La popolazione occidentale, e quindi anche quella italiana, sta invecchiando. Si stima che in Italia gli over 65 anni siano il 23.2% della popolazione attuale, che l’età media è di 46 anni e che entro il 2050 chi ha oltre i 65 anni sarà circa il 35 % degli italiani. Con l’aumentare dell’età aumenta anche il rischio di molte patologie non trasmissibili, come l’ipertensione, le malattie cardiovascolari e quelle oncologiche, per le quali si sa che lo stile di vita e l’alimentazione rappresentano importanti fattori di rischio.
Un sorvegliato speciale dell’alimentazione è il contenuto di sodio.
Questo elemento è naturalmente presente in molti alimenti semplici ma viene anche aggiunto nei cibi da preparare a casa e nelle fabbriche, attraverso il cloruro di sodio (NaCl). È bene ricordare che questo sale è composto per il 40% di sodio e il 60% di cloro e nel linguaggio comune viene chiamato semplicemente “sale”. Il cloruro di sodio viene utilizzato dall’uomo da millenni per conservare molti cibi, esaltarne il gusto e migliorarne la consistenza, ed era, per questo, considerato prezioso, al punto che la parola “salario” deriva proprio da esso. Quando la specie umana era nella fase cacciatore raccoglitore-raccoglitore l’elevato consumo di carne rispetto agli alimenti vegetali non necessitava d’integrazioni di sodio.
Nel successivo periodo, che dura fino ai nostri giorni, l’uomo agricoltore-allevatore ingeriva una maggiore quantità di alimenti vegetali che a causa dello spesso elevato contenuto di potassio richiedevano una maggior ingestione di sodio per far lavorare al meglio la “pompa sodio-potassio”. Con il passare degli anni e l’avvento dei cibi conservati derivanti dal latte e dal grano, l’integrazione delle diete con cloruro di sodio è diventata ubiquitaria in ogni angolo del mondo, anche i più remoti. Il Prof. Giovanni Ballarini in due articoli pubblicati su Ruminantia “Formaggi a ridotto contenuto di sale: sicurezza e qualità” e “Formaggi e sale : un falso problema”, ha ben raccontato il ruolo che ha il sale nell’alimentazione umana.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il fabbisogno di sodio nell’uomo è di 0.18-0.23 grammi al giorno e conseguentemente di 0.25 -1.5 grammi di cloruro di sodio. Questa organizzazione consiglia per le persone adulte un utilizzo giornaliero di meno di 5 grammi di sale, che corrispondono a 2 grammi di sodio. Per dare un ordine di grandezza facile da ricordare, basta pensare che un cucchiaino da caffè può veicolare circa 5 grammi di sale e un cucchiaio colmo circa 20 grammi. Sempre l’OMS stima che 1.28 miliardi di adulti soffrono di ipertensione e che in realtà il consumo di sale è mediamente di 9-12 grammi al giorno, con punte di 10.9 grammi della Cina e 9 grammi degli USA.
Si ritiene che gli italiani consumino mediamente 9.7 grammi al giorno di cloruro di sodio. Si stima, inoltre, che il 77% dell’assunzione di cloruro di sodio deriva da alimenti confezionati e dal ristorante, il 12% è la quello naturalmente presente negli alimenti e l’11% viene aggiunto durante la cottura e il consumo. Abbiamo detto che il sodio è ovviamente normalmente contenuto in tutti gli alimenti, in concentrazione variabile.
Per rimanere nel nostro ambito, nel latte il contenuto di sodio è pari a 0.5 grammi/litro e quindi molto basso. Le motivazioni del “salare” i formaggi sono: la formazione della crosta, la maturazione della struttura, l’esaltazione di gusto e aroma, il rallentamento della proteolisi, la prevenzione della fermentazione butirrica e l’inibizione della crescita di microrganismi indesiderati. Quest’ultima motivazione ha una grande importanza soprattutto, ma non esclusivamente, nei formaggi a latte crudo. L’Escherichia coli O157:H7 che produce la tossina Shiga resiste fino a concentrazioni di sale dell’8.5%, lo Staphylococcus aureus fino al 4% e la Listeria spp del 10-25%.
Nelle tabella sottostante viene riportata la concentrazione media di cloruro di sodio di alcuni formaggi:
A fronte delle motivazioni sopra esposte, ridurre la concentrazione di sodio dei formaggi non è molto semplice. L’alternativa al sale più comunemente utilizzata è il cloruro di potassio (KCl) che ovviamente non apporta sodio ma potassio. Questo minerale sembra aiutare nella riduzione del rischio delle malattie cardiovascolari. Anche l’abuso di potassio però può essere dannoso per la salute umana in quanto aumenta il rischio di aritmie e morte cardiaca improvvisa, soprattutto nelle persone con malattia renale cronica dove l’escrezione di potassio è compromessa.
Conclusione
Allo stato attuale delle conoscenze la riduzione della concentrazione di cloruro di sodio nei formaggi è difficile da realizzare per le molte motivazioni descritte. Questo però limita, e lo farà sempre di più, i futuri consumi di formaggi di elevato gusto e tradizione, soprattutto nella fasce più adulte e anziane della popolazione. Per salvaguardare la produzione del formaggio e il suo consumo è necessario che la ricerca scientifica e la ricerca & sviluppo dell’industria lattiero-casearia e dei consorzi di tutela incentivino gli sforzi di ricerca per ridurre all’indispensabile la concentrazione di sodio di questi prodotti del latte.