Cristalli nei formaggi
I formaggi grana sono prodotti in forme tipiche, rotonde e di grandi dimensioni che, dopo una prolungata stagionatura, sono aperte con l’uso di particolari coltelli a forma di mandorla con lo scopo di spaccare il formaggio secondo linee naturali, mostrando una struttura con la presenza di granuli, maggiormente visibili se questo è tagliato anziché spezzato. Da tempo è noto che i granuli sono costituiti da cristalli di tirosina e calcio, che sono i responsabili della denominazione di grana data a questi formaggi, i più tipici dei quali sono il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano e il Trentingrana. Oggi però sono anche altri i formaggi che presentano granuli, che possono avere una diversa composizione.
Granuli e cristalli nei formaggi
I granuli e i cristalli nei formaggi non sono soltanto una curiosità o un indice di lunga maturazione ma anche un oggetto di un interesse scientifico che risale a più di un secolo fa e che non riguarda solo i formaggi grana. Dagli anni settanta del secolo scorso, la formazione e la composizione dei granuli nei formaggi sono divenute oggetto d’interesse da parte dell’industria e dei ricercatori, perché i cambiamenti nella tecnologia di produzione dei formaggi e le modificazioni delle richieste dei consumatori, con la produzione di prodotti più stagionati o realizzati con nuovi sistemi, hanno provocato un aumento della presenza di cristalli. Inoltre, capacità analitiche avanzate hanno consentito di identificare nuove specie cristalline, di chiarirne l’origine e i fattori causali e di comprendere meglio il loro contributo alla consistenza del formaggio.
Dalle ricerche compiute è ora evidente che nei formaggi è presente una miriade di cristalli a base organica e inorganica. Alcuni si formano di preferenza sulla superficie dei formaggi senza crosta o con crosta, altri nelle cavità nelle occhiature sferiche che si creano nel corpo di alcuni formaggi e altri ancora sono incorporati nella pasta del formaggio. La formazione di cristalli influenza anche la consistenza del formaggio, sia come conseguenza diretta della loro abbondanza, dimensione, forma e durezza, sia come risultato indiretto di eventi fisico-chimici connessi alla loro formazione.
Consumatori e granuli nei formaggi
La presenza di granuli nei formaggi tradizionali come i grana è solitamente considerata un criterio di qualità e quindi un carattere non solo positivo, ma ricercato. Diversa è la risposta dei consumatori alla comparsa o ad una maggiore presenza di granuli o cristalli in formaggi che prima non presentavano questa caratteristica. Da un lato, i cristalli superficiali di lattato di calcio pentaidrato sul formaggio Cheddar sono stati visti negativamente perché spesso scambiati come una crescita di muffe e considerati, quindi, come un deterioramento del prodotto. Questo ha suscitato la preoccupazione dei produttori di formaggi ed ha portato alla ricerca delle cause in modo da sviluppare strategie per limitare o prevenire la formazione di pentaidrato di lattato di calcio. Allo stesso tempo, altre forme di cristallizzazione sono state viste dai consumatori come caratteristiche positive: per questo, oggi, i produttori di formaggi artigianali e tradizionali sono quelli che hanno più da guadagnare dai progressi nella ricerca sui cristalli dei formaggi.
Chimica e fisica dei cristalli dei formaggi
Molte sono le varietà di sali presenti nel latte che cristallizzano per l’azione di fermentazioni e dell’opera di batteri e muffe. Mentre il formaggio si asciuga, matura e i microrganismi agiscono, i sali e taluni aminoacidi liberati dalla scissione delle proteine prima in soluzione cristallizzano, dando anche al formaggio una gradevole e leggera consistenza cristallina e quasi sempre un sapore robusto e maturo. Non tutti i formaggi sviluppano questi cristalli, perché la loro formazione dipende dal tipo di proteine e dalla loro concentrazione. Il processo di cristallizzazione è analogo a quello di qualsiasi altro cristallo minerale; in questo caso, però, la materia prima sono molecole inorganiche e organiche naturalmente presenti nel latte. Come avviene per ogni tipo di cristallo la dimensione aumenta con il passare del tempo e questo spiega come siano meglio visibili e percepibili nei formaggi stagionati a lungo.
Nei formaggi grana Parmigiano Reggiano, Grana Padana e Trentingrana, nel Groviera, nel Gouda invecchiato e in altri formaggi stagionati, i cristalli sono costituiti da lattato di calcio e/o di tirosina, un aminoacido prodotto dalla scomposizione proteica e che ha una solubilità limitata nei formaggi a bassa umidità. Nel Parmigiano Reggiano a lunga stagionatura le proteine subiscono un processo di proteolisi con il quale si liberano i singoli amminoacidi; per questo motivo questo formaggio è ricchissimo di glutammato e di acido glutammico che lo rendono gustoso. Altri amminoacidi hanno un sapore particolare, e tra questi la tirosina che dà origine ai granuli caratteristici di un formaggio stagionato.
I cristalli di lattato di calcio si formano durante la maturazione dei formaggi Cheddar per l’azione di batteri che convertono la forma levogira dell’acido lattico nella sua immagine speculare destrogira, meno solubile e che cristallizza dando origine a granuli.
Nei formaggi erborinati, i cristalli bianchi spesso visibili contro la muffa blu del Roquefort o rilevabili nella crosta del Camembert, sono costituiti da fosfato di calcio e si formano perché le colonie Penicillium rendono il formaggio meno acido e i sali di calcio meno solubili.
Aspetto e gusto dei cristalli
I cristalli di tirosina, che sono quelli più facilmente visibili, si formano solo all’interno del formaggio, sono duri, brillanti e bianchi e si trovano molto spesso. I cristalli di calcio lattato sono più difficili da vedere e risultano meno duri, più pallidi e sono tipici di formaggi come il Cheddar.
Essendo totalmente naturali, i cristalli e i granuli possono variare di quantità e posizione a seconda del tipo di formaggio; inoltre, la loro dimensione tende ad aumentare con il procedere della stagionatura. Al gusto questi cristalli possono risultare dolci o salati ma è solo una prima sensazione e non sono dannosi per la nostra salute o per l’integrità del formaggio perché sono frutto di un processo naturale.
Nonostante in passato alcuni casari cercassero di impedirne la formazione per motivi estetici, essendo questi facilmente scambiabili per muffe o alterazioni della pasta, adesso sono invece apprezzati anche perché aggiungono croccantezza e complessità alla pasta del formaggio, rendendo il suo consumo più appagante.
Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie.
Da solo ed in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti ed originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri.
Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia ed in particolare all’antropologia alimentare e danche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e 50 libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.