I formaggi sono nati dal bisogno di conservare le proteine del latte nel tempo. In ogni area del mondo si sono sviluppate particolari e specifiche tecnologie per ottenere il massimo beneficio dal latte utilizzato, ed ovviamente anche la massima qualità organolettica e sanitaria.
La tecnologia dei formaggi a pasta filata è legata alla tradizione lattiero-casearia del bacino meridionale del Mediterraneo.
Questi formaggi venivano, e vengono tuttora prodotti con l’ausilio dei fermenti lattici naturali, come il siero fermento o latto fermento, fondamentali per la biocompetizione favorita o provocata dai “batteri buoni” sui microorganismi opportunisti o addirittura patogeni, di cui riescono a ridurre o ad inibire la proliferazione.
I formaggi a pasta filata, come la mozzarella di bufala, hanno la peculiarità di avvalersi anche di un trattamento termico della cagliata matura (pH inferiore a 5,0) con acqua bollente dai 98 ai 90°C. Questo rende plastica la massa filante che, ridotta in fili sottilissimi, viene poi modellata nelle forme caratteristiche della mozzarella di bufala, fior di latte o scamorza e provolone. Questa acqua bollente consente di riscaldare a temperature elevate la cagliata, fino a raggiungere temperature comprese tra i 62 ed i 65°C per almeno tre minuti.
Una ricerca effettuata nel 1999 con la Professoressa Maria Luisa Cortesi dell’Università di Napoli Federico II, e in particolare dell’Istituto di Ispezione degli Alimenti di Origine Animale della Facoltà di Medicina Veterinaria, ed il suo gruppo di allora, ha consentito di misurare le temperature dell’acqua di filatura, delle cagliate e della massa filante nonché i tempi di filatura, in modo da avere dati tecnologici che dimostrassero un vero e proprio risanamento termico di cagliate ottenute da latte contaminato sperimentalmente, purché venissero rispettati i parametri adottati nel corso delle sperimentazioni.
Salmonella Senftenberg, che ha caratteristiche vitali molto simili a Brucella spp., fu infatti inoculata nel latte di bufala, per poi produrre la mozzarella di bufala con la tecnica tradizionale. Anche inoculi elevati di salmonelle aggiunte nel latte venivano distrutti in gran parte dal trattamento termico oltre che, si ritiene, dalla biocompetizione delle culture starter aggiunte (siero fermento tradizionale).
Sarebbe auspicabile effettuare una nuova sperimentazione ad hoc, con le nuove tecniche anche di microbiologia predittiva, per produrre mozzarella di bufala contaminata sperimentalmente con Brucelle e vedere cosa “succede” alla fine della lavorazione tradizionale.
Non entro nel merito della Brucellosi bufalina, e di quel piccolissimo gruppo di animali siero positivi il cui latte viene distrutto. Il latte delle loro compagne di stalle, sieronegative, segue una tracciabilità stringente ed un iter che obbliga il trasportatore/trasformatore ad utilizzare contenitori diversi per il trasporto. Sulla bolla di accompagnamento viene indicato il tipo di latte e l’obbligo della pastorizzazione ed il servizio veterinario che vigila affinché tutto ciò venga eseguito puntualmente. Tutta questa movimentazione viene indicata nel Sistema Nazionale della tracciabilità bufalina accessibile a tutte le autorità competenti al controllo.
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