Sono ormai passati diversi anni da quando nel 2015 cercai il supporto dei “dati” al sospetto che la minore produzione di latte in autunno non fosse un episodio isolato che si verificava solo in qualche allevamento ma una situazione che coinvolge la quasi totalità delle aziende di bovine da latte nel mondo; con l’eccezione che nei paesi dell’emisfero australe, ossia a sud dell’equatore, si dovrebbe parlare di “Sindrome della bassa produzione in primavera”, perché la produzione minima di latte si ha in primavera, a testimonianza del ruolo fondamentale che ha il fotoperiodo nell’eziologia di questa sindrome. Decisi all’epoca di dargli la denominazione “Sindrome da bassa produzione di latte in autunno” (SBPLA) proprio per il suo carattere tipicamente plurifattoriale, ossia per il suo essere una risultanza di aspetti genetici, ambientali, sanitari, nutrizionali e gestionali. Dal 2015 ad oggi molti allevamenti hanno rafforzato la rilevazione dei calori in estate per evitare la concentrazione dei parti alla fine di questa stagione, adottato piani alimentari per prevenire lo stress da caldo, aiutato le bovine, con docce e ventilatori, a mantenere costante la loro temperatura corporea e dato loro la possibilità di trascorrere le ultime settimane di gravidanza in ambienti freschi, non sovraffollati dove possano fare un’adeguata attività muscolare. A livello genetico non è stato possibile fare nulla. Non è stato possibile rimuovere nelle principali razze da latte il “sentire il fotoperiodo”, come forse un tempo era stato fatto come risultato della millenaria selezione genetica, o meglio premiare quei riproduttori la cui fertilità e produzione di latte non sono influenzate dal passaggio dai giorni lunghi estivi (maggiori ore di luce) a quelli invernali dove le giornate sono più corte, e viceversa.
Dopo 5 anni è doveroso fare un bilancio e verificare l’effettiva differenza che c’è tra la produzione pro-capite e il latte complessivamente prodotto a Maggio, mese solitamente molto produttivo, e a Ottobre dove in genere, quasi a parità di giorni di lattazione e lunghezza in giorni del mese (31), la produzione è sensibilmente inferiore.
Faremo quest’analisi utilizzando i dati dei controlli funzionali sulla produzione individuale delle bovine che partecipano al piano nazionale di selezione genetica, elaborati dalla Dott.ssa Alessia Tondo dell’Ufficio Studi dell’AIA, e i dati riportati dalla Commissione Europea sul latte prodotto mensilmente in Europa, Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda.

Tabella 1. Produzione di latte e giorni medi di lattazione in vacche primipare. Fonte: Ufficio Studi AIA 2019

Tabella 2. Produzione di latte e giorni medi di lattazione in vacche pluripare. Fonte: Ufficio Studi AIA 2019
In queste tabelle, in cui sono riportati dati relativi a bovine primipare (tabella 1) e pluripare (tabella 2), si vede chiaramente che la più alta produzione pro-capite negli ultimi 5 anni è stata ottenuta nel periodo Aprile-Maggio mentre quella più bassa è stata osservata generalmente tra Settembre e Ottobre, con un andamento apparentemente indipendente dai giorni medi di lattazione (DIM). Dal mese di Gennaio alla primavera i DIM e la produzione media pro-capite aumentano. Dopo l’estate la produzione pro-capite però non aumenta al ridursi del THI (indice composto temperatura e umidità relativa) e dei DIM,

Tabella 3 – Confronto tra la produzione di latte pro-capite di maggio e ottobre e i giorni medi di lattazione.
Nella Tabella 3 viene confrontata la produzione pro-capite del mese di Maggio e quella di Ottobre con i relativi giorni di lattazione dal 2014 al 2018. Interessante è osservare che da Maggio 2014 a Maggio 2018 la produzione pro-capite delle Frisone che partecipano al piano nazionale di selezione è cresciuta di ben 3.4 kg di latte, ossia del 10%. Stesso incremento può essere notato nel mese di Ottobre 2018 se confrontato con lo stesso mese del 2014. Confrontando la produzione media dei mesi di Maggio del periodo 2014-2018 con quella dei mesi di Ottobre nell’analogo arco temporale è possibile notare che la differenza produttiva oscilla da – 1.7 a – 3.0 kg nonostante una riduzione dei DIM che oscilla dai – 6 ai – 27 DIM. Una lettura sintetica di questi dati sembrerebbe evidenziare che almeno nelle bovine pluripare di razza frisona la differenza produttiva tra il mese di Maggio e quello di Ottobre negli ultimi 5 anni non sia in nessun modo migliorata.
Nelle Tabelle 4 e 5, pubblicate dalla Commissione europea, è possibile vedere l’andamento delle consegne di latte bovino in Europa negli anni 2015, 2016, 2017 e 2018. L’andamento del consegnato è diverso rispetto a quello della produzione pro-capite della frisona italiana, anche se nei mesi primaverili con 31 giorni (Marzo e Maggio) la produzione raggiunge il picco. In autunno la produzione minima si verifica a Settembre e Novembre perché rispetto a Ottobre hanno 30 giorni.

Tabella 6 – Produzione di latte in Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti. Fonte: Dairyaustralia, Dcanz, USDA.
Nella Tabella 6 pubblicata dall’USDA si può notare come negli Stati Uniti, che si trovano come l’Europa a Nord dell’equatore (emisfero boreale), il latte bovino consegnato abbia un picco che si verifica in un periodo identico a quello rilevato in Europa (Marzo e Maggio) e un minimo si verifica nei mesi di Settembre-Ottobre e Novembre. In Nuova Zelanda e Australia, che si trovano a sud dell’equatore, e quindi nell’emisfero australe, si può osservare invece la situazione opposta.
Conclusioni
Molti sono gli aspetti che è necessario analizzare per comprendere a pieno perché dopo l’estate e fino all’inverno le produzioni, proporzionate ai giorni di lattazione, sono più basse che in primavera. Molti allevatori stanno facendo ingenti investimenti per prevenire lo stress da caldo e l’infertilità estiva, e spesso è difficile quantificare il ritorno economico degli interventi fatti. Una strada semplice e poco onerosa, ma molto utile anche alla comunità scientifica, sarebbe quella di confrontare la produzione media di Maggio con quella di Ottobre, annotando con attenzione i giorni di lattazione, per verificare di quanto la differenza sia diversa dai dati relativi al periodo considerato nel presente articolo.