali etichette sulle confezioni che indicano la concentrazione di iodio negli alimenti e dichiarazioni sulle confezioni che evidenziano gli alimenti ricchi di iodio potrebbero essere considerate strategie praticabili per offrire ai consumatori informazioni chiare e facilmente accessibili.

Il presente articolo è una sinossi liberamente tratta dallo studio “Low public awareness opens up new opportunities for highlighting milk as an iodine dietary source

doi: https://www.journalofdairyscience.org/article/S0022-0302(24)01124-X/