Uno dei parametri di controllo più critici nell’industria alimentare, farmaceutica, cosmetica, elettrochimica, cartaria e tessile, solo per citarne alcune, è rappresentato dal monitoraggio e dalla misurazione del pH.
Nell’industria lattiero-casearia, il pH è spesso la prima indicazione di un deterioramento microbiologico e, più frequentemente, viene manipolato per creare e produrre una serie di latticini, tra cui formaggio, yogurt, bevande fermentate e idrolizzati proteici. Esistono diverse caratteristiche associate ai fluidi, come densità, pressione, compressibilità e viscosità, tutti influenzate dalle condizioni ambientali e da aspetti riguardanti la loro composizione. Un fluido biologico come il latte è definito dalle suddette proprietà; tuttavia, la sua lavorazione aumenta la complessità a cui sono soggette le sue proprietà.
L’acqua, il principale costituente del latte bovino (~87%, w/w), contiene sia componenti disciolti che sospesi, tutti progettati per fungere da fonte di idratazione e di apporto di nutrienti per il neonato. Il pH è un parametro dinamico che cambia costantemente durante la lavorazione del latte, a causa della temperatura, della pressione, del contenuto di sostanza secca/eliminazione dell’acqua o dell’attività microbica. Nella maggior parte dei casi, il pH può essere misurato solo in un mezzo acquoso e quindi non può essere misurato in oli o alcoli puri.
La capacità di misurare e acquisire i dati operativi delle unità in tempo reale ha vantaggi significativi durante la lavorazione del latte, sia che si tratti di elementi di base, come la misurazione della temperatura, della pressione e i tassi di flusso, sia che si tratti di elaborazioni più recenti come nel caso della viscosità e dei parametri compositivi del prodotto. Questa rapida raccolta di dati ha contribuito ad aumentare la redditività riducendo i costi energetici, riducendo al minimo la perdita di prodotto e consentendo l’automatizzazione del controllo.
Nell’industria lattiero-casearia, il pH viene solitamente regolato o controllato mediante l’aggiunta di acidi e basi minerali o mediante l’aggiunta di colture microbiche. Dal momento che il pH è stato utilizzato universalmente nella fisica e nella chimica degli alimenti per oltre un secolo, non si pensa molto al suo significato effettivo e spesso viene associato solamente a un determinato risultato o ad un prodotto desiderato.
Pertanto, nella review da cui è tratto questo articolo sono analizzate le conoscenze di base sul pH, la sua misurazione e il modo in cui cambia durante la lavorazione del latte, sottolineando le correlazioni tra contenuto di sostanza secca, minerali e temperatura. La review fornisce anche approfondimenti su alcuni nuovi sviluppi riguardanti la raccolta dei dati sul pH di importanza specifica per l’industria lattiero-casearia.
Le variabili che maggiormente influenzano il pH del latte sono il profilo aminoacidico, la temperatura e la composizione minerale. Altri componenti come il lattosio, i prodotti di degradazione del lattosio e i microrganismi svolgono tutti un ruolo nel pH del latte, ma possono essere considerati fattori secondari o esterni. La rimozione dell’acqua equivale ad un aumento del rapporto soluto/solvente, con un concomitante aumento della forza ionica della soluzione. Il trattamento termico del latte è una pratica comune nell’industria lattiero-casearia al fine di inattivare i microrganismi, massimizzare la durata di conservazione e alterare la funzionalità del prodotto (ad esempio, latte trattato a bassa, media e alta temperatura). È noto che il trattamento termico del latte a temperature superiori a 90 °C provoca cambiamenti irreversibili sia delle proprietà proteiche che minerali, come la precipitazione del fosfato di calcio, la denaturazione e l’aggregazione delle proteine del siero di latte, la defosforilazione della caseina e il rilascio di composti azotati non proteici. Tuttavia, a temperature inferiori a 90 °C, lo spostamento dell’equilibrio minerale da solubile a insolubile è considerato ampiamente reversibile dopo il raffreddamento.
Se si prendono in considerazione le fasi produttive in cui si effettua il monitoraggio del pH nell’industria lattiero-casearia, appare evidente che, solitamente, viene eseguito in linea o fuori linea con una significativa mancanza di misurazioni in situ. Tuttavia, i progressi nella misurazione del pH sono aumentati costantemente con la disponibilità di sonde più rapide e accurate. La review in esame ha evidenziato che queste sonde sono in grado di resistere a pressioni e temperature elevate, e che l’industria lattiero-casearia potrebbe potenzialmente avvalersene. Formaggi fusi e alimenti per lattanti sono esempi ideali di dove i solidi elevati (~50%, p/p, sostanza secca), lavorazione ad alta temperatura e sequestro di ioni monovalenti e bivalenti e dove il monitoraggio in situ in tempo reale del pH potrebbe fornire un maggiore controllo del processo e qualità del prodotto. A parte l’industria lattiero-casearia, l’esame delle potenziali tecnologie di altri settori, come il settore geotermico, ha consentito agli scienziati di esaminare il pH nei sistemi a base di latte in condizioni difficili, evidenziando il vantaggio dell’utilizzo della tecnologia intersettoriale.
Tratto da: “pH, the Fundamentals for Milk and Dairy Processing: A Review”. di Tugce Aydogdu, James A. O’Mahony e Noel A. McCarthy. Dairy 2023, 4, 395–409. https://doi.org/10.3390/dairy4030026