IN BREVE

Con un mercato globale di circa 55 miliardi di $ (in dollari USA; ovvero circa il 57% del mercato mondiale dei formaggi), le vendite di formaggi a pasta filata stanno aumentando di circa il 2% all’anno in tutto il mondo e si prevede che aumenteranno ulteriormente fino a 65,01 miliardi di $ entro il 2028. Tra questi gruppi di formaggi, i formaggi freschi a pasta filata, come la mozzarella e il fior di latte, sono i più consumati. Questo articolo fornisce una panoramica dei formaggi freschi a pasta filata, dei loro aspetti tecnologici e legati alle materie prime, concentrandosi sulla composizione, sul ruolo e sull’evoluzione del loro microbiota lungo la filiera lattiero-casearia.

Introduzione

Nel 2018, il mercato globale dei formaggi a pasta filata è stato valutato a 55.492,8 miliardi di dollari USA e si prevede una crescita annuale del 2,00% tra il 2021 e il 2028, raggiungendo i 65,01 miliardi di dollari, ovvero circa il 57% del mercato globale dei formaggi.

I formaggi a pasta filata includono prodotti freschi, come la mozzarella (latte di bufala, capra o pecora) e il fior di latte (latte vaccino), e formaggi stagionati duri e semiduri, come il caciocavallo, il kashkaval e il provolone. Le caratteristiche di questi formaggi variano in base a diversi parametri:

  1. Origine del latte: vaccino, di bufala o misto, influenzando qualità e tipologia del prodotto.
  2. Tecnologia di produzione: latte crudo, pastorizzato o trattato termicamente, con differenze legate al microbiota (fermentazione naturale o utilizzo di colture selezionate), metodi di acidificazione, modalità di filatura e formatura (manuale o meccanica), e tipo di salatura (in pasta o salamoia).
  3. Uso previsto: consumo diretto o come ingrediente in ristoranti e pizzerie.
  4. Confezionamento: che incide sulla conservazione e sull’estetica del prodotto.
  5. Durata commerciale: influenzata dalle tecnologie adottate.

Questa analisi del Journal of Dairy Science di luglio 2022, si concentra sui formaggi freschi a pasta filata, esplorando composizione, ruolo del microbiota e dinamiche lungo la filiera lattiero-casearia.

Figura 1 – Diagramma di flusso del processo di caseificazione dei formaggi a pasta filata fresca.

Aspetti storici e relativi alle merci

Origine e storia dei formaggi a pasta filata

I formaggi a pasta filata hanno radici nell’area del Mediterraneo settentrionale, comprendendo paesi come Italia, Grecia, Balcani, Turchia ed Europa orientale. La loro produzione, in particolare quella di formaggi morbidi e non stagionati, risale all’antichità, come testimoniato dagli scritti di autori latini come Plinio e Columella. Quest’ultimo descriveva una tecnica che comprendeva la coagulazione, il taglio della cagliata, l’immersione in acqua bollente e la filatura manuale.

Tra i prodotti tipici dell’Italia meridionale, il fior di latte e la mozzarella sono citati da documenti storici, sebbene la distinzione nominale tra mozzarella di bufala e fior di latte vaccino si sia consolidata solo nel XX secolo. Dal 1950, per semplificare la differenziazione, la mozzarella prodotta con latte vaccino ha iniziato a essere identificata come “fior di latte”, mentre il termine “mozzarella” è stato associato a quella di bufala.

Classificazione e tipologie

Secondo il Codice dei Regolamenti Federali USA, i formaggi mozzarella sono classificati in:

  • Mozzarella a basso contenuto di umidità (42-52% di umidità), spesso usata come ingrediente per la pizza.
  • Mozzarella ad alto contenuto di umidità (52-60% di umidità), consumata prevalentemente fresca.

Le principali categorie di formaggi freschi a pasta filata includono:

  1. Fior di latte di Agerola. Prodotto con latte vaccino crudo senza aggiunta di colture microbiche. La maturazione della cagliata avviene naturalmente per 10-12 ore fino a raggiungere un pH di circa 5, prima della filatura manuale in acqua calda.
  2. Mozzarella di bufala campana DOP. Realizzata con latte di bufala intero e siero innesto naturale, segue un disciplinare che prevede il confezionamento nel liquido di governo e un processo di acidificazione naturale.
  3. Mozzarella di Gioia del Colle DOP. Preparata con latte vaccino intero e siero innesto naturale, è caratterizzata da un sapore leggermente acido e un aroma di latte fermentato.
  4. Fior di latte Appennino Meridionale. Prodotto con latte crudo intero e siero innesto naturale, senza conservanti né additivi, con processi rigorosi che escludono l’uso di acidi organici.
  5. Mozzarella tradizionale. Realizzata con latte vaccino pastorizzato e colture naturali, il processo include una fermentazione lattica controllata e l’uso esclusivo di ingredienti naturali.
  6. Mozzarella industriale. Spesso prodotta con acidificazione diretta (acido citrico) o una combinazione di tecniche per ridurre i tempi di lavorazione e aumentare la conservabilità. Tuttavia, questa tecnica comporta una minore complessità sensoriale rispetto alla mozzarella tradizionale.
  7. Formaggi filati e fusi per pizza: Prodotti di imitazione destinati all’uso industriale, ottenuti fondendo ingredienti lattiero-caseari e cagliata con l’aggiunta di sali durante il processo.

Differenze tecnologiche e sensoriali

La filatura, processo distintivo dei formaggi a pasta filata, conferisce alla mozzarella le sue proprietà elastiche. Le tecnologie tradizionali basate su fermentazione naturale producono un profilo aromatico complesso, mentre l’acidificazione diretta porta a un sapore più standardizzato, meno complesso e meno persistente.

Studi recenti mostrano che la mozzarella industriale presenta una carica microbica inferiore e un sapore meno intenso rispetto ai prodotti tradizionali. Inoltre, il profilo aromatico dei formaggi tradizionali è influenzato dall’uso di siero innesto e dalla microflora autoctona.

Aspetti microbiologici e tecnologici

Le tecnologie microbiologiche utilizzate nella produzione dei formaggi freschi a pasta filata possono essere suddivise in tre principali modalità. La prima prevede la caseificazione del latte pastorizzato, a cui vengono aggiunti batteri lattici selezionati. La seconda consiste nel trasformare il latte crudo, al quale vengono inoculati siero innesto naturale o fermenti lattici prima della coagulazione. Infine, nella terza modalità si utilizza il latte crudo riscaldato a circa 35°C, al quale si aggiunge caglio e si lascia acidificare naturalmente, senza l’aggiunta di fermenti lattici, con una maturazione che può durare a seconda della stagione.

I microrganismi presenti nel processo possono essere accidentali, derivando da contaminazioni del latte, delle attrezzature o dall’ambiente di produzione, oppure possono essere aggiunti deliberatamente attraverso starter naturali o commerciali. La tecnologia adottata favorisce processi selettivi che consentono la colonizzazione del formaggio da parte di specifiche specie batteriche, le quali, con il loro patrimonio enzimatico e in sinergia con gli enzimi endogeni, contribuiscono alla trasformazione biochimico-fisica del latte in formaggio.

Oggi, l’approccio alla comprensione del microbiota del formaggio non si concentra più sui singoli microrganismi e le loro singole attività metaboliche, ma sulla comunità complessiva e sulle interazioni microbiche che avvengono durante la produzione. Questo approccio integrato è essenziale per comprendere come il microbiota influenzi la composizione e l’evoluzione del formaggio.

Microbiota del latte crudo

Il latte, grazie al suo elevato contenuto nutrizionale, è un substrato ideale per la crescita di numerosi microrganismi. Oltre al suo microbiota endogeno, il latte può essere contaminato da una varietà di microbi provenienti da diversi ambienti, come la pelle della mammella, il canale del capezzolo, le mungitrici, il mangime, l’aria, l’acqua, il terreno, l’erba e persino i lavoratori.

Tra i microrganismi presenti nel latte crudo fresco, si trovano batteri lattici (LAB) come Streptococcus, Lactococcus, Enterococcus, Weissella, Leuconostoc e Lactobacillus, ma anche lieviti, muffe, batteriofagi e batteri appartenenti a generi come Propionibacterium, Bacillus, Micrococcus, Staphylococcus, Pseudomonas, Ralstonia, Acinetobacter, Klebsiella e molti altri.

Il trasferimento del latte dall’allevamento al caseificio, insieme alle condizioni di conservazione, può influenzare sia la quantità che la composizione del microbiota del latte, alterando la presenza di batteri benefici, come le colture starter, e batteri deterioranti, come i Pseudomonas e Acinetobacter.

Trattamento termico del latte

Il latte crudo può essere pastorizzato aggiungendo in seguito acido citrico, acido lattico, glucono-delta-lattone (per la mozzarella acidificata direttamente) o una coltura starter commerciale. Il trattamento termico a 72°C, seguito dal raffreddamento a circa 37°C, inattiva la maggior parte dei microrganismi presenti nel latte crudo, ad eccezione di alcuni microrganismi termodurici, come alcune specie di Enterococcus, Brachybacterium, Streptococcus, Micrococcus, Kocuria e Macrococcus, nonché dei batteri endosporigeni (Bacillus spp., Clostridium spp., Paenibacillus spp.), che possono alterare la qualità del formaggio con attività proteolitiche e lipolitiche.

Inoltre, alcuni microrganismi termofili, tra cui i LAB come Streptococcus thermophilus, Lactobacillus delbrueckii, Lactobacillus helveticus, Enterococcus faecium e Enterococcus faecalis, sopravvivono al trattamento termico.

Colture starter definite e non definite

Il processo di acidificazione del latte pastorizzato può avvenire in due modalità: diretta o mediata da microbi. Nel primo caso, si aggiunge un acido direttamente al latte, che causa un’immediata azione sulle micelle sospese, favorendo la separazione del fosfato di calcio colloidale.

Nel secondo caso, l’aggiunta di colture starter, naturali o commerciali (definite o non definite), permette una fermentazione lenta e una coagulazione successiva, con la produzione di acido lattico che interagisce lentamente con le micelle.

L’uso di colture starter definite, come S. thermophilus, L. helveticus e L. delbrueckii ssp. bulgaricus, migliora la produzione di formaggi come la mozzarella, influenzandone le proprietà reologiche, fisiche e di fusione. Le colture miste, ad esempio S. thermophilus e L. helveticus, favoriscono una maggiore fusibilità rispetto a colture singole. La proteolisi e la produzione di acido sono maggiori nelle colture miste, influenzando positivamente la qualità del formaggio.

Le colture starter termofile di cocchi e bastoncelli (come S. thermophilus e L. helveticus) agiscono in simbiosi, migliorando la produzione di acido e proteolisi. L’uso di L. helveticus migliora le proprietà funzionali del formaggio, come la fusibilità. Tuttavia, l’uso esclusivo di bastoncelli può accelerare la proteolisi e ammorbidire il formaggio.

I LAB (lattobacilli, streptococchi ed enterococchi) sono selezionati per la loro capacità di fermentare il lattosio, produrre esopolisaccaridi e proteine, e migliorare le caratteristiche organolettiche. Alcuni LAB, come L. helveticus, riducono la formazione di galattosio durante la fermentazione, evitando fenomeni indesiderati come l’imbrunimento nella cottura del formaggio. Inoltre, molte colture starter commerciali sono utilizzate per garantire una produzione di formaggi standardizzata e priva di fluttuazioni.

Il siero innesto naturale, impiegato nella produzione di mozzarella tradizionale, presenta una composizione microbica complessa e variegata. Gli studi sulla composizione microbiologica del siero innesto naturale mostrano una predominanza di Lactobacillus e Streptococcus, con diversi ceppi caratteristici a seconda delle regioni di produzione. Questi ceppi sono studiati per le loro caratteristiche tecnologiche e organolettiche, influenzando il sapore e la qualità finale del formaggio.

Cagliatura e maturazione della cagliata

La tecnologia dei formaggi a pasta filata si basa su un processo che inizia con la coagulazione presamica, favorendo la formazione di un coagulo morbido ed elastico grazie all’acidità (naturale o aggiunta), che consente di ottenere una cagliata omogenea con basse perdite caseose e buona predisposizione allo sgrondo. Il processo avviene in vari stadi, dalla coagulazione del latte al taglio della cagliata, fino all’asciugatura. La fermentazione che avviene durante la maturazione della cagliata è fondamentale per ottenere le proprietà reologiche necessarie alla filatura e modellatura dell’impasto.

Il processo fisico-chimico iniziale include una polimerizzazione che arricchisce e neutralizza la micella caseosa, rimuovendo il glicomacropeptide che fungeva da protezione. La rennina del caglio scinde il legame peptidico della caseina, trasformando il κ-caseina in para-κ-caseina, che si converte in cagliata. Successivamente, il taglio della cagliata separa il siero, determinando la consistenza del formaggio finale. Per formaggi freschi a pasta filata, il gel viene tagliato dopo 15-20 minuti.

La maturazione avviene grazie ai batteri lattici, che producono acido lattico e favoriscono la depolimerizzazione e demineralizzazione della cagliata, rendendola pronta per la filatura. La composizione microbica della cagliata riflette quella delle colture naturali di siero/latte, ma durante la cagliatura e la maturazione si osserva un aumento dei batteri mesofili, come Lactobacillus e Streptococcus. Diversi studi hanno analizzato la composizione microbica della cagliata di mozzarella, trovando predominanza di batteri mesofili fermentanti il latte, con variazioni specifiche a seconda della regione e del tipo di formaggio prodotto.

Stiratura, stampaggio, salamoia e confezionamento

La filatura della cagliata è un processo fondamentale nella produzione di formaggi a pasta filata, come la mozzarella di bufala e vaccina. La tecnica sfrutta la proprietà della caseina di formare filamenti sotto certe condizioni di temperatura e acidità. La cagliata deve essere acidificata fino a raggiungere un pH compreso tra 4,9 e 5,4, durante un tempo che va dalle 3 alle 5 ore. A questo punto, il calcio nella cagliata si riduce significativamente, di circa il 75%.

La filatura può essere manuale o meccanica, con la cagliata che viene tagliata e immersa in acqua calda (80–90°C). Sebbene spesso si consideri la filatura un processo di inattivazione microbiologica, in realtà è una fase tecnologica per dare struttura ai formaggi, e non sempre è efficace nel garantire la sicurezza microbiologica. Per esempio, può ridurre il carico di E. coli O157 e O26 solo a temperature tra 78 e 80°C. Tuttavia, non sempre è sufficiente a inattivare batteri come Salmonella o Listeria monocytogenes, anche se può avere un impatto positivo su alcuni ceppi.

La salatura del formaggio, che può avvenire per immersione in salamoia o aggiungendo sale durante la filatura, varia a seconda della tecnica usata (tradizionale o industriale). La fase finale comprende il confezionamento, che può avvenire manualmente o tramite attrezzature specializzate.

La composizione microbiologica dei formaggi freschi a pasta filata, come la mozzarella, dipende dalla tecnologia utilizzata e dalle colture starter. Studi hanno mostrato una varietà di microrganismi, tra cui Lactobacillus, Streptococcus e lieviti come Saccharomyces cerevisiae e K. marxianus, che contribuiscono alle caratteristiche sensoriali del formaggio, anche se alcuni di questi lieviti possono essere patogeni opportunisti. La variazione nella composizione microbiologica riflette la produzione del formaggio, che può variare da metodi industriali con latte pastorizzato a quelli tradizionali con latte crudo.

In generale, la filatura e le successive fasi di produzione influenzano significativamente la microbiota del formaggio, ma non sempre sono sufficienti a garantire l’eliminazione di patogeni, specialmente se questi sono resistenti al calore o protetti da specifiche matrici del formaggio.

Conservazione

I formaggi mozzarella e fior di latte ad alto contenuto di umidità vengono confezionati in liquidi di condizionamento e conservati in frigorifero per un massimo di 5 giorni. La loro breve durata di conservazione è dovuta alla presenza di elevata umidità (50-60%) e bassa concentrazione di NaCl, che favoriscono un’alta attività dell’acqua, rendendo difficile limitare la crescita di batteri deterioranti e patogeni, nonostante un pH relativamente acido (5,2-5,5).

Questi formaggi possono essere contaminati da batteri come Pseudomonas, Acinetobacter, Rahnella, Listeria monocytogenes, E. coli patogeni, Staphylococcus aureus, Salmonella, e Bacillus cereus. I batteri patogeni possono sopravvivere e proliferare durante il processo, anche se non tutti vengono inattivati dallo filatura del formaggio.

Studi su mozzarella ad alto contenuto di umidità hanno rilevato la presenza di Pseudomonas, Acinetobacter e Rahnella in diverse specie, con alcuni ceppi che causano deterioramento, come la scomparsa delle caseine e la formazione di esfoliazioni sulla superficie. Anche se la composizione del liquido di governo e le modalità di produzione non sono state sempre specificate, i campioni di mozzarella hanno mostrato grande variabilità nelle caratteristiche microbiologiche e fisico-chimiche. In particolare, la mozzarella prodotta tramite acidificazione diretta aveva una qualità microbiologica inferiore rispetto ad altre varianti.

L’elevata variabilità nelle cariche microbiche, inclusa la presenza di batteri psicrotrofi, è stata associata a deterioramento come perdita di colore e alterazione del sapore. Inoltre, una maggiore prevalenza di microrganismi alteranti è stata osservata nei campioni raccolti nella grande distribuzione rispetto a quelli provenienti dal mercato locale, probabilmente a causa di una maggiore esposizione a temperature subottimali o tempi più lunghi dalla produzione al consumo.

Per prolungare la durata di conservazione di questi formaggi, sono in fase di studio tecniche come l’aggiunta di conservanti, l’uso di atmosfera modificata e rivestimenti protettivi.

Conclusioni

I formaggi freschi a pasta filata sono prodotti in tutto il mondo. Tuttavia, i formaggi fior di latte e mozzarella ad alto contenuto di umidità, prodotti principalmente in Italia e protetti da marchi di qualità come DOP, indicazione geografica protetta (IGP) e specialità tradizionale garantita (STG) europei, sono caratterizzati da un microbiota complesso costituito da un consorzio di popolazioni procariotiche ed eucariotiche la cui successione, interazioni e attività metaboliche sono mediate da un’ampia gamma di fattori biotici e abiotici che si verificano durante la produzione e la conservazione di questi formaggi e influenzano la sicurezza complessiva e la qualità tipica dei prodotti finali.

La maggior parte delle informazioni sulla composizione e l’attività complesse di tali consorzi sono state ottenute negli ultimi anni grazie alle tecnologie omiche. Tuttavia, tutti gli approcci metagenomici utilizzati in questi studi hanno preso di mira il DNA, quindi non solo i microbi vitali, ma anche quelli morti presenti nelle matrici del formaggio. Pertanto, sono necessari approcci culturomici e metatrascrittomici, più appropriati per descrivere l’effettivo microbiota metabolicamente attivo coinvolto.

Fonte: Invited review: “Fresh pasta filata cheeses: Composition, role, and evolution of the microbiota in their quality and safety”, Vincenzina Fusco, Daniele Chieffi, and Maria De Angelis. Journal of Dairy Science Vol. 105 No. 12, 2022. https://doi.org/10.3168/jds.2022-22254