Come anticipato durante la premiazione del Primo Concorso Nazionale “Allevatori d’Avanguardia”, tenutasi nell’ambito della 78esima edizione delle Fiere Internazionali Zootecniche di Cremona, in questi giorni vogliamo farvi conoscere più da vicino i progetti presentati dai vincitori delle singole categorie in gara!
Partendo, quindi, dalla prima categoria, “Soluzioni innovative per la gestione della vitellaia”, abbiamo incontrato Giovanni Cervi Ciboldi, amministratore della vincitrice Società Agricola Campo di Ferro S.S. La candidatura è arrivata in redazione attraverso un report, corredato di fotografie e grafici, dal sapore di pubblicazione scientifica, particolare che ha colpito molto la giuria, perché ha permesso di verificare, attraverso dati e grafici, i risultati ottenuti con l’innovazione introdotta.
Ci troviamo in provincia di Cremona, in un’azienda storica che dai primi del ‘900 è di proprietà della famiglia Cervi Ciboldi. Qui si mungono mediamente 420 vacche di razza Frisona, che producono latte alimentare di alta qualità. Da sempre si lavora sulla selezione genetica e dal 2010 sulle energie rinnovabili, grazie all’implementazione sia di un impianto di biogas che di un fotovoltaico, dunque un approccio da sempre attento alle novità, a cui negli ultimi anni, con il passaggio generazionale, si è data un’accelerazione.
«La sostenibilità conviene farla», queste le prime parole con cui Giovanni spiega il motivo che li ha spinti a perseguire determinate strade. «Le aziende agricole – prosegue – sono delle vere e proprie imprese, e perché continuino ad esistere devono generare un reddito a chi le conduce. Come in tutti i processi produttivi, quindi, è fondamentale raccogliere dati e misurare, perché solo così si riesce a migliorare. Il fine ultimo di chi produce latte è ottenere la maggiore produzione al minor costo, e per avere animali produttivi in età adulta, bisogna partire dai soggetti giovani facendo in modo che crescano sani e forti, senza contrarre patologie invalidanti, né nell’immediato, né nella vita futura. Il concetto di benessere degli animali si fonde, pertanto, perfettamente con l’ottenimento dei risultati economici dell’impresa agricola. La stessa cosa vale per le risorse umane che ci lavorano. È fondamentale mettere le persone in condizioni ottimali di lavoro, con orari e riposi adeguati e fornire loro la migliore formazione possibile. Tutte queste riflessioni ci hanno spinto a cercare dunque delle nuove soluzioni per la gestione della vitellaia.»
Ci puoi riassumere brevemente le novità introdotte ed illustrare l’attuale organizzazione?
«Il progetto di ricerca e sviluppo della nuova vitellaia lo abbiamo avviato nel 2020, e gli obiettivi che ci siamo prefissati sono stati essenzialmente tre, ovvero: ottenere degli incrementi ponderali omogenei, ridurre l’età alla prima inseminazione e ridurre l’incidenza di patologie, con conseguente riduzione di utilizzo dei farmaci. L’intero processo di rinnovamento è stato costruito sopra al principio cardine che la crescita ottimale delle bovine giovani debba prevedere, sia la massimizzazione della loro struttura fisica, che quella del loro sviluppo mentale, emotivo e sociale, e che ciò debba avvenire attraverso la creazione di un gruppo stabile e definito all’interno del quale a ogni animale sia garantita la possibilità di esprimersi con il grado di libertà necessario a reagire alla massima gamma di stimoli offerti. Mi piace molto – continua Giovanni – approfondire le mie conoscenze leggendo studi scientifici, e, rispetto al giovane bestiame, diversi di questi ultimamente hanno dimostrato quanto gli animali tendano ad accompagnarsi l’uno all’altro in maniera stabile su base volontaria, incrementando l’affinità tanto più omogenea è la loro età. Dunque, la nostra decisione è stata quella di allevare le vitelle negli igloo per i primi quindici giorni di vita, e poi trasferirle in gruppi omogenei, che vengono mantenuti stabili fino ai 13 mesi circa, quando avverrà la prima inseminazione.
Dai 15 ai 75 giorni di vita i vitelli sono stabulati in uno spazio coperto di 500 metri quadri, che era una vecchia struttura riadattata e divisa equamente in due zone, ciascuna contenente una media di 25 capi, divisi in base all’età (dai 15 ai 40 giorni di vita nel primo gruppo, dai 40 ai 75 nel secondo). In tal modo, anche in una situazione di massimo carico ogni vitello dispone di 10 metri quadri di lettiera. In entrambe le zone sono state collocate due postazioni di somministrazione del latte attive per tutte le 24 ore della giornata, ognuna delle quali serve in media 13 vitelli, ed è possibile accedere ad uno spazio esterno, pari a circa il 30% del totale disponibile. Al momento dello svezzamento i vitelli restano in una zona adiacente nella quale viene attentamente monitorata la loro reazione al cambio di alimentazione, poi passano in una nuova struttura suddivisa in nove box utilizzati a rotazione, dove i gruppi si spostano senza variare.
Prima di parlare dei risultati – continua Giovanni – voglio sottolineare che è stato fondamentale, in questo percorso di cambiamento, avvalersi di un format di raccolta dati aggiornato quotidianamente dall’addetto alla vitellaia. Non essendo presente in commercio un software dedicato, lo abbiamo strutturato noi attraverso un’interfaccia che ha reso possibile: monitorare gli accrescimenti medi, gli interventi terapeutici, i piani vaccinali, l’assunzione di alimento, incidenza e natura delle patologie».
Esempio di dashboard con visualizer per il controllo degli accrescimenti.
Per concludere questa interessante panoramica, puoi illustrarci i risultati ottenuti al termine del terzo anno di lavoro?
«Giunti al terzo anno possiamo ritenerci soddisfatti e affermare che i tre macro-obiettivi, che l’azienda si era posta all’inizio del percorso, sono stati raggiunti. In particolare, in merito all’omogeneità degli accrescimenti, le rilevazioni dei pesi dei vitelli mostrano delle oscillazioni molto limitate, come dimostra il grafico elaborato a 120 giorni di età, da cui si evince il passaggio da una deviazione standard maggiore di 10 kg del 2020 ad una inferiore ai 4 kg del 2023. Si sono quindi ridotto le precedenti difformità e migliorate le condizioni di forma generali dei giovani animali.
Questi risultati nell’accrescimento, hanno evidentemente contribuito al raggiungimento del secondo obiettivo che l’azienda si era preposta, ovvero l’abbassamento dell’ età media alla prima fecondazione, che nel triennio è passata da 16,1 mesi a 13,5 mesi.
Infine, per quel che riguarda la riduzione dell’incidenza di patologie e, di conseguenza dell’uso di farmaci, le rilevazioni dimostrano che si è passati da 35 casi clinici del 2019 a circa 10 casi l’anno del 2023».
Di fronte a questi risultati, appare evidente come l’attenzione alle necessità sociali dei vitelli, oltre che a quelle fisiologiche, possa rappresentare una chiave di volta per raccordare le necessità strategiche degli allevatori con i “desiderata” dei consumatori in tema di benessere animale.