Quella clinica o funzionale è un’importante specializzazione della nutrizione che ha l’obiettivo di migliorare lo stato di salute degli animali, permettendo di ricorrere all’uso degli antibiotici solo quando questo sia indispensabile. Nella bovina da latte, un sistema immunitario efficiente, permette di ridurre la prevalenza e migliorare il decorso di molte patologie, soprattutto nel caso di mastiti e di metriti il cui controllo richiede spesso il ricorso a “massicce” dosi di antibiotici.
Esiste una profonda differenza tra la nutrizione di base e quella clinica o funzionale. La prima studia quali e quanti nutrienti apportare con la dieta per soddisfare i fabbisogni nutritivi necessari allo svolgimento delle principali funzioni metaboliche (mantenimento, riproduzione, crescita e produzione). La seconda, studia l’impatto che specifici nutrienti, contenuti negli alimenti o apportati singolarmente a dosaggi più elevati e manipolati fisicamente e chimicamente per essere più biodisponibili nei siti d’assorbimento, hanno sulle malattie metaboliche, sulla riproduzione e sul sistema immunitario.
I nutrienti: Fonte Ruminantia® 2019
Tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 i fabbisogni nutritivi degli animali sono stati definiti scientificamente. Parallelamente sono nate le raccomandazioni, ossia la quantità di nutrienti da apportare per soddisfare i fabbisogni, corrette in considerazione della biodisponibilità, della spesso grande variabilità della concentrazione dei nutrienti negli alimenti e del deterioramento di alcuni di essi a causa dei processi tecnologici a cui gli alimenti sono sottoposti prima di essere somministrati agli animali.
Tra i nutrienti oggetto di attenzione, sia nella nutrizione di base che in quella clinica o funzionale, troviamo le vitamine liposolubili. Nel corso di questo articolo ci soffermeremo ad approfondire il ruolo che le vitamine A, D ed E hanno nella bovina da latte, e più in generale nei ruminanti.
Occuparsi di fabbisogni e raccomandazioni in questa categoria di animali è piuttosto complesso perché il rumine può degradare sia le vitamine liposolubili normalmente contenute negli alimenti che quelle aggiunte tramite additivi, in quota variabile a seconda del tempo in cui i nutrienti rimangono nel rumine e del tipo di microbiota che lo colonizza.
All’interno degli alimenti, la quota di vitamine liposolubili è molto variabile. Ciò dipende dal tipo di alimento (concentrazione lipidica), da come viene conservato (fresco, secco o insilato) e dal trattamento tecnologico a cui è stato sottoposto (macinazione, fioccatura, estrusione, etc.). Un’altra difficoltà spesso incontrata dal nutrizionista riguarda l’analisi del contenuto di vitamine liposolubili degli alimenti per decidere se e quante inserirne nella dieta. Le analisi delle vitamine sono infatti molto costose, è quindi impossibile eseguirle routinariamente prima di progettare una dieta.
Vitamina A
Per vitamina A s’intendono il retinolo e i suoi analoghi (retinoidi). Questa vitamina liposolubile è presente maggiormente negli alimenti di origine animale. Nel mondo vegetale troviamo i carotenoidi, ed in particolare il β-carotene che conferisce il caratteristico colore giallo-arancio agli alimenti che ne contengono elevate quantità. La concentrazione di questa pro-vitamina negli alimenti è tendenzialmente bassa: nei fieni varia da 5 a 100 mg/kg (media 37 ppm) mentre nell’insilato di mais ne troviamo circa 1.6 mg/kg. Generalmente, il rumine delle bovine da latte distrugge buona parte del β-carotene degli alimenti: solo il 23% può raggiungere l’intestino tenue dove, a livello degli enterociti, viene trasformato in retinolo e retinoidi e quindi assorbito. Nel sangue, sia il retinolo che i carotenoidi si legano al palmitato, lo stearato e l’oleato, formando degli esteri che tramite i chilomicroni vengono trasportati al fegato. La concentrazione plasmatica di vitamina A è soggetta ad una regolazione omeostatica. Anche il retinolo, se non adeguatamente protetto, viene distrutto nel rumine. Le diete per bovine in lattazione hanno solitamente un rapporto foraggi/concentrati che va da 50%:50% fino a 30%:70%. In queste condizioni il 62-72% del retinolo viene degradato dal rumine. Nelle diete dove il rapporto foraggi/concentrati è 75%:25%, la quota di retinolo degradato dal rumine scende al 16-20%. Una corretta concentrazione di retinolo nel plasma è importante per l’integrità delle mucose, il sistema immunitario, la fertilità e la cheratinizzazione dei tessuti.
Vitamina D
La Vitamina D ha un ruolo molto importante per la bovina da latte e gli altri ruminanti sia nell’omeostasi del calcio e del fosforo che sul sistema immunitario innato. Con il termine vitamina D s’intende sia la vitamina D2 (ergocalciferolo) che la vitamina D3 (colecalciferolo). La prima è di provenienza vegetale mentre la seconda è presente solo negli animali perché sintetizzata a partire dal colesterolo. L’ergocalciferolo si forma negli animali quando la provitamina ergosterolo (di origine vegetale) entra in contatto con la luce solare (raggi UV) mentre il colecalciferolo è generato per irradiazione del 7-diidrocolesterolo. L’assorbimento della vitamina D è simile a quello delle altre proteine liposolubili: entra attraverso l’epitelio intestinale e attraverso la via linfatica arriva ai tessuti. Nei tessuti il colecalciferolo subisce un’idrossilazione con formazione di 25-idrossicolecalciferolo, anche detto 25(OH)D, che passa nel sangue e si lega ad una proteina specifica (DBP). In questo modo giunge al rene dove per idrossilazione viene trasformato in una forma attiva chiamata calcitrolo e una inattiva. Più dettagliatamente, la vitamina D2 si trasforma nell’organismo, e nel fegato in particolare, in 25(OH)D2 mentre la vitamina D3 è tramutata in 25(OH)D3. Insieme costituiscono il pool sierico della 25(OH)D. La forma attiva della vitamina D3, il calcitriolo, è anche nota come 1,25-diidrossicolecalciferolo o 1,25(OH)2D3. Il calcitriolo stimola il riassorbimento del calcio a livello renale, l’assorbimento intestinale di fosforo e calcio ed i processi di mineralizzazione dell’osso. Il 1,25(OH)D, nonostante sia una vitamina, agisce come gli ormoni steroidei, entrando nella cellula per stimolare la produzione di varie proteine, specialmente quelle trasportatrici del calcio. La regolazione dei livelli di calcio e fosforo nell’organismo avviene grazie all’azione di due importanti ormoni: la calcitonina ed il paratormone. La calcitonina esercita un’azione opposta a quella della vitamina D, favorendo l’eliminazione urinaria e la deposizione di calcio nelle ossa. Questo comporta una diminuzione dei livelli plasmatici di calcio. Il paratormone, di converso, inibisce il riassorbimento renale dei fosfati, aumenta quello del calcio e stimola il rene a produrre 1,25(OH) D. A livello dell’osso stimola invece il rilascio di calcio. L’ipocalcemia stimola la produzione di paratormone e di 1,25(OH)D. Un aumento della calcemia favorisce la sintesi di calcitonina. La vitamina D sembra possa promuovere la differenziazione dei cheratinociti dell’epidermide e degli osteoclasti ossei.
Vitamina E
La vitamina E, o tocoferolo, è nota per la sua potente azione antiossidante, ossia di contrasto alla perossidazione dei lipidi. Con il termine vitamina E s’intendono varie forme di tocotrienolo e di tocoferoli, di cui l‘α-tocoferolo è quella più attiva e potente. La concentrazione di questa vitamina è piuttosto variabile in quanto buona parte viene persa durante lo stoccaggio e la lavorazione degli alimenti e nella loro digestione, compresa una quota rilevante di degradazione ruminale. Anche la biodisponibilità intestinale è piuttosto bassa, non raggiungendo spesso il 30% del totale ingerito. Il passaggio del foraggio da verde a essiccato o insilato può comportare una perdita fino all’80% di α-tocoferolo. Nei foraggi freschi la concentrazione media di α-tocoferolo è di 60-100 UI/kg, ma scende a 20-80 UI/kg nei fieni e negli insilati. In una bovina da latte in asciutta alimentata prevalentemente ad erba, l’apporto giornaliero di vitamina E può essere di 1800 UI al giorno, che scende a 200 UI se questa viene alimentata prevalentemente a fieno. Nelle bovine in lattazione che ingeriscono diete con il 50% di foraggi si stima un apporto di 400 UI al giorno, che sale a 1500 se le diete prevedono in parte il pascolo e a 2500 UI se sono basate esclusivamente sul pascolo. La presenza di α-tocoferolo nei concentrati è piuttosto bassa. È ragionevole sospettare una carenza di α-tocoferolo in caso di eccessiva prevalenza di mastiti, loro cronicizzazione e ritenzione di placenta. Un’adeguata disponibilità ematica di α-tocoferolo migliora la “kill-ability”, ossia la capacità dei macrofagi e dei neutrofili di distruggere i patogeni fagocitati. Questa vitamina inoltre aiuta la chemiotassi, ossia la migrazione dei neutrofili verso l’infezione.
Nella seconda parte dell’articolo, che uscirà l’11 febbraio, parleremo più nei particolari di fabbisogni, raccomandazioni e carenze delle vitamine liposolubili.
Rubrica a cura di Vetagro
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