Quando acquistiamo la mozzarella, al supermercato o nei negozi al dettaglio, la troviamo sui banchi o nelle confezioni immersa in un liquido il cui impiego non è affatto casuale. Il liquido di governo (o anche liquido di accompagnamento) condiziona la mozzarella in fase di conservazione ed è necessario per ben tre ragioni tecnologiche:

  • impedisce la formazione di crosta;
  • aiuta la formazione di una sorta di “pelle” di consistenza tenera, liscia e lucente, di aspetto omogeneo;
  • eventualmente completa la salatura.

È un liquido accessorio rispetto agli elementi essenziali usati per la preparazione della mozzarella, ma di fatto è funzionale dal punto di vista tecnologico. Per poter svolgere tali funzioni e, in particolare, per garantire il loro mantenimento per tutta la durata di shelf-life, il liquido di governo deve avere una composizione idonea. In linea generale, possiamo dire che si tratta di una soluzione a reazione acida, dovuta all’addizione di acido citrico o acido lattico, che può contenere NaCl in misura dell’1-1,5%. Nelle produzioni tradizionali, come quelle della filiera bufalina, il liquido di governo in alcuni casi è ancora preparato per fermentazione dell’acqua di filatura per aumentare la componente acida, e sua successiva salatura, oppure si usa semplicemente acqua.

Tra le produzioni di qualità, possiamo citare la composizione del liquido di governo per:

  • la Mozzarella di Bufala Campana DOP, che è mantenuta nel suo liquido di governo acidulo ed eventualmente salato, per il quale l’acidità può essere ottenuta per addizione di acido lattico o acido citrico,
  • la Mozzarella di Gioia del Colle DOP, il cui liquido di governo è costituito da acqua, che può essere acidulata e salata,
  • la Mozzarella STG, confezionata in liquido di governo costituito da acqua con eventuale aggiunta di sale.

La conservazione in liquido di governo genera tutta una serie di scambi tra formaggio e liquido, che sono determinati da: la composizione della mozzarella stessa, soprattutto per il suo tenore in umidità, dalla natura del liquido di governo, la temperatura di conservazione (da 4°C a temperatura ambiente) e la sua durata. Nel complesso, si verificano assorbimenti o cessioni di acqua, cessioni dalla mozzarella al liquido di governo di componenti solubili come calcio, lattati, zuccheri o solubilizzanti per attività proteolitica. Questi processi portano a modificazioni strutturali che iniziano generalmente con il corrugamento e conseguente distacco della pelle, favorito in alcuni casi dalla solubilizzazione del calcio nel liquido di governo, per arrivare ad importanti cambiamenti strutturali come l’ammorbidimento della pasta, fino alla forma più estrema riconducibile alla “stracchinatura”. Quest’ultimo processo di modificazione a carico della pasta filata può essere correlato alla cessione di calcio ed all’idrolisi delle caseine per attività residua degli enzimi responsabili della coagulazione non completamente inattivati durante la filatura ad alte temperature, processo di filatura, con la quale si raggiungono indicativamente 68°C almeno all’interno della mozzarella. Oltre a ciò, ci sarebbe una correlazione anche con l’attività della plasmina (ovvero un enzima della famiglia delle idrolasi che, durante il processo di caseificazione, rimane inglobato nella cagliata così da influire poi nel successivo processo di maturazione della pasta) o con il tipo di starter impiegato (presenza di lieviti, lattococchi, lattobacilli o comunque di batteri lattici proteolitici).

La preparazione del liquido di governo merita una piccola parentesi per quanto riguarda gli aspetti di sicurezza alimentare. Sia che si utilizzi acqua di filatura sottoposta a fermentazione, sia che si impieghi acqua per la preparazione di una soluzione acida contenente sale oppure semplicemente acqua, è fondamentale che quest’ultima sia igienicamente idonea allo scopo, ed in particolare che corrisponda alla definizione di acqua potabile, ovvero quella rispondente ai requisiti minimi fissati nella Direttiva 98/83/CE sulla qualità delle acque destinate al consumo umano. Dal punto di vista delle misure di autocontrollo, il controllo della potabilità dell’acqua in uno stabilimento di trasformazione alimentare è una procedura prerequisito, ovvero una di quelle procedure che, se correttamente predisposte ed effettivamente applicate, permettono di avere condizioni ambientali favorevoli alla realizzazione di prodotti alimentari sicuri sotto il profilo igienico-sanitario. Oltre al controllo della potabilità dell’acqua, sono principali procedure prerequisito quelle relative a: pulizia e disinfezione, controllo degli animali infestanti, formazione del personale, gestione di rifiuti e sottoprodotti, manutenzione strutturale e delle attrezzature, controlli igienico-sanitari sul personale e selezione e verifica dei fornitori.

Tutti gli operatori del settore alimentare devono accertarsi che l’acqua impiegata per la preparazione degli alimenti, ma anche per la pulizia delle superfici e delle attrezzature usate per la produzione, rispetti al punto di consegna i requisiti microbiologici e chimici minimi previsti dall’allegato I del D. Lgs. 2 febbraio 2001, n. 31 – “Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano”, modificato e integrato dal D. Lgs. 2 febbraio 2002, n. 27. L’approvvigionamento di acqua può avvenire da acquedotto pubblico, da captazione privata oppure da entrambi ed in tutti i casi l’operatore del settore alimentare dovrà verificare il mantenimento della potabilità dell’acqua. Sebbene nel caso di acquedotto pubblico vi siano controlli da parte del gestore del servizio idrico integrato (controlli interni) e delle Aziende sanitarie locali con campionamenti lungo la rete, la potabilità è garantita fino al punto di fornitura (ovvero il contatore): ciò non toglie che ci possano essere dei rischi a livello dell’impianto privato dello stabilimento. Quindi il controllo successivo è un dovere dell’impresa. Per garantire un controllo puntuale e frequente della potabilità delle acque, si procede alle analisi microbiologiche e chimiche per verificare che siano rispettati i parametri definita dal D. Lgs. 2 febbraio 2001, n. 31. Il prelievo dei campioni va fatto al punto di utilizzo delle acque, prevedendo una rotazione dei punti dai quali eseguire il prelievo, tenendo conto della planimetria dello stabilimento. Nel caso di acqua non da acquedotto, è importante fare prelievi per l’analisi al punto di ingresso.

Oltre a tutte le accortezze da adottare per avere un’acqua potabile (includendo anche eventuali trattamenti di disinfezione) per la preparazione degli alimenti e per la pulizia delle attrezzature e delle superfici, è comunque opportuno avere un occhio di riguardo alle pratiche messe in atto al fine di evitare contaminazione crociata di un prodotto come la mozzarella che, una volta raffreddata dopo la filatura e formatura non viene sottoposta a trattamenti termici, cosa che, se da un lato è positiva per il mantenimento della flora lattica e di tutti gli aromi che sprigiona questo prodotto, dall’altra richiede un livello di attenzione maggiore al fine di evitare contaminazioni da batteri, patogeni e degradativi.

Ti sei perso gli altri articoli del mese tematico dedicato alla mozzarella? Qui trovi l’articolo tecnico di Mirko Galliani e qui la storia di successo di Brimi in unintervista a cura di Accademia Italiana del Latte.

Bibliografia

Germano Mucchetti, Erasmo Neviani, 2006. Microbiologia e tecnologia lattiero-casearia. Qualità e sicurezza. Tecniche nuove

Cesare Corradini, 1995. Chimica e tecnologia del latte. Tecniche nuove