IN BREVE

La determinazione della Fosfatasi Alcalina è il principale indicatore di corretta pasteurizzazione del latte; il limite legale è fissato in 350mU/L (Reg. CE 1664/2006). In questo lavoro sono stati confrontati due diversi strumenti per la determinazione dell’attività fosfatasica presente nei campioni: lo strumento Fluorophos® Test System, in uso presso il Laboratorio, che si basa su una reazione fluorimetrica, e lo strumento F-APTM Fast Test with novaLUMTM, di più facile e rapido impiego, che sfrutta, invece, il principio della chemiluminescenza. Sono stati analizzati complessivamente oltre 100 campioni di latte di specie differenti e titolo in grasso diverso, crudi o sottoposti a trattamento termico. Al fine di permettere le valutazioni di confronto, il risultato ottenuto in fluorimetria è stato assunto come valore di riferimento senza che ciò lo definisca come “valore reale”. Dal punto di vista quantitativo è emersa una tendenza alla sovrastima dello strumento basato sulla chemiluminescenza, che conferma osservazioni precedenti di altri autori (Albillos et al 2008). Risultati più concordanti si osservano, invece, se si considerano i dati del confronto dal punto di vista qualitativo: le capacità di discriminazione tra prodotti correttamente pasteurizzati e prodotti trattati in modo insufficiente o crudi coincide nella quasi totalità dei campioni analizzati.

Introduzione

La fosfatasi alcalina (ALP) è una metallo proteina presente nel latte, legata ai globuli di grasso, caratterizzata da resistenza al calore leggermente superiore a quella di Coxiella burnetii, microrganismo considerato termine di riferimento per la termoresistenza dei patogeni.

Sin dagli anni ’30 la determinazione quantitativa della fosfatasi è stata riservata al controllo del latte alimentare pasteurizzato, durante la sua vita commerciale. Relativamente più recenti sono le applicazione nel controllo di prodotti derivati dal latte o di altro tipo (succhi di frutta, prodotti farmaceutici, gelati, yogurt, panna), le verifiche di genuinità di alcuni prodotti (formaggi a base di latte crudo con divieto di termizzazione) e, soprattutto, i controlli di processo nella produzione dei formaggi a base di latte pasteurizzato. Anche a livello normativo l’attenzione verso questo parametro si è recentemente riattivata; alcune dispute commerciali internazionali hanno infatti evidenziato difficoltà di definizione ed uniformazione dei limiti di sicurezza alimentare, e quindi di giudizio di conformità nell’import-export dei formaggi. Oltre alle particolari caratteristiche di alcune tipologie di formaggi, uno degli aspetti problematici è proprio l’esistenza di differenti tecniche analitiche (chemiluminescenza e fluorimetria) applicate nei diversi Paesi.

In prospettiva, è probabile che il controllo dell’attività fosfatasica nelle fasi del processo di caseificazione e sui prodotti finiti nel corso della loro vita commerciale sia destinata a diventare un fattore di controllo più frequente e diffuso. In quest’ambito, quindi, la disponibilità di strumenti di rapido e semplice impiego in grado di fornire informazioni dirette agli operatori del settore potrebbe rilevarsi particolarmente utile nel prossimo futuro. In quest’ottica, è stata realizzata la presente prova di confronto tra la metodica fluorimetrica in uso presso il Laboratorio dell’IZSLER con lo strumento Fluorophos® Test System (Advanced Instruments, Inc., Norwood, US), e la metodica chemiluminescente con lo strumento F-APTM Fast Test with novaLUMTM (Charm Sciences Inc., US), in collaborazione con il distributore italiano Alitest Srl di Mantova.

Materiali e metodi

Sono stati presi in esame 100 campioni di latte bovino di varie tipologie: crudo, pasteurizzato (intero e parzialmente scremato) e UHT (intero, parzialmente scremato, scremato), reperiti in commercio o allestiti e trattati in laboratorio a partire da latte di massa aziendale. Per le valutazioni di linearità strumentale del F-APTM sono stati analizzati anche campioni di latte caprino e bufalino, trattati termicamente e diluiti con quantità progressive e scalari di latte crudo, previamente testato, per ottenere valori “attesi” di ALP.

Conclusioni

Tenuto conto delle specifiche condizioni in cui la prova di confronto è stata realizzata, è risultato complessivamente confermato un certo livello di sovrastima degli strumenti basati sulla chemiluminescenza rispetto a quello fluorimetrico in uso presso il laboratorio.

I risultati ottenuti del resto confermano quelli già segnalati da Albillos et al nel 2008, che ha confrontato il Fluorophos® con differenti tipi di strumenti a chemiluminescenza. Per quanto riguarda le valutazioni qualitative, relative alla capacità di differenziare prodotti correttamente pasteurizzati da quelli crudi o trattati in modo parziale, si sono comunque ottenuti esiti soddisfacenti, anche considerando che, in alcuni casi, si sono appositamente create condizioni “border-line” (con la miscelazione di latte crudo e trattato termicamente), in cui anche una minima differenza analitica poteva determinare un giudizio differente.

Al di là delle valutazioni tecniche sulle differenti metodiche, riteniamo importante sottolineare che lo strumento F-APTM si inserisce tra quelli di semplice e pronto uso nelle condizioni di campo (quali i conrolli di processo, in tempo reale, in linea di produzione), in quanto non richiede competenze ed attrezzature tipiche dei laboratori specialistici ai quali sono invece destinate le strumentazioni più complesse e delicate come il Fluorophos®.

Tratto da: “Determinazione della fosfatasi alcalina nel latte: confronto tra metodiche e strumenti“, di Elena Buffoli, Francesca Fusi e Giuseppe Bolzoni.