Il 13 settembre scorso l’UE ha autorizzato gli Stati membri a versare anticipi più elevati dei fondi della politica agricola comune (PAC) ai produttori agricoli, al fine di contribuire ad affrontare i problemi di liquidità che molti di loro si trovano quotidianamente ad affrontare (leggi QUI!). Il successivo 16 settembre Agea ha divulgato una circolare per disciplinare il pagamento di questi anticipi PAC, dichiarati erogabili a partire dal 16 ottobre 2024 fino al 30 novembre 2024 (leggi anche “Novità anticipi PAC 2024: le indicazioni di Agea per i pagamenti“).

Da quel che si legge in rete e dalle segnalazioni giunte alla nostra redazione però, sembra che, in questo arco temporale in cui sarebbero dovuti arrivare i ristori, qualcosa non abbia funzionato e numerosi agricoltori e allevatori, peraltro prevalentemente ricadenti in zone rurali e marginali, si siano ritrovati letteralmente a mani vuote, con le pratiche impigliate nel groviglio di una burocrazia di cui poco si capisce.

Non sappiamo esattamente dove si possa essere inceppato il meccanismo, riteniamo però importante parlare di quanto sta succedendo in modo tale che si riesca a fornire insieme delle soluzioni rapide e concrete a chi sta vivendo questi disagi.

Per tale motivo, nell’ambito della nostra rubrica “Lettere alla redazione“, oggi abbiamo deciso di dare spazio ad una di queste realtà che, travolta dai suddetti disagi, si è rivolta a noi con la speranza di dare la giusta evidenza alla problematica in atto e poter ricevere quanto prima delle risposte al riguardo.

La lettera

Scrivo questa mail ormai allo stremo delle forze, in mio nome ed in quello di tutti coloro che stanno vivendo la stessa surreale situazione, nell assoluto silenzio della Politica, tutta, e delle Associazioni di Categoria, meglio note come CAA – Centri di Assistenza Agricola. Eccezion fatta, pardon, per una misera dichiarazione del Direttore Agea, rilasciata ad Agricolae.EU proprio negli ultimi giorni.

Scrivo questa mail con un groppo in gola, pensando ai ridondanti proclami che avevano prospettato una realtà diversa, illudendo gli agricoltori e gli allevatori per l’annata 2024: gli anticipi Pac sarebbero stati erogati in percentuali più corpose, e nel minor tempo possibile.

Invece mi trovo qui, dopo un brusco risveglio, a scrivere per me e certamente per molte altre aziende agricole che come me si trovano nella medesima situazione e che proprio in questi giorni stanno definitivamente perdendo ogni speranza, nella vana attesa dei tanto essenziali acconti Pac che sarebbero dovuti arrivare entro il 30 novembre u.s.

Non senza una certa apprensione, tutte queste aziende agricole stanno cercando di immaginare il loro futuro, quello delle loro attività e delle loro famiglie, a fronte di unico, misero comunicato stampa ufficiale ad oggi emesso da Agea Nazionale rivolto esclusivamente alla Regione Sardegna ed al suo Organismo Pagatore Regionale (Argea Sardegna).

Un comunicato del tutto insufficiente quindi a spiegare il perché di tale vergognoso ritardo nell’erogazione in TUTTA ITALIA… addirittura, anche rispetto agli anni passati!

Il problema della non erogazione degli acconti Pac 2024, parrebbe essere una serie di anomalie verificatesi a partire da quest’anno.

Tali anomalie, si sarebbero verosimilmente generate dall’adesione di Agea alla “carta dei suoli“, rispetto al monitoraggio satellitare utilizzato fino agli anni scorsi. Questo, unitamente all’utilizzo di algoritmi e I.A., avrebbe comportato un errata interpretazione dei rilevamenti fatti su alcune particelle contenute nei fascicoli aziendali di migliaia di aziende, soprattutto quelle aventi la dicitura “pascolo cespugliato”.
Neppure gli oliveti secolari però sono usciti incolumi da questi rilievi, trasformandosi d’improvviso in “bosco” generando così gravi discordanze, tanto da comportarne l’esclusione dalle domande di pagamento.

Per non parlare delle carciofaie, improvvisamente divenute vigneti!

Facile dedurre come a farne ovviamente le spese siano quelle decine di migliaia di aziende agricole che di fatto vengono identificate con il blasonato appellativo (solo a parole!) di “allevatori ed agricoltori custodi” di biodiversità agricole ed animali, in realtà attività geograficamente confinate a lavoro in zone difficili, il cui operato risulta tuttavia essenziale proprio per la preservazione degli ambienti rurali estremamente diversificati di cui è formato il territorio Italiano.

Parlo di quelle realtà che occupano la fascia montana, ma anche di coloro che riescono sapientemente a pascolare gli animali in zone impervie, rocciose e con presenza di molti cespugli, nonché di persone che da generazioni custodiscono oliveti centenari di interesse nazionale e comunitario.

Queste variopinte e frammentate realtà agricole, tra cui infilo anche la mia piccola, piccolissima e bizzarra attività di allevatrice di pecore “strane” in un Appennino nudo e crudo, sono proprio quelle Aziende che hanno visto venir meno l’importante aiuto comunitario, che in realtà gioca un ruolo strategico atto a scongiurare l’abbandono di quei luoghi.

Parlo di quel piccolo incentivo che consente di rimanere egualmente produttivi, anche se i mercati sigillano accordi con nazioni favorite da burocrazia irrisoria e minori controlli (vedi #Mercosur) ed anche se a volte potrebbe sembrare quasi controproducente rimanere aperti.

Queste piccole aziende, tuttavia, forniscono un altro tipo di “rendita” aggiuntiva per il Paese, troppo spesso sottovalutata: quella generata dalla prevenzione degli incendi e del rischio valanghe, proprio mediante il pascolamento degli animali da reddito ed attraverso la coltivazione di piccolissimi e scoscesi appezzamenti.

E questo “servizio” che questi piccoli allevatori ed agricoltori rendono allo Stato, che immenso valore avrebbe se davvero dovessimo quantificarlo in termini di prevenzione dei rischi?

E ancora, gli acconti PAC sono gli stessi piccoli incentivi che contribuiscono in quelle zone alla produzione di ortaggi, carni, salumi, formaggi (lana, ci metto anche del mio!) ed olio di altissima qualità – quella stessa qualità italiana di cui si riempiono tanto la bocca i politici a parole, ma che si trasforma poi in un nulla di fatto… o addirittura, come in questo caso, ad una forte penalità nel non avere (e soprattutto nel non poter utilizzare!) un territorio lineare ed omologato!

L’Italia non è fatta di sole pianure lineari e rigogliose, e questo lo sappiamo bene noi, gli amici sardi del CSA e loro associati, con cui siamo in costante contatto dall’inizio di questa triste vicenda, ma anche altri colleghi agricoltori ed allevatori ed i loro tecnici ed agronomi di Sicilia, Calabria, Piemonte, Campania e del resto d’Italia, che oggi fanno tutti il conto con un pericoloso ed inquietante ritardo nell’erogazione della Pac.

Ironia della sorte, proprio quelle aziende che maggiormente ne avrebbero avuto bisogno, ancor prima delle altre realtà iperproduttive!

Alcuni piccoli Centri di Assistenza Agricola ed i loro Operatori Indipendenti di tutte le Regioni d’Italia che hanno riscontrato anomalie (compreso il mio Tecnico, che ringrazio), nonché il Centro Studi Agricoli della Sardegna, sono stati infatti gli UNICI che ANTICIPATAMENTE nelle riunioni sulla nuova PAC – tra l’altro registrate dai funzionari Agea! – avevano manifestato perplessità nell’adozione della fatidica carta dei suoli, evidenziando la concreta difficoltà in un così breve lasso di tempo ad aderire alle PLT (Pascoli Locali Tradizionali, che consentono il pascolo cespugliato ma con percentuali di tara su ogni singola particella troppo alte, a fronte di un incentivo però minimo, irrisorio), comprese le problematiche logistiche dovute all’apertura di centinaia di istanze alle Regioni (demandate all’autorizzazione delle PLT) per la lavorazione delle singole pratiche e, non di meno, i “SUPERI” di conduzione per le particelle condivise, come nel caso degli usi civici.

A conti fatti, quindi, l’adozione della carta dei suoli penalizza aziende agricole che già ricadono in territori disagiati, scoscesi e impervi, favorendo altresì le grandi colture standardizzate e gli allevamenti a stabulazione fissa – che non me ne vogliano, ma di pascolo cespugliato difficilmente ne incontrano qualcuno!

È quindi questa la tanto decantata politica “Green” che ci attende?

È questa l’attenzione per le piccole e medie aziende che rappresentano oltre la metà del nostro patrimonio agricolo?

In questo clima che non si prospetta per nulla roseo per migliaia di aziende, perdonerete un commento personale, da piccola allevatrice di pecore Sopravissane nel cratere sismico Marchigiano che con il maledetto terremoto del 2016 ha perso casa e stalla, ma ha deciso lo stesso di rimanere tenacemente ancorata qui in montagna, per dare il suo PERSONALE contributo alla rinascita.
Quel cratere sismico, SÌ, quella ferita aperta del Centro Italia che ha visto crollare esistenze, vite ed interi paesi. Quello stesso Centro Italia che oggi viene continuamente ornato di termini quali “resilienza”, “rinascita”, “ripartenza”.

Beh, avete ragione a parole, politici tutti. L’Appennino potrebbe davvero essere una fucina di occupazione e di lavoro, di ripopolamento e custodia di borghi abbandonati, di salvaguardia di un intero territorio – inginocchiato sì dagli eventi sismici, ma che potrebbe tornare estremamente prezioso soprattutto in questo momento storico, dove il cambiamento climatico ha già mostrato il suo volto… che peggio ancora potrebbe diventare.

L’Appennino potrebbe diventare un luogo sicuro, mitigando temporaneamente il disagio dell attuale innalzamento delle temperature che già nelle scorse, torride estati, hanno mietuto vittime tra anziani, bambini e soggetti fragili residenti nelle grandi città.

Potrebbe, certo.

Ma non sono certo queste le azioni e la cura che si dovrebbe avere per contrastarne lo spopolamento e favorirne la rinascita, l’insediamento e lo sviluppo.

Vorrei fosse chiaro che non pretendiamo nulla più di quello che ci spetta, ovvero quello che regolarmente abbiamo percepito negli anni precedenti. Nessun plauso, nessuna pacca sulle spalle per il coraggio a popolare certe zone rurali d’Italia, nessun “bravi” per la dignitosa sofferenza ed il decoro mantenuto finora, anche di fronte al più vergognoso dei silenzi in merito.

Ora però, è tempo di doverose ed esaustive risposte, giunte solo in maniera frammentaria attraverso un misero comunicato dai toni chiaramente stizziti, rilasciato dal Direttore di Agea Nazionale e da lui personalmente indirizzato (esclusivamente!) alla Regione Sardegna… Quando in realtà, e lo si sa benissimo, più di mezza Italia è in ginocchio da Nord a Sud per le stesse, surreali anomalie!

A conti fatti, le stesse dichiarazioni rilasciate e poi ribattute da altre testate, si traducono nuovamente in una mera conferma dell’ulteriore, preoccupante ed angoscioso ritardo per la risoluzione delle anomalie e l’erogazione dei fondi poiché, cito testualmente: “[…] sarà possibile procedere correttamente al pagamento dei saldi dei contributi attesi dai nostri agricoltori nei tempi previsti dalla normativa europea“.

Ovvero? In parole povere? Entro il 30 giugno.

È lingua italiana, noi siamo gente semplice e vero, ma non analfabeti… e siamo stanchi dei giochi di parole!

Ma come si sopravvive con il bestiame bisognoso di foraggio, ricoverato al chiuso durante l’inverno nelle zone di montagna, aspettando il 30 giugno?
Come si sopravvive con le sementi da comprare, con i campi da predisporre per la lavorazione in primavera, di qui fino al 30 giugno?
Come si pagano le fatture ai consorzi, le rate del trattore e le tasse, che tanto sollecitate e che già reclamano gli arretrati?

Sappiate che c’è mezza Italia Agricola che aspetta risposte RAPIDE e RISOLUTIVE a queste problematiche.

Dimenticavo: Buon Natale…

Silvia Bonomi, il CSA Sardegna con i suoi Associati, e tutti gli allevatori e gli agricoltori Italiani con le summenzionate “anomalie”.