Ammettiamolo, quando sentiamo parlare di “lobby” la mente corre subito a loschi figuri in completi eleganti che tramano nell’ombra per influenzare le decisioni dei potenti. In Italia, poi, il termine ha una brutta reputazione, quasi sinonimo di malaffare e corruzione.

Ma è davvero così? In realtà le lobby non sono altro che gruppi di persone che, pur non facendo parte del governo o ricoprendo cariche istituzionali, cercano di influenzare le decisioni politiche su temi che li riguardano da vicino. Come direbbe la Treccani, fanno “pressione su chi ha facoltà di decisioni politiche” per ottenere favori che rispondano ai loro interessi.

Quindi, niente complotti da film noir o valigette piene di banconote. Solo persone (o meglio, gruppi di persone) che cercano di farsi sentire e di avere voce in capitolo nelle decisioni che li riguardano.

Insomma, non il male assoluto. Certo, non tutte le lobby sono uguali e alcune potrebbero anche utilizzare metodi discutibili per raggiungere i loro obiettivi. Ma nella maggior parte dei casi, si tratta semplicemente di cittadini che si organizzano per difendere i propri diritti e interessi.

Vediamo da più vicino di cosa si tratta.

Lobby, lobbisti e lobbying

Le lobby, o gruppi di pressione, sono entità collettive (aziende, associazioni di categoria, ordini professionali, organizzazioni ambientali) che cercano di influenzare le decisioni pubbliche per promuovere i propri interessi.

Un lobbista, dunque, è un professionista che sviluppa una relazione con le istituzioni e con gli esponenti e rappresentanti della politica, fornendo loro dati e informazioni che rappresentino le necessità dell’entità che rappresenta. Il lobbista non lavora (solo) per le aziende: può infatti accadere che le lobby si formino per fare pressione su cause sociali, come temi di natura ambientale o di rappresentanza dei diritti degli individui.

Con il termine lobbying si indicano al tempo stesso le modalità e l’insieme delle attività con cui i gruppi d’interesse cercano di esercitare la propria influenza sul potere politico e amministrativo. La credenza popolare di incontri segreti e riunioni clandestine in luoghi riservati ed esclusivi è piuttosto fantasiosa. Le sessioni di lobbying con i politici avvengono direttamente nei palazzi e negli ambienti istituzionali, dove i lobbisti presentano dati e analisi, sollecitando l’adozione di provvedimenti che possano favorire le imprese o le associazioni che rappresentano. I funzionari pubblici, dopo aver interagito pubblicamente con rappresentanti di diversi gruppi di pressione, devono quindi raccogliere le informazioni, mediare tra le varie posizioni e assumere una decisione che tenga conto delle esigenze dell’interesse pubblico.

Le lobby utilizzano diverse strategie per influenzare i decisori pubblici, che analizziamo più nel dettaglio di seguito.

Lobbying diretto

Comprende le interazioni dirette tra i gruppi di interesse e i decisori politici. Si avvale di incontri, scambi di informazioni, presentazioni di proposte e argomentazioni. Punta a convincere i politici a supportare le posizioni e le istanze del gruppo di interesse. Richiede accesso privilegiato alle sedi istituzionali e ai decisori politici.

Ne sono un esempio: riunioni con parlamentari, audizioni presso commissioni parlamentari, invio di lettere e documenti informativi.

Lobbying indiretto

Mira a influenzare le decisioni politiche indirettamente, attraverso l’opinione pubblica e l’utilizzo dei media. Comprende campagne di sensibilizzazione, attività di comunicazione, mobilitazione di cittadini e stakeholder. Cerca di creare un clima di opinione favorevole alle posizioni del gruppo di interesse. Può avvalersi di strumenti come i social media, la pubblicità, le pubbliche relazioni, le proteste pacifiche. L’obiettivo è di creare un ambiente favorevole alle proprie posizioni o interessi, aumentando la pressione sui decisori politici.

Ne sono un esempio: campagne di sensibilizzazione sui social media, organizzazione di petizioni, pubblicazione di articoli e studi, partecipazione a manifestazioni pubbliche.

Le lobby a Bruxelles

Bruxelles, sede delle più importanti istituzioni europee, è anche la vera patria europea delle lobby. Secondo alcune stime, infatti, è lì che si concentrerebbero almeno 1.770 gruppi di lobby di ong e associazioni senza scopo di lucro e 1.500 gruppi di lobby di altrettante aziende che hanno colloqui diretti con le istituzioni europee. Tra i giganti troviamo multinazionali come Google, Facebook, Microsoft, Apple e Amazon ma anche molte associazioni di categoria e sindacati.

Ogni settore industriale è pronto a sborsare cifre considerevoli per farsi “sentire” ed è tenuto a mettere a bilancio i soldi per le attività di lobbying. A Bruxelles nel 2020, le industrie chimiche tramite la sigla di associazione European Chemical Industry Council hanno impiegato circa 9 milioni di euro in attività di lobbying, seguite, quasi ironicamente, dagli ambientalisti riuniti sotto la sigla European Environmental Bureau che ha destinato almeno 7,2 milioni di euro all’attività di lobbying a Bruxelles.

Per controllare le attività dei rappresentanti di interessi nel 2021, il Consiglio dell’Unione Europea, la Commissione ed il Parlamento hanno adottato nuove regole, rendendo obbligatoria l’iscrizione dei rappresentanti d’interesse al Registro per la trasparenza, nel caso le attività di pressione mirino ad influenzare gli ambiti legati al processo di decision-making, di creazione legislativa e di policy. L’ingresso nel Registro è subordinato al rispetto di un codice di condotta comune per tutti i lobbisti, mentre per i membri del Parlamento vige l’obbligo di pubblicazione degli incontri con i portatori d’interesse.

Il Consiglio la Commissione e il Parlamento europeo utilizzano un registro comune per la trasparenza che può liberamente essere consultato da ogni cittadino.

Le lobby in Italia

In Italia, la regolamentazione delle attività di lobbying è frammentaria e carente. Non esiste una legge quadro nazionale che definisca in modo organico il fenomeno e ne disciplini le modalità di svolgimento.

Ciò significa che non vi è un obbligo di iscrizione per i lobbisti, non sono previste sanzioni per le violazioni delle norme e la definizione stessa di lobbying è piuttosto vaga.

Tuttavia, alcune norme sparse in diversi atti normativi e regolamenti, a livello nazionale, regionale e comunale, cercano di disciplinare le attività di rappresentanza di interessi.

Le principali fonti normative sono:

Nonostante la mancanza di una legge quadro, negli ultimi anni si è assistito a un crescente dibattito sulla necessità di una maggiore regolamentazione del lobbying in Italia.

Nel 2022, la Camera dei deputati ha approvato un disegno di legge sul lobbying, che però è ancora in fase di discussione al Senato.

Quando le lobby diventano un problema la soluzione è regolamentarle 

In sistemi che non regolamentano in modo trasparente il rapporto tra lobby e decisori pubblici, si rischia che i gruppi di pressione più potenti, con maggiori risorse finanziarie e connessioni con la politica, ottengano vantaggi ingiusti a scapito di altri portatori di interessi. Questo porta a decisioni pubbliche non ottimali per la collettività, che favoriscono solo gli interessi delle lobby economicamente forti.

Il problema è presente sia nei sistemi pluralisti, come quello statunitense, dove le lobby sono formalmente regolamentate ma alcune hanno un potere di influenza maggiore (ad esempio, la lobby delle armi), sia nei sistemi neo-corporativi, come quelli tedesco e italiano, dove la politica interloquisce con gruppi di pressione selezionati in base alla loro numerosità, rappresentatività e influenza.

La soluzione non è solo regolamentare le lobby, ma sviluppare un sistema decisionale trasparente che renda pubblici i fattori che influenzano le decisioni pubbliche, compresi gli interessi rappresentati dalle lobby.

L’Unione Europea prevedendo un modello di trasparenza e rendicontazione dei rapporti tra lobby e istituzioni è sicuramente un esempio da seguire. Guardare al modello europeo potrebbe rivelarsi utile per trovare una soluzione al problema delle lobby in Italia, che spesso fatica ad affrontare il tema in modo obiettivo e pragmatico.