All’interno del Regolamento Europeo 848 del 2018 relativo alla produzione biologica, sia nei considerando che nell’allegato riguardante le norme di produzione animale, viene chiaramente indicato come scegliere la razza o la linea genetica per allevare in biologico. Scegliere animali in “grado di adattarsi alle condizioni locali, longevi, vitali e resistenti alle malattie” ci porta ad allevare animali in grado di valorizzare pienamente l’ambiente in cui vengono allevati.

Esattamente da qui sono partiti due amici, fratello e sorella, al momento di costituire il loro piccolo allevamento di bovine da latte nell’alto appennino emiliano. Il progetto è nato dal legame con il territorio di origine, dal desiderio di tornare ad allevare in quel luogo e naturalmente dal forte legame che li unisce. Pochi mesi fa hanno iniziato un percorso che li ha portati ad acquistare una decina di bovini e che si completerà con la costituzione di un piccolo caseificio che chiuderà il cerchio della valorizzazione del prodotto. Naturalmente l’alimentazione degli animali sarà prevalentemente a pascolo.

Utilizzare il pascolo permette di aumentare l’autoapprovvigionamento aziendale riducendo notevolmente le spese di alimentazione, ma dobbiamo tenere conto che metteremo la mandria in diretta interazione con l’ambiente esterno. Per questo gli animali devono essere selezionati e addestrati. Gli animali scelti per la costituzione dell’allevamento dai nostri due amici sono appartenenti ad una razza locale, una volta diffusa nella zona.

Nella cerchia dei parenti hanno trovato una piccola stalla a posta fissa con il fienile e hanno radunato una quindicina di ettari di prati pascoli disponibili lungo la strada che unisce due frazioni. Durante una visita abbiamo valutato alcune aree di pascolo comuni, tra cui uno splendido alpeggio. Abbiamo ragionato insieme sulle modifiche strutturali da apportare alla stalla e su come costruire una catena di foraggiamento che possa ridurre al minimo l’utilizzo del fieno. L’obiettivo è quello di aumentare il più possibile l’autosufficienza alimentare dell’azienda e valorizzare il prodotto finale, quindi trasformare il latte e venderlo direttamente. La scelta di allevare un certo numero di animali non è casuale, ma è frutto di un accurato business plan che abbiamo costruito insieme ai committenti all’inizio del progetto. Dieci, dodici animali in produzione sono risultati il numero corretto in base alle loro forze e a questo contesto. Abbiamo infatti incrociato le richieste e le necessità, come quella di avere due stipendi, e le possibilità ambientali e di mercato.

Un numero di capi che, nel contesto zootecnico di oggi, può apparire molto esiguo, ma grazie alla riduzione dei costi dovuti all’utilizzo del pascolo da una parte, e la valorizzazione della produzione attraverso la gestione dell’intera filiera dall’altra, rende questa piccola realtà economicamente sostenibile. Non dobbiamo dimenticare che al centro c’è sempre l’essere umano con la sua capacità e volontà di lavorare e materializzare il suo progetto; infatti questa è, e rimane, un’azienda e, per vivere, deve generare reddito.

Inutile dire che dietro all’immagine bucolica di questi animali che mangiano erba sui prati c’è un attento studio e pianificazione della gestione del pascolo e dell’animale, che riguarda anche la sua costruzione fisica in cui nulla è lasciato al caso. 

Il primo passo nella costituzione della mandria è trovare animali idonei, quindi già addestrati fin da vitelli ad alimentarsi al pascolo e a passare l’estate in alpeggio.

L’alto appennino ha subito un forte spopolamento, ma esistono, seppur a macchia di leopardo, iniziative imprenditoriali, spesso a livello familiare, che mantengono vivo il territorio. L’allevamento a certe quote è praticamente l’unica agricoltura possibile e quello del bovino, in particolare, rappresenta un interessante volano economico in quanto si porta dietro un discreto indotto.

Il territorio è caratterizzato da boschi, fasce boscate e prati pascoli che si aprono, sul crinale, in alpeggi, non paragonabili a quelli delle Alpi, ma comunque sufficientemente produttivi, alcuni dei quali in grado di soddisfare anche mandrie di bovini. I prati pascoli della zona, che una volta venivano sfalciati e pascolati in alternanza, adesso vengono, nella migliore delle ipotesi, sfalciati. In questo contesto ambientale l’obiettivo dell’azienda è quello di utilizzare il più possibile la risorsa pascolo mantenendo comunque alta a sufficienza la produzione di latte per far lavorare il piccolo caseificio.

Scegliere la corretta razza o linea genetica è essenziale perché:

  • gli animali dovranno essere in grado di camminare parecchio per raggiungere i vari appezzamenti di pascolo durante le mezze stagioni e pascolare in alpeggio durante l’estate,
  • dovranno avere un metabolismo “risparmioso”,
  • dovranno adattarsi bene alle condizioni pedoclimatiche del luogo
  • dovranno mantenere una minima produzione di latte anche con un’alimentazione esclusivamente ad erba.

Una razza autoctona, come quella scelta dai nostri amici, risponde bene ai primi tre punti; sono animali adattati a queste condizioni che esprimono il meglio quando vivono all’aperto, cioè immersi nell’ambiente naturale più che in un sistema confinato. Come sappiamo bene la nota dolente delle razze autoctone è proprio il quarto punto, la produzione. Questo “minimo” di produzione è molto variabile ed è quello che determina il flusso di cassa di entrata dell’azienda, fondamentale quindi per la sua sopravvivenza.

È quindi necessario fare un passo in più, non fermarsi all’idea di una razza “ideale”, ma concentrarsi sull’individuo. Gli individui sono diversi e in questa diversità dobbiamo trovare quello che è più adatto al nostro contesto.

Gli strumenti a disposizione sono due, la selezione interna alla nostra mandria, nel “mondo reale”, nella oggettiva concretezza delle caratteristiche fenotipiche e delle prestazioni dei singoli individui ottenute sotto l’azione della selezione ambientale. Il secondo strumento è la selezione esterna, attraverso la fecondazione artificiale scegliendo i riproduttori maschi più adeguati, anche se questo, soprattutto per alcune razze, rimane solo a livello teorico poiché, ammesso che ci siano tori disponibili, spesso delle caratteristiche di questi non si sa nulla.

A volte la scelta obbligata è produrre uno o più tori aziendali, a seconda delle dimensioni dell’allevamento, scegliendo le “madri di toro” all’interno della propria mandria, tra gli animali che hanno dimostrato negli anni, con le produzioni e la longevità, di essere le più adatte e le più rispondenti ai parametri che interessano all’azienda.

Il passo successivo sarà quello di accoppiare gli animali in modo che le qualità che cerchiamo siano effettivamente espresse nella progenie vivente, lavorando con il principio dell’equilibrio; infatti se vogliamo animali produttivi e longevi, in grado di utilizzare il pascolo come alimento principale per buona parte dell’anno, dobbiamo “costruire” degli animali equilibrati, privi di quelle caratteristiche estreme che rendono necessari costosi input esterni per mantenerli in produzione.

Per esempio, l’incrocio di un animale robusto con uno fine è un modo per ottenere una progenie più equilibrata. Maggiore sarà la variabilità all’interno della mandria maggiori saranno le opportunità di scelta, e quindi la rapidità dei miglioramenti nella generazione successiva.

In una gestione a pascolo la variabile animale è fondamentale: all’aumentare della quota di pascolo in razione aumenta sempre più l’importanza della scelta dell’animale e della sua selezione all’interno dell’allevamento, una delle chiavi per garantire il successo dell’azienda.

Autori

Davide Bochicchio

Medico veterinario Ph.D., ricercatore presso il CREA-Zootecnia e Acquacoltura sede di Modena. Da 25 anni si occupa di ricerca nell’ambito della nutrizione animale, suina e bovina, e di come questa modifichi i prodotti per l’alimentazione umana. Dal 2007 è responsabile di progetti nazionali ed europei riguardanti la zootecnia biologica, il benessere animale e l’impatto ambientale dell’allevamento. Il punto di incontro tra tutti questi temi: alimentazione, benessere animale, sostenibilità ambientale, è naturalmente il pascolo. Dal 2022 collabora con Daniele Valcavi.

Daniele Valcavi

Si occupa di allevamento da 25 anni. Durante le prime esperienze come dipendente in diversi allevamenti ha maturato l’idea che un altro metodo fosse possibile. Inizia così un percorso di studi in diversi Paesi, Olanda e Usa in particolare, che lo portano nel 2005, oltre ad approfondire il tema pascolo, a diventare analizzatore ufficiale del sistema di accoppiamenti aAa and Weeks, sistema che si basa sulla costruzione fisica del corpo considerandolo nelle sue interazioni. Nel 2006 iniziano le prime esperienze di pascolo in pianura padana e nel 2011 nasce l’azienda agricola DEL GIGANTE. Inizia così una sperimentazione in prima persona di tecniche di pascolo, linee-guida di biodinamica, e diverse tecniche di gestione basate sull’alimentazione a erba. Dal 2021 è consulente per gestioni a pascolo e dal 2022 collaboratore del CREA-ZA.

Sujen Santini

Medico Veterinario, Dottore di Ricerca in Endocrinologia degli Animali Domestici, Diplomata SIOV in Medicina Veterinaria Omeopatica. Dall’inizio della sua professione si dedica alle specie animali destinate all’allevamento promuovendo il benessere animale, secondo la libera espressione dell’etogramma di specie e la salutogenesi secondo un approccio olistico di “One Healt-One Welfare” fondato sull’intima connessione dell’ecosistema unico e indivisibile “terra-animali-uomo”. Collabora con FederBio in qualità di veterinario esperto in sistemi di allevamento secondo il metodo biologico; è consulente e docente in corsi di formazione rivolti ad allevatori ed operatori di settore. Ha partecipato alla messa a punto dello Standard High Welfare FederBio.