Formaggi e latti acidi: antiche e raffinate tecnologie

I latti acidi, e soprattutto i formaggi, sono comunemente ritenuti alimenti non solo tradizionali ma anche naturali, dimenticando che sono invece frutto di raffinate tecnologie, inventate e sviluppate dall’uomo in tempi preistorici, unitamente ad altre tecnologie fermentative con le quali ancora oggi sono prodotti alimenti tradizionali come il pane, la birra, il vino e altre bevande inebrianti. Questi alimenti innovativi e solo umani sono così nuovi che le società umane dell’epoca, nelle quali sono stati inventati e diffusi, hanno dato loro nomi diversi e hanno sentito la necessità di avvallarli dandogli un’origine divina, come è il caso del vino che sarebbe stato inventato da Osiride, dio egiziano dell’agricoltura, o nella Bibbia da Noè, che sceso dall’Arca dopo il Diluvio Universale pianta una vigna e con l’uva fa il vino. Lo stesso succede per il pane.

Latti acidi e coagulazione presamica

Nei dizionari e nel comune parlare i termini yogurt, latte acido, giuncata, e in molti casi il cosiddetto latte cagliato, sono spesso sinonimi. Secondo le consuetudini lo yogurt è distinto in base alla sua consistenza omogenea, coagulo liscio, compatto e se il siero è presente ma disperso nella massa cremosa. Ponendo in un cestello lo yogurt, il liquido è eliminato per filtrazione, e da qui deriva la giuncata che per certi aspetti può anche considerarsi un formaggio fresco, anche se il formaggio è quello che deriva dalla formazione di un coagulo di una sola componente del latte: la caseina. A questo riguardo è necessario precisare che nel latte acido la caseina è raggrumata, o sta per raggrumarsi, in fiocchi (flocculazione) inseriti nel liquido sieroso, mentre nel latte cagliato il siero è in gran parte trattenuto nella caseina gelificata. Diviene quindi indispensabile dare alcuni chiarimenti sulla coagulazione e sulla cagliatura della caseina del latte, e su come sono provocate.

Con l’acidificazione la caseina si rapprende in fiocchi (flocculazione), mentre con la cagliatura provocata da particolari enzimi la caseina si trasforma in un gel (gelificazione). I due diversi modi di reagire della caseina dipendono dalle sue caratteristiche, essendo una proteina “anfotera” che pur mantenendosi fluida ha la capacità di reagire da acida con le basi forti e da alcalina con gli acidi forti. Questa caratteristica permette alla caseina di rallentare la coagulazione quando il latte è acidificato dall’acido lattico prodotto dall’azione dei batteri sul lattosio del latte, e la flocculazione o la gelificazione avvengono solo quando il numero di componenti acidi liberi è identico a quello degli ioni liberi alcalini. Nel latte il rapporto tra ioni liberi e componenti associati può essere rotto anche dall’aggiunta di un sale, e per questo determinate quantità di solfato di sodio provocano una flocculazione della caseina.

L’acidificazione del latte per produrre latti acidi può essere ottenuta con l’aggiunta di succo di limone o aceto, pratica quest’ultima già suggerita nell’antichità da Marco Terenzio Varrone (116 a. C. – 27 a. C.) nei passi in De re rustica (II, 11) dedicati al formaggio. L’acidificazione indotta artificialmente, e non dovuta alla fermentazione naturale provocata dai batteri, è attualmente praticata in alcuni formaggi freschi, ad esempio il mascarpone e le robioline di Lecco, prodotti con l’aggiunta di un pò di agra, il siero acido proveniente da una precedente caseificazione. La caseina si mantiene anche per la presenza nel latte di microbi proteolitici che la scindono in componenti più semplici. Il latte coagulato o cagliato è più digeribile, e questo spiega la presenza di enzimi caglianti nello stomaco dei neonati, mentre il carattere anfotero della caseina e la presenza della flora proteolitica impediscono il coagulo del latte nella mammella.

La coagulazione della caseina oltre che con l’acidificazione, può essere ottenuta per via enzimatica e mediante l’aggiunta del caglio che può essere di origine animale o vegetale. La cagliatura ottenuta per via enzimatica fornisce risultati leggermente diversi da quelli della coagulazione ottenuta per acidificazione. Mentre quest’ultima è una vera e propria flocculazione in cui il siero tende a separarsi nettamente dalla caseina, la cagliatura per via enzimatica è una gelificazione nella quale il siero tende ad essere inglobato nel gel. Anche per questo nella caseificazione la cagliatura ha preso il sopravvento, anche se spesso nella pratica casearia cagliatura e coagulazione tendono, almeno in parte, ad assommarsi.

Cagli vegetali, animali e microbici

Certamente i latti acidi con le loro diversità precedono i primi latti fatti coagulare con cagli, e i cagli vegetali precedono quelli di origine animale. Molto probabilmente i cagli vegetali sono stati scoperti casualmente, osservando che talune erbe aggiunte al latte, come vivanda o per aromatizzarlo, lo fanno coagulare. Tra questi vegetali vi sono i fiori di Cardo o Carciofo Selvatico (Cynara cardunculus) ed i fiori di carciofo (Cynara scolymus L.), come già in epoca romana riferiscono Marco Terenzio Varrone e Lucio Giunio Moderato Columella (4 d. C. – 70 d. C.) in De re rustica (VIII, 8), ma fin dall’antichità si conosce l’attività cagliante del lattice fuoriuscente dai tagli delle parti verdi dell’albero del fico (Ficus carica), e delle foglie fresche e giovani di Carlina acanthifolia All. subsp. acanthifolia. Altri vegetali con azione coagulante il latte sono Erba medica (Medicago sativa), Gallio (Gallium verum o caglio zolfino), Piantaggine (Plantago lanceolata), Borsa del Pastore (Capsella bursa pastoris) ed altre erbe soprattutto della famiglia delle Rubinacee, anche se meno efficaci del Carciofo Selvatico. I coagulanti vegetali sono oggi oggetto di specifiche indagini scientifiche per produrre formaggi preparati senza l’uso di organi animali e per rispondere alle esigenze dei vegetariani e degli Ebrei. Tra questi formaggi sono da menzionare il marchigiano Caciofiore della Sibilla e la Caciotta del Montefeltro.

Per i cagli di natura animale è molto probabile che l’idea del loro impiego sia partita dall’osservazione che i neonati coi ruttini emettono del latte cagliato. Ciò ha forse fatto intuire che lo stomaco fa cagliare il latte, ma anche la cottura nel latte di visceri animali può aver contribuito a capire che lo stomaco di giovani mammiferi lattanti ha questo potere. Il caglio animale è estratto dallo stomaco (abomaso) di vitelli, ovicaprini lattanti o maiale, ed è oggi considerato uno dei migliori dal punto di vista qualitativo. La maggiore efficacia di questo caglio rispetto a quello vegetale è dovuta anche al fatto che possiede batteri acidificanti che per effetto sinergico potenziano gli enzimi animali.

I cagli o coagulanti microbici ora in uso sono economici ma di qualità inferiore per un’attività proteolitica meno specifica e sono estratti da una muffa (Mucor miehei) od ottenuti da microrganismi geneticamente modificati (Aspergillus niger var. awamori, Kluyveromyces lactis o Escherichia coli). La loro attività è dovuta alla chimosina, l’enzima più pregiato del caglio.

Parole e tecniche un continuum

La coagulazione del latte si pone in un continuum che parte dal latte acido, passando allo yogurt fino alla giuncata e ai formaggi freschi, con l’intermezzo del passaggio dalla coagulazione alla cagliatura, arrivando ai formaggi stagionati con la partecipazione di enzimi caglianti e di una microflora acidificante, in un cammino marcato da molti nomi che cambiano nel tempo e con le diverse culture umane. Un cammino questo che non è lineare, ma un intreccio di percorsi anche interrotti ai primi o agli ultimi stadi di un continuum che dipende da situazioni che impongono l’adozione delle tecniche e dei metodi più adeguati a soddisfarne le specifiche esigenze. In modo analogo avviene per le denominazioni attribuite alle trasformazioni del latte per le quali, per esempio, in area celto-germanica, i termini indicanti il formaggio (germanico Kaas, Kase e celtico caise, caws) sono prestiti dal latino caseum, mentre è specifico dei popoli per lungo tempo semi-nomadi, come gli slavi, il termine syr per il latte acido, mentre per gli islandesi skyr è il tipo di yogurt a fermentazione alcolica, ottenuto partendo dal latticello, anche se vi è una qualche analogia tra syr e il serum (siero) latino.

 

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, é stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie. 

Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri. 

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastrononie.