La Commissione europea ha deciso ieri, 24 luglio di registrare due nuove iniziative dei cittadini europei, intitolate “Stop Cruelty Stop Slaughter” (Basta crudeltà: fermiamo la carneficina) e “Stop cibo falso: origine in etichetta“.
L’iniziativa “Basta crudeltà: fermiamo la carneficina”
Lo scopo dell’iniziativa, così come è stato formulato dagli organizzatori, si articola in due obiettivi che richiedono:
- “che venga incentivata la produzione di proteine vegetali, compresi i sostituti vegetali di latte e uova, e la produzione di carne coltivata“;
- “che venga programmata una progressiva diminuzione degli animali allevati, in ragione del 50 % del numero degli animali in essere ogni anno, nonché che venga programmata una progressiva chiusura di tutti gli allevamenti a scopo alimentare. Si inizierà dal contenimento degli allevamenti intensivi, a seguire quelli estensivi e i macelli, quali luoghi di sofferenza e sfruttamento animale nonché luoghi pericolosi a livello di diffusione di sempre nuove pandemie e di altrettanti problemi a livello igienico e sanitario (salmonella, influenza aviaria, etc.).“
In un allegato, in cui sono riportati ulteriori dettagli sull’iniziativa, si afferma che “gli allevamenti intensivi e i macelli sono in conflitto con la Dichiarazione di Parigi e il Trattato di Lisbona i quali riconoscono a Tutti gli Animali gli stessi diritti all’esistenza e li definiscono esseri senzienti. Per questo motivo […] chiediamo il riconoscimento dell’aberrazione dell’allevare animali al solo scopo di ingrassarli e ucciderli, nonché l’aberrazione del detenere animali solo per sfruttarli al fine di arricchire chi li detiene (animali allevati e uccisi per vendere la loro carne, animali sfruttati e uccisi per la loro lana, per il loro latte o le loro uova, pulcini tritati vivi solo perché nati maschi, etc.)“.
Gli organizzatori ritengono che gli allevamenti intensivi e i macelli “rappresentano una costante minaccia alla salute pubblica” e diffondono “nuove pandemie e altrettanti problemi a livello igienico e sanitario“.
Ritengono quindi che “chiuderli, incentivando con i fondi europei la conversione delle attività esistenti nel campo della zootecnia in attività aventi ad oggetto proteine vegetali o proteine coltivate, rappresenterebbe un valido strumento di prevenzione di sempre nuove malattie“.
L’allegato menziona inoltre l’esigenza di una “ricerca verso una produzione di carne coltivata sempre più “pulita” ed “etica”, sia per il benessere animale, sia per quello dell’ambiente e a tutela della stessa salute dei cittadini“.
Capofila dell’iniziativa è la Fondazione SAVE THE CHICKENS, un Ente del Terzo Settore (ETS) riconosciuto dallo Stato e costituito a Bologna nel 2021 con lo scopo di “salvare tutti gli animali dai terribili allevamenti e dai macelli“.
L’iniziativa “Stop cibo falso: origine in etichetta”
Per quanto riguarda invece la seconda iniziativa registrata, gli organizzatori chiedono:
- “che i cittadini consumatori europei abbiano accesso a informazioni trasparenti rispetto ai prodotti alimentari che acquistano”;
- “che siano altresì rispettate le loro aspettative in termini di elevati standard di qualità e sostenibilità“;
- “che siano esplicite e chiare le indicazioni dell’origine di provenienza per tutti i prodotti che entrano nel mercato comune”;
- “che siano rispettati gli stessi standard dal punto di vista ambientale, sanitario e delle norme sul lavoro previsti nel mercato interno a tutela della salute dei cittadini consumatori e del pianeta“.
Nell’allegato che apporta ulteriori dettagli sull’oggetto, gli obiettivi e il contesto dell’iniziativa, gli organizzatori dichiarano che ritengono necessario rispettare il “principio di reciprocità per proibire l’importazione di cibo trattato con sostanze e metodi vietati in Europa” e aumentare i “controlli alle frontiere sul cibo che entra nei confini europei e nazionali“. Affermano inoltre che l’obbligo di indicazione dell’origine dovrebbe essere esteso a tutti i prodotti alimentari “al fine di prevenire le frodi, tutelare la salute pubblica e garantire il diritto all’informazione dei consumatori“.
A sostenere l’iniziativa è la Confederazione Nazionale Coldiretti, e il rappresentante degli organizzatori è Ettore Prandini.
Il parere della Commissione
Come spiegato nel comunicato stampa diffuso per annunciare la registrazione, entrambe le iniziative dei cittadini europei soddisfano le condizioni formali stabilite nella normativa applicabile. La Commissione le ritiene giuridicamente ammissibili ma, in questa fase, non le ha analizzate nel merito.
La decisione di registrare un’iniziativa si basa sull’analisi giuridica della sua ammissibilità ai sensi del regolamento sull’iniziativa dei cittadini europei, analisi che non pregiudica le conclusioni giuridiche e politiche a cui arriverà Commissione su tali iniziative o le azioni da intraprendere qualora una di esse ottenga il sostegno necessario di almeno un milione di cittadini dell’UE.
Il comunicato specifica quindi che il contenuto delle iniziative esprime esclusivamente il punto di vista degli organizzatori e non può in alcun modo considerarsi rappresentativo del parere della Commissione.
Cosa sono le iniziative dei cittadini europei
Si tratta di uno strumento che consente ai cittadini europei di influire sul programma di lavoro della Commissione.
Una volta registrata ufficialmente, consente a un milione di cittadini provenienti da almeno sette Stati membri di chiedere alla Commissione europea di proporre atti giuridici nei settori di sua competenza. Per essere ammissibile, l’azione proposta 1) non deve esulare manifestamente dalla competenza della Commissione di presentare una proposta di atto giuridico, 2) non deve essere manifestamente ingiuriosa, futile o vessatoria, 3) né manifestamente contraria ai valori dell’Unione.
Da quando è stata istituita nel 2012, la Commissione ha registrato 116 iniziative. Tra le più conosciute troviamo l’iniziativa “End the cage age”, che ha lo scopo di eliminare gradualmente l’uso delle gabbie negli allevamenti di tutta Europa e che dopo aver raggiunto il milione di firme è stata discussa dalla Commissione europea.
Prossime tappe
Dal 24 luglio, data di registrazione delle iniziative, gli organizzatori hanno sei mesi di tempo per avviare la raccolta delle firme. Se le iniziative otterranno entro un anno almeno un milione di dichiarazioni di sostegno, raggiungendo il numero minimo di firmatari previsto in almeno sette diversi Stati membri, la Commissione sarà tenuta a reagire, decidendo se intervenire o no in risposta alla richiesta e motivando la decisione.