L’ 8 e 9 giugno 2024 i cittadini europei sono chiamati a rinnovare i parlamentari che li rappresenteranno nella UE.

L’Italia è uno dei sei Paesi europei che la fondarono e ha il diritto di esprimere il 10.7% dei parlamentari su un totale di 705. Davanti a noi solo la Germania e la Francia.

Ruminantia ha dedicato a queste elezioni un articolo dal titolo Non perdiamo questa occasione per contare qualcosa in Europa.

Per scegliere le persone giuste a cui delegare il presente e il futuro dell’agricoltura e della zootecnia bisogna conoscerle per usufruire a fondo della grande opportunità offerta dal poter votare direttamente una lista ed esprimere una o più preferenze.

Pensiamo di fare il nostro dovere dando la possibilità a voi lettori di conoscere meglio i candidati che, o per contatto diretto o perché ci hanno interpellato, si sono candidati alle elezioni europee.

Oggi intervistiamo  Dario Dongo  che si presenta nella lista Pace, Terra e Dignità nel Collegio elettorale del Nord-Est (Emilia-Romagna, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Trentino e Alto Adige).

Prima di iniziare la nostra breve intervista ci parli di lei

Avvocato, MBA, master in strategia e governance, Ph.D. in Agri-Food Systems. Mi occupo di diritto e politiche agroalimentari da 31 anni, prima come avvocato penalista, poi come responsabile ufficio legale di tutte le società italiane del gruppo Ferruzzi. Dal 2002 al 2012 ho diretto l’ufficio politiche europee e regolative, aprendo e gestendo la sua sede a Bruxelles. Nello stesso periodo, nel ruolo di presidente del gruppo di lavoro “Food Hygiene” e v.presidente di quello dedicato a “Food Safety Management” di CIAA (ora Food Drink Europe), ho anche rappresentato l’industria agroalimentare europea nel Comitato ISO TC34-SG17 che ha elaborato ISO 22000, nonché in ambito di GFSI (Global Food Safety Initiative). Nel 2010 ho co-fondato il Fatto Alimentare e nel 2012 ho fondato i siti GIFT (Great Italian Food Trade, in 10 lingue, 5,5 milioni di impressioni/mese) e FARE (Food and Agriculture Requirements), per offrire informazione indipendente e gratuita a 360 gradi sul settore agroalimentare e le sue politiche. Tali ultimi progetti editoriali esprimono le attività benefit delle mie due società a r.l. WIIISE e Wiise Chain, attraverso le quali fornisco consulenza strategica, tecnico-legale e regolatoria oltreché lobbying a livello europeo e internazionale nel settore agroalimentare. Oltre a partecipare a consorzi di ricerca in ambito euro-mediterraneo.

Quali sono, secondo Lei, le criticità nella UE relativamente all’agroalimentare e nello specifico all’agricoltura e la zootecnia?

Le politiche agroalimentari europee devono venire riformate anzitutto nei dossier che seguono.

Pratiche commerciali sleali. La direttiva UE 2019/633 deve venire riformata in modo da garantire la stima esatta dei costi effettivi di produzione delle derrate agroalimentari in ogni fase della filiera, nei singoli distretti e con periodicità mensile, la trasparenza delle borse telematiche e il divieto di vendite sottocosto (da inserire nella ‘black list’ delle pratiche sempre vietate). I consumatori devono poter conoscere i prezzi riconosciuti agli agricoltori e alle imprese di trasformazione. I controlli devono venire affidati alle autorità deputate ai controlli fiscali. In questa direzione mi ero già mosso redigendo e proponendo l’articolo 62 del DL 1/2012 che è stato purtroppo “disinnescato”, in fase di conversione in legge, sottraendo i controlli alla Guardia di Finanza. Altrettanto feci nei lavori preparatori della direttiva UE 2019/633 ove purtroppo le lobby delle oligarchie finanziarie hanno prevalso, escludendo le vendite sottocosto dalle pratiche sempre vietate. Il relatore di tale direttiva al Parlamento Europeo, combinazione, era Paolo De Castro (di recente rinominato al vertice della Filiera Italia di Coldiretti a cui partecipano tra gli altri Cremonini, Conad, Carrefour, etc.). In vista della revisione della citata direttiva ho già partecipato attivamente alla consultazione pubblica che si è tenuta ad aprile 2024.

Riforma della PAC. Le aziende agricole familiari e contadine rappresentano il 94,8% del totale, a livello europeo, ma le loro esigenze vengono tuttora ignorate in nome degli interessi (in conflitto) delle oligarchie agroindustriali, che divorano la gran parte della politica agricola comune, e dei monopolisti di sementi e pesticidi. La Dichiarazione ONU sui diritti dei contadini e dei lavoratori in aree rurali deve trovare applicazione nella PAC mediante redistribuzione sostanziale degli aiuti e semplificazione burocratica sulle condizioni sociali e ambientali, le quali dovrebbero piuttosto assumere la forma di aiuti diretti a favore delle aziende che investano su transizione ecologica e benessere animale.

Zoonosi. La suinicoltura da cui dipende il fior fiore delle DOP italiane viene tuttora ignorata dalla politica e dalle grandi confederazioni agricole, come se si trattasse di una ‘serie B’ rispetto alla zootecnia bovina, a livello nazionale ed europeo. La gestione della peste suina africana è stata tardiva e inefficace e le misure da ultimo adottate, nel DL agricoltura, rischiano di aggravare la situazione già drammatica. Bisogna invece cambiare approccio per sostituire il meccanismo della regionalizzazione con quello delle filiere bioprotette perciò sicure, come già a inizio 2022 avevo proposto al ministero della Salute e alle associazioni di categoria. A realizzarsi mediante aiuti diretti ai suinicoltori e gli operatori della filiera di trasformazione, nonché tramite negoziati in sede europea e internazionale (WOAH, ex OIE).

Si può trovare un equilibrio tra sicurezza alimentare, ossia cibo sano e disponibile per tutti, e la sostenibilità ambientale, sociale ed economica?

La riforma della PAC dovrebbe comprendere un’evoluzione, da un regime di condizionalità basato su criteri inidonei a garantire gli obiettivi dichiarati su filiere e territori peculiari, con oneri burocratici che talora superano i benefici per le aziende familiari soprattutto, a un regime di aiuti diretti a favore delle imprese che investano su transizione ecologica e benessere animale, ivi inclusa la riduzione degli antibiotici.

La ricerca in Horizon Europe deve venire orientata in questa direzione, con attenzione al grande potenziale dei biostimolanti (es. alghe, microalghe e tannini) per rafforzare il microbioma degli animali, oltre alla valorizzazione delle filiere corte e del valore nutrizionale dei prodotti alimentari di origine animale, riconosciuto tra l’altro a livello FAO.

Il Green Deal Europeo è da salvare così com’è o con aggiustamenti o è da buttare via?

È inammissibile che una Commissione europea determinata a investire 1.000 miliardi/anno nell’industria pesante degli armamenti osi imporre ai cittadini da essa costretti alla povertà di massa una “transizione ecologica” a loro carico. Ed è perciò indispensabile votare, l’8-9 giugno, l’unico movimento che si oppone a una riforma del Trattato volta a istituire una politica estera comune e una “European Peace Facility” invece voluta da tutte le altre forze politiche in campo. Si deve fermare l’economia di guerra e dedicare le risorse pubbliche alla nostra società. Politiche agricole ed economiche, armonizzazione fiscale, istruzione occupazione e welfare, sanità pubblica. Liberando gli Stati membri dal debito di 2.500 miliardi nei confronti della loro, anzi nostra banca comune europea.