Dalla tradizione sarda e toscana nascono i formaggi pluripremiati del caseificio “I Renai”.

Il mese scorso ha visto la nostra redazione alle prese con il primo contest fotografico di Ruminantia “Stalle in mostra – Racconta il tuo allevamento in uno scatto” (leggi QUI), durante il quale siamo stati letteralmente sommersi da una tale quantità di fotografie e lettere di accompagnamento così toccanti ed entusiasmanti che abbiamo deciso di non perdere certe testimonianze preziose!

Così, come prima, abbiamo scelto una piccola realtà incastonata nell’Italia centrale, più precisamente a Castell’Azzara, in provincia di Grosseto, ad 815 metri sul livello del mare. È qui che si trova il caseificio artigianale “I Renai” della famiglia Puggioninu, dove abbiamo incontrato Eleonora, che insieme al papà Bernardino, alla mamma Serena e al fratello Luca, porta avanti un’attività che, più che una semplice impresa, è un vero e proprio progetto di vita, come traspare dalle parole con cui lei stessa ha accompagnato gli scatti a noi inviati:

“L’amore per questo lavoro diventa uno stile di vita e trovarsi a ritrarre la quotidianità e gli istanti è una ricchezza impagabile, la natura nella sua semplicità ci offre tutto ciò di cui abbiamo bisogno basta solo osservarla!”

Ma facciamo un passo indietro…

Il caseificio “I Renai” trasforma il latte prodotto dalle 600 pecore sarde di proprietà allevate in due poderi, uno limitrofo all’unità di trasformazione di circa 70 ettari e l’altro, situato a Radicofani, in provincia di Siena, di circa 120 ettari. In questa zona nonno Giuseppe, il papà di Bernardino, si è trasferito negli anni ’60 del novecento da Orune (NU) con tutta la famiglia, caricando in nave il suo amato gregge per raggiungere le terre toscane. Un destino comune a molti abitanti della Sardegna, dato che in quegli anni la pastorizia era molto diffusa ed il territorio insulare non garantiva spazio a sufficienza per tutti.


Bernardino al tempo aveva circa 6 anni, e una volta cresciuto ha incontrato Serena, anche lei figlia di pastori, ma nativa del luogo, più esattamente della provincia di Grosseto, Castell’Azzara appunto. Da questo incontro tra due delle più radicate culture pastorali, quella sarda e quella toscana, ha preso vita la realtà di cui proviamo a darvi un piccolo assaggio con questo articolo!

Il 2005, l’anno della “trasformazione”

Tra pochi giorni saranno esattamente vent’anni che la famiglia Poggiuninu ha avviato una vera e propria “trasformazione”, sia in senso figurato che letterale, decidendo infatti, nel 2005, di aprire un laboratorio artigianale dove produrre formaggi secondo gli antichi saperi tramandati. Il caseificio prende il nome dal luogo in cui si trova, un vecchio granaio poco distante dal podere di Castell’Azzara. La decisione è giunta quando Luca è rientrato da Cortona, al termine degli studi presso l’istituto agrario, ed Eleonora, diplomata al liceo artistico di Grosseto e già impiegata come parrucchiera, ha voluto cambiare strada.

«Nella mia vita ho sempre avuto molto chiara una cosa – mi dice – e cioè che avrei voluto avere un bambino e lo avrei voluto seguire attentamente nella crescita. La possibilità di lavorare nell’azienda di famiglia mi avrebbe permesso di realizzare questo desiderio, e da qui la decisione e pochi anni dopo è arrivato Giuseppe, che oggi ha 12 anni!»

La crescita

Per capire meglio come siano riusciti a percorrere così tanta strada in questi vent’anni, chiedo ad Eleonora quale sia stata la strategia utilizzata, e lei mi racconta come il lavoro di squadra sia stato il motore di tutto.

«Luca è sicuramente la colonna portante della produzione primaria, in quanto si occupa, aiutato dal babbo, degli animali e del produrre foraggi per la loro alimentazione. Nel suo lavoro è supportato anche da alcuni aiutanti essenziali per la protezione del gregge, dei cani adeguatamente addestrati abbiamo acquistato in Abruzzo. Un tempo, infatti, nella zona di Radicofani c’erano tantissimi allevamenti e decisamente meno predatori. Adesso il territorio si è spopolato e loro hanno preso il sopravvento, i recinti spesso non bastano, ed i colleghi abruzzesi sono molto bravi avendo all’attivo anni di convivenza con queste specie nella zona del Parco. Certo la situazione non è affatto semplice da gestire, ma i cani da guardiania sono un aiuto di cui non si può davvero più fare a meno.

Della trasformazione, invece, ci occupiamo io e mamma Serena, con il supporto decisivo anche qui di babbo Bernardino, cercando di tramandare tutto ciò che ciascuno di noi ha appreso guardando le lavorazioni dei nostri nonni. Ricordo ancora le parole della mia nonna materna che mentre salava il formaggio mi diceva “non provare a farlo, tu guardami bene!” ed io l’ho guardata per tanti anni!!!».

Si commuove Eleonora ricordando certi momenti, poi riprende il racconto dicendo che nel suo modo di trasformare c’è un pò della tecnica paterna e un pò di quella materna, in quanto la tradizione sarda vuole che sia l’uomo a caseificare, mentre quella toscana lascia il compito alle donne; dunque, in lei si riuniscono gli insegnamenti di entrambi i genitori.

«Abbiamo iniziato a far conoscere il nostro prodotto con la vendita porta a porta e partecipando ai mercati tutti i venerdì, poi abbiamo contattato i borsettifici della zona, e siamo approdati ai negozi al dettaglio per giungere all’eCommerce e ai canali social. I nostri prodotti portano i nomi dei pascoli dove portiamo i nostri animali, e sono scelti collegando le altimetrie alla stagionatura, ad esempio: il Nebbiaio dal monte Nebbiaio è un semi stagionato, poi si passa al Penna dal monte Penna che è ancor più stagionato e si arriva al Civitella stagionato a latte crudo, che è quello un pò più di nicchia che richiama il monte Civitella, il più alto e difficile da raggiungere» .

Ma in tutto ciò, la tua arte non ti manca?

«A dire la verità no, ma perché nel caseificio io ho integrato la mia arte: ho disegnato tutte le mie etichette, faccio delle shopper di cotone con raffigurati i miei lavori, e dipingo quadri che espongo e vendo con i miei formaggi. C’è stato un evento che mi ha dato un’ulteriore spinta in tal senso, ed è stato la protesta dei pastori a cui io stessa ho preso parte sversando il latte sulla via Cassia il 10 febbraio del 2019. Ecco, da lì è diventata ancora più forte la mia voglia di proteggere e di comunicare al mondo la cultura su cui si fonda il nostro lavoro. Questa esperienza ha fatto crescere me, e un pò tutti noi del comparto; personalmente mi ha spinto a fare una scelta un pò particolare, cioè quella di iniziare a dipingere con il latte di pecora, per far arrivare ancor di più il messaggio di quanto sia duro ed importante il lavoro dei pastori, anche a ceti sociali diversi che difficilmente frequentano le aziende agricole. È per questo che ogni volta che partecipiamo a concorsi ed eventi io porto con me i miei quadri!

Con lo stesso obiettivo ho iniziato a proporre delle attività nelle scuole, perché i ragazzi, ormai concentrati solo sui cellulari, tornino ad attivare i cinque sensi attraverso la pittura con il latte, che è profumato, grasso e di consistenza e colore molto differente dall’acqua. Anche quando vengono i clienti più piccoli in caseificio cerco di portare avanti questa sorta di “missione”, facendo sperimentare con mano i prodotti che la natura ci offre. Mostro loro la lana, ho trovato una ragazza che la pulisce e la fila, e un’altra che la tinge con delle radici; quindi, si passa dalla lavorazione delle materie prime all’arte con un percorso a tutto tondo.

Purtroppo, non abbiamo modo di implementare anche il lavoro delle scuole, da cui ricevo diverse richieste, ma appena posso mi dedico ad attività come l’illustrazione di libri per bambini o alla fotografia, i miei soggetti preferiti sono le persone di casa intente nella nostra quotidianità.

Ho vinto anche due premi internazionali quest’anno; insomma, l’arte non l’ho mai abbandonata, è un modo per me di sentirmi libera!»

A distanza di 20 anni sei soddisfatta della tua scelta?

«Devo dire che in questi anni le soddisfazioni non sono mancate, abbiamo partecipato a tanti concorsi di tra cui:

  • Premio Pienza 2014 (1 classificato Penna, 2 Civitella);
  • Crudi in Italia 2017 (1 classificato Civitella);
  • Premio Sapori Senesi 2018 (3 classificato Penna);
  • Crudi in Italia 2019 (1premio Civitella);
  • Concorso internazionale formaggi di fattoria 2020 (1 premio Penna);
  • Italian Cheese Awards 2022 (Nomination per la categoria fresco: Nebbiaio);
  • Assocasearia pandino 2023 (3 classificato Penna)

e anche diverse trasmissioni televisive tra cui: la vita in diretta, il palio d’ Italia, i soliti ignoti, Tele Maremma, Tv9 Geo e Geo!

Nel prossimo futuro ho un nuovo obiettivo, a cui tengo moltissimo, quello di tutelare “La Fiorita” una produzione tipica dei pastori in transumanza realizzata con il pane raffermo, in quanto trasportato per giorni nel “tascapane”, spezzato rigorosamente con le mani e guarnito con il primo fiore della ricotta. Una sorta di zuppa creata sull’istante, che voglio trovare il modo di far proteggere. Sono in contatto con la Regione Toscana per trovare le dichiarazioni di zona necessarie e almeno tre caseifici che la producono, il tutto affinché non vada persa!».

Potrei continuare a scrivere ancora moltissimo viste tutte le cose che mi ha raccontato Eleonora, ma dovendo concludere invito chiunque voglia approfondire la conoscenza di questa splendida realtà a visitarla di persona o tramite il sito internet ed i canali social (Facebook ed Instagram)!

L’azienda Puggioninu è l’esempio vivente di come l’allevamento, condotto con determinate modalità, possa essere realmente custode di territori, prodotti, cultura e tradizioni senza le quali la nostra Terra non sarebbe tanto meravigliosa!