1932 – Parigi

Parigi all’inizio degli anni trenta del XX secolo è ancora nel furore degli anni ruggenti o, per dirla in francese, “les années folles“, iniziati con gli anni venti di un dopoguerra e che vedono una eccezionale fioritura della vita artistica, culturale e scientifica. I suoi costumi liberali, il fermento intellettuale, i teatri, i caffè, il jazz, le gallerie, concorrono a farne un luogo mitico per gli artisti che arrivano da ogni parte del mondo in cerca di fortuna e celebrità, ma la guerra ha lasciato ferite materiali e psicologiche con un’ambivalenza di umori oscillanti tra la speranza in un futuro luminoso e una profonda incertezza espressa con una molteplicità di voci contraddistinte ora dalla volontà di rompere con il passato per ripartire da zero, ora dalla necessità di un nuovo tipo di ordine, ricostruito sulle rassicuranti fondamenta della tradizione.

In questo quadro s’inseriscono nuove scoperte e rivoluzioni scientifiche che riguardano anche l’alimentazione perché nel 1924 di Charles Birdseye (1886 – 1956) ha compiuto i primi esperimenti sulla congelazione degli alimenti e nel 1932 Ernst Ruska (1906 – 1988) mette a punto il microscopio elettronico. A Parigi opera soprattutto il famoso Istituto Pasteur, fondato nel 1887, che si dedica allo studio della biologia, dei microorganismi, delle malattie e dei vaccini, ma anche degli alimenti, e tra questi in particolare del latte. Non si deve dimenticare che proprio per questo alimento, grazie alle ricerche di Louis Pasteur (1822 – 1895) che nel 1860 scopre che riscaldando il vino e portandolo per pochi minuti a 60°C è possibile bloccarne i processi di fermentazione, è stata sviluppata la pastorizzazione che, con una ripetuta applicazione di modiche temperature, permette di eliminare dal latte batteri pericolosi come quelli della tubercolosi, febbre maltese, febbri tifoidi, senza dover ricorrere alla bollitura che distrugge le preziose caratteristiche di questo delicato alimento. È nel gennaio del 1931 che Henry Stassano, ricercatore dell’Istituto Pasteur, comunica di aver inventato un nuovo metodo di trattamento del latte che concilia i vantaggi della pastorizzazione con la velocità di un unico trattamento, meritando un’intervista.

Gentile Dottor Stassano, che in questo Istituto chiamano dottor Henry, mi pare che Lei abbia un nome italiano, o sbaglio? Inoltre, perché in questo istituto dedicato alle malattie si è interessato ad un nuovo metodo di trattamento del latte, come risulta dalla sua pubblicazione Des appareils de pasteurisation a plaques del gennaio 1931?

Lei non sbaglia, infatti il mio nome è Enrico e sono nato a Napoli nel 1862, dove mi sono laureato in Medicina, ma per una serie di vicissitudini e interessi nel 1897, a trentacinque anni, sono approdato a questo celebre Istituto Pasteur dove mi chiamano Henry (Stassano rimarrà all’Istituto e verrà a morte a 79 anni nel 1941). Per rispondere alla sua domanda le ricordo che nell’Istituto Pasteur si studiano le malattie e i mezzi per la loro prevenzione e che gli alimenti, tra i quali il latte, sono un importante veicolo di trasmissione di infezioni, e non è certamente un caso che il procedimento di pastorizzazione prende il nome dal nostro fondatore Louis Pasteur. Un procedimento efficace, ma che per essere applicato ad alimenti delicati quali il latte necessita di due e anche tre trattamenti a temperatura controllata e che io sono riuscito a superare utilizzando le conoscenze tecnico-scientifiche da me sviluppate in questo Istituto per la preparazione dei vaccini, anche in unione con l’ingegnere Gobbi, anche lui d’origini italiane.

Capisco l’interesse dell’Istituto e suo per avere un latte sicuro, senza rischi infettivi e con tutte le sue preziose qualità, ma meno i rapporti con i vaccini. Potrei avere qualche precisazione?

Vent’anni fa, quando già da tempo lavoravo presso questo Istituto, iniziai a studiare le temperature più basse alle quali le diverse specie di microbi sono uccise dal calore, al fine di realizzare un processo termico per inattivare i microbi in modo sicuro e uniforme, sviluppando dispositivi a piastre dove i liquidi contenenti batteri sono presenti in strati sottilissimi. Nel primissimo dispositivo a piastre che ho immaginato e fatto funzionare con l’ingegnere Gobbi per essere applicato alla produzione di vaccini e altri materiali biologici, il percorso dei liquidi da trattare tra superfici riscaldanti aveva uno spessore inferiore a un millimetro e un percorso non inferiore a dieci metri. Quando sono passato al latte ho sviluppato un sistema in funzione da tre anni in Algeria e nel quale lo spazio tra le due superfici riscaldanti è stato aumentato da uno a tre millimetri, e la lunghezza del percorso di latte è stata raddoppiata. Nonostante in Algeria ci siano spesso latti molto acidi, nell’igienizzazione del latte vi sono stati problemi di coli-bacilli vivi, per cui è necessario mantenere lo spazio di un millimetro e che il metallo delle superfici riscaldanti sia il rame rosso con elevata e veloce trasmissione del calore. In questo modo i microrganismi, costantemente animati dal moto browniano, mentre scorrono tra le due piastre riscaldanti sono portati contro queste pareti dove sono inattivati dal calore, mentre il latte che scorre al centro tra le due piastre non subisce alterazioni per l’azione del calore mantenendo inalterate le sue caratteristiche nutrizionali, e le sue vitamine non si deteriorano.

Gentile Dott. Stassano, la pastorizzazione rapida secondo il suo metodo, con l’esposizione del latte che scorre in uno strato sottile tra due pareti metalliche scaldate a 75 °C per 14 secondi, incomincia a essere denominata “stassanizzazione” (nei paesi anglosassoni sarà poi anche indicata con la sigla e il temine di HTST – High Temperature Short Time). Prima di lasciarla, ringraziandola della sua disponibilità per questa intervista, le chiedo se la denominazione di “stassanizzazione” le piace.

Questa denominazione di stassanizzazione è nata all’interno dell’Istituto Pasteur, come quella di pastorizzazione. Il nostro fondatore Louis Pasteur non ha mai sperimentato la pastorizzazione del latte e quando io con i miei collaboratori abbiamo messo a punto un particolare metodo di pastorizzazione rapida a molti dell’Istituto è sembrato naturale se non giusto denominarla stassanizzazione, il che non mi dispiace.

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, é stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie. 

Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri. 

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.