Adriano Profeta* & Ulrich Hamm  
Department of Food and Agricultural Marketing, University of Kassel, Witzenhausen, Steinstraße 19, Witzenhausen 37213, Germania 
(Ricevuto il 7 Giugno  2018; Accettato in forma rivista il  7 Agosto 2018) 
*Corrispondente: E-mail: a.profeta@uni-kassel.de  

Sommario
Background
Metodologia

Campione
Risultati

Conclusioni
Riconoscimenti
Note
Riferimenti

    Sommario  

    Che cosa s’intende per cibo locale? Per rispondere a questa domanda, la ricerca condotta in passato sui consumatori si concentrava  su una definizione che si basava sulla distanza tra il punto di produzione e il punto di acquisto o sui confini politici e geografici. Nonostante ciò, abbiamo poche prove sulle aspettative e sulle reali conoscenze che  i consumatori possiedono sui prodotti etichettati come locali. La maggior parte dei consumatori non è a conoscenza del fatto che, in Europa, la produzione dei mangimi per gli animali dipende dalle importazioni di materie prime proteiche provenienti da paesi terzi, con molti effetti negativi a livello ambientale. Le filiere che utilizzano mangimi proteici di produzione locale sarebbero economicamente attuabili solo se i consumatori fossero disponibili a pagare dei prezzi maggiorati. Questo studio analizza la disponibilità dei consumatori a pagare prezzi più elevati per l’impiego di mangimi costituiti da materie prime locali nella produzione di cibi locali. A tale scopo, in Germania, è stata condotta un’ampia indagine su 1602 consumatori di generi alimentari provenienti da negozi al dettaglio. I risultati hanno rivelato un aumento della potenziale domanda dei prodotti di origine animale locali ottenuti con mangimi altrettanto locali. 

    Parole chiave: Mangimi per animali, comportamento dei consumatori, preferenze dei consumatori, cibi locali, disponibilità a pagare. 

    Background 

    Che cosa sintende per cibo locale? Esistono molti studi scientifici che hanno cercato di rispondere a questa domanda secondo il punto di vista dei consumatori (ad es. lo studio di Feldmann & Hamm, 2015 o di Schmitt et al., 2018). La definizione più frequente di cibo locale fa riferimento alla distanza tra il punto di produzione e il punto di acquisto (vale a dire miglia o chilometri) di tale prodotto, con indicazioni che oscillano dalle 10 alle 30 miglia, fino anche a 100 miglia, oppure possono essere tirati in ballo i confini politici (es. stati, province, paesi) o quelli geografici (es. Alpi) (Chambers et al., 2007; Hu et al., 2010; Khan & Prior, 2010; Adams & Adams, 2011). È interessante notare come, solitamente, la ricerca non tenga conto della catena di approvvigionamento in toto di un prodotto locale. Ci sono pochissime scoperte su cosa i consumatori pensano, si aspettano o sanno sull’origine dei fattori che consentono ad un prodotto di essere etichettato come locale. In particolare, la maggior parte dei consumatori tedeschi non sa che la produzione animale in Germania dipende in larga misura dalle importazioni di mangimi e non si aspetta che gli alimenti etichettati come locali vengano prodotti con mangimi provenienti dall’estero (Uhl & Schnell, 2014; Wägeli et al., 2016). Inoltre, la maggior parte dei prodotti di origine animale locali venduti in Germania non riporta sull’etichetta informazioni sull’origine dei mangimi utilizzati. Tuttavia, Wägeli et al. (2016) hanno riscontrato l’esistenza di una crescente potenziale domanda e di una maggiore disponibilità a pagare (WTP) per quegli alimenti prodotti localmente con mangimi del posto in Germania (Illichmann & Abdulai, 2013), Spagna, Francia e Regno Unito (Font I Furnols et al., 2011). Ulteriori studi indicano che i consumatori sono interessati a ricevere informazioni sull’alimentazione degli animali (Stranieri & Banterle, 2015). Inoltre, Lozier et al. (2005) hanno riscontrato un incremento dell’interesse verso i sistemi di allevamento che prevedono l’impiego del pascolo e un aumento della domanda di carne bovina che durante il finissaggio prevede il pascolo. In Europa, la produzione intensiva di carne, latte e uova è attuabile grazie ad un’alimentazione degli animali costituita da razioni a base di alimenti proteici, tra cui le farine di soia importate dal Sud America e dagli Stati Uniti (Schmitz et al., 2012; Moran & Connolly, 2016). Sono decenni che l’Europa dipende da queste importazioni di materie prime proteiche. Sempre più prodotti agricoli, compresi i mangimi, vengono commercializzati oltre i confini nazionali (Josling et al., 2010). Circa il 70% dei mangimi altamente proteici proviene da paesi extraeuropei (Watson et al., 2017). Questa dipendenza è particolarmente evidenziabile in quelle zone che vengono considerate dei punti caldi della produzione animale, come i Paesi Bassi e la Germania nord-occidentale (Van Grinsven et al., 2014; Witten et al., 2014). Le importazioni di mangimi vengono correlate a numerosi effetti negativi sia dal punto di vista ambientale che socioeconomico. L’alimentazione del bestiame europeo richiede 10-14 milioni di ettari di terreno agricolo al di fuori dell’Europa, per la produzione di mangimi prevalentemente proteici e ricchi di oleaginose (Westhoek et al., 2011). In Brasile e in Argentina il comparto della coltivazione della soia viene correlato alla deforestazione e alla scomparsa della savana, nonché alla confisca delle terre (Smaling et al., 2008; Boerema et al., 2016). Le proteine contengono azoto come composto elementare. Secondo Shibata et al. (2017), il commercio globale influenza significativamente l’impronta dell’azoto di quei paesi che fanno affidamento sull’importazione di alimenti proteici. Le emissioni di azoto provenienti dall’agricoltura sono una delle principali cause dei problemi ambientali a livello locale, regionale e globale (Sutton et al., 2011). In risposta a questi problemi, negli ultimi tempi in Germania e nel resto dell’UE è stata promossa la ricerca su  specie autoctone di piante proteiche e sulla loro coltivazione. Il German Federal Ministry of Food and Agricolture (BMEL) ha avviato la cosiddetta strategia proteica”, allo scopo di ridurre la percentuale di soia importata e di promuovere nello specifico la coltivazione di legumi da granella (BMEL 2016). In Europa, l’allevamento con mangimi locali è generalmente più costoso di quello effettuato con mangimi proteici importati, visti gli svantaggi relativi ai costi di produzione (Kaltenecker et al., 2017). Pertanto, le filiere di produzione locale sono fattibili, da un punto di vista economico per gli agricoltori, soltanto quando è possibile ottenere sul mercato dei prezzi più elevati per questi prodotti di derivazione animale ottenuti con mangimi locali. Questo studio analizza l’esistenza di un tale sovraprezzo o WTP e le aspettative dei consumatori sull’origine dei mangimi impiegati nella produzione di alimenti etichettati come locali. A tale scopo, abbiamo intervistato alcuni consumatori in tutto il territorio tedesco. Secondo le nostre conoscenze, questo è il primo studio su tale argomento che non si limiti a un certo segmento di consumatori (i biologici) (Wägeli et al., 2016) o ad una piccola regione tedesca (Uhl & Schnell, 2014), analizzando contemporaneamente quattro categorie di alimenti (cotolette di maiale, bistecche di manzo, latte, uova). Il WTP per l’alimento locale è misurato con una domanda diretta sul prezzo. La domanda diretta è uno dei numerosi metodi di elicitazione comunemente usati per il WTP (Jedidi & Jagpal, 2009). In letteratura, il metodo della domanda diretta viene criticato poiché si pensa che possa condurre con più probabilità a dei  risultati imprecisi vista l’incompatibilità di incentivi e l’ipotetico pregiudizio (Frykblom, 2000; List & Gallet, 2001; Backhaus et al., 2005; Jedidi & Jagpal, 2009). Tuttavia, Miller et al. (2011) hanno rivelato che anche i metodi ipotetici possono portare a corrette curve della domanda e decisioni sul prezzo. Inoltre, hanno dimostrato che un approccio di elicitazione diretta è più adatto per i prodotti non durevoli, con prezzi relativamente bassi e di più frequente acquisto (Miller et al., 2011), come sono i prodotti alimentari. L’obiettivo principale dello studio è quello di analizzare se i consumatori tedeschi sono disposti a pagare un sovrapprezzo per il cibo di origine animale prodotto in loco e con mangimi locali. A tale scopo verranno prese in considerazione le seguenti categorie di prodotti: uova, latte, cotolette di maiale e bistecche di manzo. Inoltre, il WTP sarà registrato non solo per i mangimi locali al 100%, ma anche per quelli locali al 90% e al 75%. Nella ricerca condotta finora, non è stato preso in considerazione come i consumatori reagiscano ad un’etichettatura degli alimenti che indica l’impiego di quote di mangimi locali inferiori al 100%. Si potrebbe ipotizzare che i consumatori siano soddisfatti dall’impiego di una quota inferiore di mangimi locali o che vi sia un punto di svolta dove il WTP non aumenta più in modo sostanziale. Finora non è chiaro se tali limiti esistano o meno e se siano uguali per le diverse categorie di alimenti. 

    Metodologia 

    Sono state condotte interviste personali autogestite mediante computer (CASI) su 1602 consumatori tedeschi per indagare le loro preferenze sull’origine dei mangimi impiegati nelle produzioni animali. La tipologia dello studio e la sua attuabilità sono stati valutati mediante un test preliminare condotto su venticinque partecipanti. I risultati del test preliminare ci hanno portato ad effettuare lievi modifiche alla struttura del questionario. 

    Tipologia dello studio 

    Sono state impiegate domande a risposta aperta e chiusa per misurare le conoscenze e le aspettative circa l’origine dei mangimi impiegati nelle produzioni animali locali. La posizione dei consumatori nei confronti dei mangimi importati e dei mangimi locali è stata valutata mediante una scala Likert a sette punti, che andava da “totalmente d’accordo” a “totalmente in disaccordo”. Per il calcolo del WTP, ai consumatori è stata chiesta direttamente la loro disponibilità a pagare un sovraprezzo per l’impiego di un mangime locale (prodotto localmente al 75%, al 90% e al 100%) durante la produzione di cotolette di maiale (200 g), di bistecche di manzo (200 g), di uova (6) e di latte (1 L), come mostrato in Fig. 1. Solo agli intervistati che precedentemente avevano affermato che almeno una parte del mangime dovesse provenire dalla regione di produzione è stato chiesto di indicare il WTP. Per tutti gli altri, si è ritenuto che non vi fosse un ulteriore WTP. Ricerche condotte in passato, spesso hanno rivelato dei livelli relativamente bassi di conoscenza dei prezzi al consumo dei prodotti alimentari in generale (ad esempio Evanschitzky et al., 2004; Pechtl, 2008; Kenning et al., 2011). Per migliorare la validità dei WTP misurati, agli intervistati sono state fornite informazioni sui prezzi medi di mercato attualmente in uso per ciascun prodotto. I prezzi medi utilizzati si basano sui prezzi di mercato osservati presso i rivenditori di alimenti al dettaglio in Germania durante l’inverno 2016 e sui dati statistici della German Agricoltural Market Information Company.  

    Figura 1. Questionario sulla disponibilità a pagare (WTP) per le differenti quote di mangimi locali

    Campione 

    L’indagine è stata condotta in tredici località di quattro diverse regioni della Germania settentrionale (N = 380), meridionale (N = 403), orientale (N = 409) e occidentale (N = 410), poiché in studi precedenti era stato evidenziato che le preferenze per alcuni alimenti locali variavano da regione a regione (Aertsens et al., 2009; Stanton et al., 2012; Cholette et al., 2013). In ogni regione sono stati scelti due supermercati localizzati in zone rurali e due in aree urbane. Nel complesso, la percentuale di intervistati nelle zone rurali e in quelle urbane era quasi uguale (Nurbana = 798, Nrurale = 804). Alla fine i dati sono stati raccolti da sedici supermercati. Prima di partecipare, i consumatori dovevano rispondere a domande di screening che servivano per stabilire se consumassero regolarmente almeno uno dei prodotti testati (latte, uova, cotolette di maiale e bistecche di manzo). Un altro criterio di campionamento era relativo all’età: i consumatori dovevano avere almeno 18 anni. I consumatori sono stati contattati casualmente, cioè gli intervistatori li hanno scelti a caso all’interno dei negozi che potevano partecipare allo studio. Nell’analisi finale sono state inserite 1602 interviste complete. L’età del campione era vicino alla media tedesca (vedi tabella 1). Il fatto che, all’interno del campione, il gruppo di persone con l’età più avanzata fosse sottorappresentato potrebbe essere legato ad una maggior probabilità che le persone anziane non fossero in grado di fare acquisti per sé stesse o che vivessero in case di riposo con pensione completa. La media dell’età del campione era di 47.6 anni rispetto ai 50.4 anni della popolazione adulta tedesca (oltre i 18 anni) (German Statistical Office 2017). La Tabella 1 ci mostra che il 53.4% dei partecipanti erano donne e che il 46.6% erano uomini. Questa leggera differenza nel censimento è dovuta all’esistenza dei ruoli di genere, all’interno dei quali le donne risultano essere ancora frequentemente responsabili degli acquisti domestici (Buder et al., 2014). Il livello di istruzione del campione era molto più alto della media tedesca. Circa un terzo degli intervistati era laureato e il 27% aveva un diploma universitario. In confronto, la popolazione tedesca ha valori più bassi, rispettivamente del 17% e del 14%. Questa differenza può essere spiegata, almeno in parte, dalla presenza di un campione più giovane. Quanto più giovane è una persona, tanto maggiore è la probabilità che abbia una laurea o un titolo di studio universitario. La mediana per il reddito mensile era compresa tra le categorie “ da 2400 a meno di 3000 ” e “da 3000 a meno di 3600 . Nella popolazione tedesca la mediana è più bassa, e si colloca tra le categorie “da 1500 a meno di 2000 ” e “da 2000 a meno di 2600 (German Statistical Office, 2017). Tuttavia, è difficile mettere a confronto i due dati perché circa il 23% degli intervistati non ha indicato il proprio reddito. 

    Tabella 1 Descrizione del campione 

    Risultati  

    Aspettative sull’origine dei mangimi 

    In una prima fase agli intervistati è stato chiesto se, a loro parere, almeno una parte dei mangimi dovesse provenire dalla zona di produzione di un prodotto di origine animale, specialmente quando questo viene commercializzato (al supermercato) come prodotto locale.1 Per più del 92% degli intervistati (N = 1470), questa correlazione doveva essere indicata. Per esaminare più nel dettaglio le loro aspettative, è stato chiesto ai consumatori: “Al supermercato, molti alimenti vengono pubblicizzati come locali. Per voi, cosa dovrebbe significare questo dal punto di vista della provenienza dei mangimi? Le categorie di risposta erano “esclusivamente locale”, “prevalentemente locale”, “prevalentemente nazionale”, solo una piccola quota locale/nazionale” e “non lo so”. Quasi la metà dei consumatori si aspettava un’origine dei mangimi esclusivamente o prevalentemente locale e circa un quinto si aspettava un’origine prevalentemente tedesca (vedi Fig. 2). I risultati mostrano chiaramente come il cibo ritenuto locale venga strettamente correlato all’impiego di mangimi prodotti localmente. Al gruppo (N = 1470) che indicava che almeno una parte del mangime doveva provenire dalla zona di produzione, è stato chiesto di specificare la quota minima concreta di tale mangime che avrebbero accettato affinché un alimento potesse essere etichettato come locale. A tale scopo gli intervistati potevano inserire, tramite la tastiera o con l’aiuto di un comando a scorrimento, quote di mangime locale comprese tra l’1% e il 100%. Il risultato medio è stato del 74%. L’istogramma in Fig. 3 mostra come una notevole percentuale dei consumatori abbia tracciato una linea a livello del 50%. I picchi successivi sono stati evidenziati negli intervalli compresi tra il 70-85% e tra il 90-100%. Più del 95% del gruppo dei partecipanti ha indicato una quota minima compresa tra il 50 e il 100%. Solo una minoranza (il 15% circa degli intervistati) si aspettava un’origine completamente locale del mangime. 

    Figura 2. Aspettative dei consumatori per quanto riguarda l’origine dei mangimi impiegati nella produzione di alimenti locali (N = 1602). Domanda: Nei supermercati, molti alimenti vengono pubblicizzati come locali. Cosa significa per voi questo, in relazione all’origine dei mangimi?

    “Solely local”: esclusivamente locale; “Predominantly local”: principalmente locale; “Predominantly German”: principalmente tedesco; “Low share local/German”: solo una piccola quota locale/nazionale;” I don’t know”: non so.

     

    Figura 3. Istogramma della quota minima di mangime locale ( N = 1470), Domanda: Quale dovrebbe essere la quota minima impiegata di mangime locale per far si che un prodotto di origine animale possa essere etichettato come locale?

    L’importanza delle differenti caratteristiche dei mangimi 

    Per mettere a confronto l’importanza delle diverse caratteristiche dei mangimi, ogni intervistato ha dovuto scegliere le tre caratteristiche più importanti tra una serie di nove opzioni. Per più di tre quarti degli intervistati, gli aspetti “senza farmaci veterinari” e mangimi privi di OGM sono risultati essere tra le tre caratteristiche più importanti (vedi Fig. 4). Entrambe queste caratteristiche erano quindi fondamentali per il consumatore. Al terzo posto seguiva, anche se molto più indietro, “la provenienza locale dei mangimi (34%). Nella classifica, gli intervistati hanno preferito l’origine locale rispetto alla provenienza da una specifica azienda agricola, all’origine tedesca o a quella europea. Hempel & Hamm (2016) hanno riscontrato lo stesso ordine di preferenza per i cibi locali e Wägeli et al. (2016) hanno potuto analogamente evidenziare una preferenza maggiore per l’origine locale rispetto all’origine tedesca. Se tutte le opzioni di provenienza (azienda agricola, locale, tedesca, UE) venissero aggiunte, escludendo i casi in cui un individuo ha scelto due o tre di queste alternative, l’immagine cambierebbe. Secondo questa prospettiva, il 65% degli intervistati ha citato “la provenienza” come una delle tre caratteristiche più importanti. In questo modo, l’origine dei mangimi ha ottenuto una rilevanza elevata, solo leggermente inferiore agli aspetti “senza farmaci veterinari” e “senza OGM”. Gli aspetti “senza farina di carne e ossa” (30%) e “biologico” (22%) erano considerati notevolmente inferiori rispetto a tutte le altre caratteristiche. I risultati sono in linea con quelli ottenuti da Wägeli (2014). Tuttavia, esistono alcune differenze per quanto riguarda i mangimi biologici. Wägeli (2014) ha riscontrato che la caratteristica “biologico” (riferita ai mangimi) era considerata molto più importante dell’aspetto “provenienza locale”. Questo viene spiegato dal fatto che durante lo studio di Wägeli (2014) sono stati intervistati solamente acquirenti di alimenti biologici. 

    Figura 4 Importanza delle diverse caratteristiche del mangime. Domanda: Per lei, quali delle seguenti caratteristiche riguardanti i mangimi per gli animali, sono più importanti? Indichi, per favore, le tre caratteristiche più importanti secondo il suo punto di vista. 

    Disponibilità a pagare (WTP) per alimenti prodotti con mangimi locali 

    Solo agli intervistati (N = 1470) che hanno affermato che almeno una parte del mangime doveva provenire dalla stessa zona di produzione quando un prodotto di origine animale viene pubblicizzato al supermercato come prodotto locale, sono state chieste informazioni sulla loro disponibilità a pagare (WTP) per quel mangime locale. Per gli altri partecipanti (N = 132), si è presupposto che non ci fosse WTP. Per effettuare i calcoli, abbiamo ipotizzato un WTP pari a zero per questo gruppo. La percentuale degli intervistati che si aspettava una provenienza locale minima dei mangimi, ha dichiarato di non essere disposta a pagare di più per il loro utilizzo (Nlatte = 522, Nuova= 540, Ncotolettedimaiale = 552, Nbistecchedimanzo = 575). Per tutti e quattro i prodotti, in media, il 58% degli intervistati ha rivelato la volontà di un’ulteriore WTP nel caso in cui i mangimi impiegati avessero una provenienza locale (cfr. tabella 2). Le cifre che seguono sono basate solamente su quei consumatori che hanno dichiarato un WTP aggiuntivo per il prodotto corrispondente.  

    Tabella 2 Disponibilità a pagare (WTP) addizionale per alimenti prodotti con l’impiego di mangimi prodotti localmente ( N = 1602) 

    La Figura 5 mostra le distribuzioni omogenee del WTP per i diversi prodotti e per le diverse quote di mangime prodotto localmente. Le andature non sono distribuite normalmente ed hanno mostrato, ad esempio, picchi multipli a livello di 25, 50, 100, 150, 200 e 250 Euro, con abbassamenti ai meno popolari livelli intermedi. Probabilmente, la preferenza per  sovraprezzi a cifra tonda potrebbe avere differenti spiegazioni. La frequenza dei numeri a cifra tonda e la facilità di elaborazione degli stessi contribuirebbero alla loro preferenza e alla loro generalizzazione (es. Plug, 1977; Pope & Simonsohn, 2011). Inoltre l’esistenza di una correlazione tra le cifre tonde e la qualità superiore dei prodotti, sia sul mercato che nella mente dei consumatori (Stiving, 2000; Naipaul & Parsa, 2001), potrebbe condizionare l’atteggiamento dei consumatori stessi rendendoli più favorevoli ad indicarle quando si parla di WTP. Vista l’assenza di una distribuzione normale, per un confronto della media dei WTP per le diverse quote dei mangimi locali sono stati applicati i test non parametrici di Wilcoxon.  

    Figura 5. Distribuzione della disponibilità a pagare (WTP) in Euro-Cent, per le diverse quote di mangime locale (75%, 90%, 100%) impiegate nella produzione di alimenti di origine animale locali. [Le figure a colori sono disponibili su wileyonlinelibrary.com]. 

    La Figura 6 mostra come il WTP aggiuntivo cresca con l’aumentare della quota di mangime locale impiegato. In base ai test di Wilcoxon su campioni appaiati, le differenze tra le quote di mangime locale al 75%, al 90% e al 100% sono tutte significativamente diverse l’una dall’altra (α < 0.001). Analogamente, i test di Wilcoxon su campioni appaiati hanno rivelato che il secondo step, dal 90% al 100% della quota di mangime prodotto localmente, è significativamente maggiore rispetto al primo step dal 75% al 90% (α < 0.001), per tutte le categorie di prodotti. Va sottolineato come i consumatori abbiano premiato particolarmente quel restante 10%, che è la parte mancante per la completa copertura con mangimi prodotti con materie prime locali. Questo è interessante poiché proprio l’ultimo 10%-25% della razione alimentare è particolarmente ricco di componente proteica, che poi è responsabile degli elevati costi aggiuntivi in caso di acquisizione locale (Martin, 2015). I WTP aggiuntivi per le cotolette di maiale e le bistecche di manzo erano assolutamente superiori rispetto a quelli per le uova e il latte, probabilmente a causa dell’elevato livello dei prezzi in generale di questi prodotti (Martin, 2015). Il più alto WTP aggiuntivo è stato per le bistecche di manzo (ad esempio 103 Euro-cent per il mangime 100% locale) seguite dalle costolette di maiale con 83 Euro-cent. Il latte (100% = 41 Euro-cent) ha avuto il WTP più basso di tutti, dopo le uova (100% = 46 Euro-Cent). Per un confronto diretto delle categorie di prodotti, la Figura 7 mostra i WTP aggiuntivi medi in % del prezzo totale per il prodotto corrispondente. Per il calcolo sono stati utilizzati come riferimento i prezzi medi dei prodotti come indicati nella domanda WTP (vedi Fig. 1) (latte = 0.69 , uova = 1.19 , costolette di maiale = 1.79 , bistecche di manzo = 3.59 ). La media più alta per il WTP addizionale in % è stata riscontrata per il latte e quella più bassa per le bistecche di manzo. Analogamente Wägeli (2014) ha evidenziato, con un esperimento che prevedeva un modello a scelta discreta, un WTP più elevato in % per la quota di mangime locale nella categoria di prodotti “latte” piuttosto che nelle categorie “cotolette di maiale” e “uova”. 

    Figura 6. Disponibilità a pagare (WTP) in Euro-Cent per le diverse quote di mangime locale impiegate nella produzione di alimenti di origine animale locali ( Deviazione Standard tra parentesi) ( N = 1602). 

    Figura 7. Ulteriore disponibilità a pagare (WTP) media in %, per le differenti quote di mangime locale impiegate nella produzione di alimenti di origine animale locali ( N = 1602). 

    Conclusioni 

    I risultati del presente studio suggeriscono che il latte, la carne e le uova prodotte con mangimi locali potrebbero portare all’apertura di nuove nicchie di mercato per quanto riguarda i prodotti di origine animale. I risultati mostrano un elevato potenziale di mercato per i differenti prodotti presenti nel settore delle filiere locali. Ciò vale particolarmente per i piccoli allevatori, che dispongono già di catene di produzione locale. Però, la realizzazione di prodotti animali con mangimi locali è di solito più costosa rispetto a quella che prevede l’utilizzo di mangimi proteici importati, visti i problemi economici della coltivazione di piante ad elevato tenore proteico destinate ai mangimi in Germania. Pertanto, per un allevatore la filiera di produzione locale diventa economicamente sostenibile solo quando è possibile ottenere sul mercato dei prezzi maggiorati per quei prodotti di origine animale ottenuti con mangimi locali, vale a dire se i consumatori sono disposti a pagare un sovraprezzo. I risultati hanno rivelato che i consumatori sono disponibili ad incrementare il WTP per gli alimenti di origine animale ottenuti con mangimi locali in tutte le categorie di prodotti valutate dal 60% circa dei consumatori. Si presuppone che tutti i costi aggiuntivi possano essere coperti dai WTP calcolati. Tuttavia, tali risultati dovranno essere messi a confronto con quelli raccolti mediante futuri studi economici, che andranno a porre l’attenzione sui costi di produzione aggiuntivi derivati dall’impiego di mangimi locali nella catena di approvvigionamento. Il presente studio fornisce inoltre interessanti spunti di riflessione sulle preferenze relative alle diverse quote di mangimi prodotti localmente impiegati nella realizzazione di prodotti di origine animale. È sorprendente notare come gli intervistati siano disposti a pagare molto di più per l’incremento della quota di mangimi locali dal 90% al 100% che per lo step dal 75% al 90%. Comunque, visti i WTP positivi per le quote di mangime di provenienza locale del 75% e del 90%, anche queste dovrebbero essere confrontate (da un punto di vista economico) con i costi di produzione. Inoltre, lo studio ha rivelato che per una parte sostanziale dei consumatori una quota già del 50% di mangimi locali risulta essere sufficiente per considerare un prodotto animale di origine locale. In questo studio però non è stato preso in considerazione il WTP per una quota pari al 50% di mangimi locali. Ciononostante, è evidente che la ricerca futura dovrebbe analizzare l’effetto dell’etichettatura mangimi locali anche nell’intervallo di impiego compreso tra le quote del 50% e del 75%. Questo sarebbe particolarmente interessante per gli allevamenti intensivi che ancora fanno affidamento prevalentemente su mangimi importati. Per questo segmento, il fatto che i consumatori già approvino quote più basse di mangimi a produzione locale potrebbe essere un primo stimolo per favorire l’acquisizione di quote più elevate, innescando così un eventuale processo di trasformazione sostenibile. Attualmente, la provenienza dei mangimi non viene considerato un argomento che gode di una buona comunicazione durante la promozione degli alimenti. I nostri risultati ci suggeriscono che un numero relativamente alto di consumatori tedeschi non sia a conoscenza dei dettagli relativi alle importazioni di mangimi per la produzione di alimenti di origine animale. Inoltre, il 18% degli intervistati ha dichiarato di “non sapere” quando doveva esprimere le proprie aspettative sulla provenienza dei mangimi impiegati nelle produzioni animali locali. È necessario migliorare la comunicazione con i consumatori, per sensibilizzarli e per facilitare il successo sul mercato dei prodotti di origine animale ottenuti grazie all’impiego di mangimi locali. Le ricerche future potrebbero aiutarci nel comprendere meglio le conoscenze dei consumatori e le aspettative relative ai sistemi di alimentazione in allevamento, al fine di realizzare del materiale informativo specifico per i consumatori stessi. Un limite di questo studio risiede nel fatto che, durante l’interrogazione diretta per raccogliere il WTP, non ci siamo chiesti se i partecipanti fossero veramente consapevoli della reale quota di mangime locale impiegata nella produzione del corrispettivo alimento. Nella decisione dei consumatori su quanto pagare in più potrebbe influire l’incremento della quota di mangime locale impiegato, che potrebbe andare dallo 0% al 75, al 90 o al 100% o dal 50%  al 75, al 90 o al 100%. La ricerca futura dovrebbe tenere in considerazione questa consapevolezza per condurre un’analisi più dettagliata del WTP. 

    Riconoscimenti 

    Il finanziamento è stato fornito dal German Federal Organic Farming Scheme and Other Forms of Sustainable Agriculture (BÖLN) (FKN 2815NA096). Gli autori ringraziano Anne Christopherson per la correzione e la redazione di questo articolo. 

    Note 

    1La domanda era: “Supponiamo che un alimento di origine animale venga pubblicizzato come locale al supermercato. Secondo la sua opinione, almeno una parte del mangime impiegato nella sua realizzazione dovrebbe provenire dalla zona di produzione di questo alimento locale”? Le categorie di risposta erano “sì” e “no”. 

    Riferimenti 

    Adams, D.C. & Adams, A.E. (2011). De-placing local at the farmers market: consumer conceptions of local foods. Journal of Rural Social Sciences, 26, 74100. 

    Aertsens, J., Verbeke, W., Mondelaers, K. & van Huylenbroeck, G. (2009). Personal determinants of organic food consumption: a review. British Food Journal, 111, 11401167. 

    Backhaus, K., Wilken, R., Voeth, M. & Sichtmann, C. (2005). An empirical comparison of methods to measure willingness to pay by examining the hypothetical bias. International Journal of Marketing Research, 47, 543562. 

    BMEL. 2016. Beans, Peas and Co. The Federal Ministry of Food and Agricultures Protein-Crop Strategy for Promoting the Cultivation of Pulses in GERMANY. Berlin: Federal Ministry of Food and Agriculture. Retrieved on October 11, 2017, from http://www.bmel.de/EN/Agriculture/Plants/_Texte/Eiweisspflanzenstrategie.html. 

    Boerema, A., Peeters, A., Swolfs, S. et al. (2016). Soybean trade: balancing environmental and socio-economic impacts of an intercontinental market. PLoS ONE, 11, 113. 

    Buder, F., Feldmann, C. & Hamm, U. (2014). Why regular buyers of organic food still buy many conventional products: product-specific purchase barriers for organic food consumers. British Food Journal, 116, 390404. 

    Chambers, S., Lobb, A., Butler, L., Harvey, K. & Traill, W.B. (2007). Local, national and imported foods: a qualitative study. Appetite, 49, 208213. 

    Cholette, S., Özlük, Ö., Özşen, L. & Ungson, G.R. (2013). Exploring purchasing preferences: local and ecologically labelled foods. Journal of Consumer Marketing, 30, 563572. 

    Evanschitzky, H., Kenning, P. & Vogel, V. (2004). Consumer price knowledge in the German retail market. Journal of Product and Brand Management, 13, 390405. 

    Feldmann, C. & Hamm, U. (2015). Consumers perceptions and preferences for local food: a review. Food Quality and Preference, 40(Part A), 152164. 

    Font I Furnols, M., Realini, C., Montossi, F. et al. (2011). Consumers purchasing intention for lamb meat affected by country of origin, feeding system and meat price: a conjoint study in Spain, France and United Kingdom. Food Quality and Preference, 22, 443451. 

    Frykblom, P. (2000). Willingness to pay and the choice of question format: experimental results. Applied Economics Letters, 7, 665667. 

    German Statistical Office. (2017). Statistisches Jahrbuch 2016. Wiesbaden: Statistisches Bundesamt. 

    Hempel, C. & Hamm, U. (2016). How important is local food to organic-minded consumers? Appetite, 96, 309318. 

    Hu, W., Batte, M., Woods, T. & Ernst, S. (2010). What is local and for what foods does it matter? In Selected paper prepared for presentation at the Southern Agricultural Economics Association annual meeting, Florida, USA. Retrieved on October 11, 2017, from http://ageconsearch.umn.edu/bitstream/56326/2/paper%20for%20AgEcon%20Searc.pdf. 

    Illichmann, R. & Abdulai, A. (2013). Analysis of consumer preferences and willingness-to-pay for organic food products in Germany. Proceedings Schriften der Gesellschaft für WirtschaftsundSozialwissenschaften des Landbaues e.V. 49: 199207. 

    Jedidi, K. & Jagpal, S. (2009). Willingness to pay: measurement and managerial implications. In: Handbook of Pricing Research in Marketing. (edited by V.R. Rao) Pp. 3760 Cheltenham, UK: Edward Elgar. 

    Josling, T., Anderson, K., Schmitz, A. & Tangermann, S. (2010). Understanding international trade in agricultural products: one hundred years of contributions by agricultural economists. American Journal of Agricultural Economics, 92, 424446. 

    Kaltenecker, S., Kemper, S., Schaack, D. & von Schenk, W. (2017). AMI Markt Bilanz Getreide ÖlsaatenFuttermittel 2017. Bonn: AMI. 

    Kenning, P., Hartleb, V. & Schneider, H. (2011). An empirical multi-method investigation of price knowledge in food retailing. International Journal of Retail and Distribution Management, 39, 363382. 

    Khan, F. & Prior, C. (2010). Evaluating the urban consumer with regard to sourcing local food. A Heart of England study. International Journal of Consumer Studies, 34, 161168. 

    List, J.A. & Gallet, C.A. (2001). What experimental protocol influence disparities between actual and hypothetical stated values? Environmental and Resource Economics, 20, 241254. 

    Lozier, J., Rayburn, E. & Shaw, J. (2005). Growing and selling pasture- finished beef: results of a nationwide survey. Journal of Sustainable Agriculture, 25, 93112. 

    Martin, N. (2015). Domestic soybean to compensate the European protein deficit: illusion or real market opportunity? Oilseeds, Fat Crops and Lipids, 22, 19. 

    Miller, K.M., Hofstetter, R., Krohmer, H. & Zhang, Z.J. (2011). How should consumers willingness to pay be measured? An empirical comparison of state-of-the-art approaches. Journal of Marketing Research, 48, 172184. 

    Moran, C.A. & Connolly, A. (2016). The global feed industry. AFMA Matrix, 25, 1011. 

    Naipaul, S. & Parsa, H.G. (2001). Menu price endings that communicate value and quality. Cornell Hotel and Restaurant Administration Quarterly, 41, 2637. 

    Pechtl, H. (2008). Price knowledge structures relating to grocery products. Journal of Product and Brand Management, 17, 485496. 

    Plug, C. (1977). Number preferences in ratio estimation and constant- sum scaling. American Journal of Psychology, 90, 699704. 

    Pope, D. & Simonsohn, U. (2011). Round numbers as goals: evidence from baseball, SAT takers, and the lab. Psychological Science, 22, 7179. 

    Schmitt, E., Dominique, B. & Six, J. (2018). Assessing the degree of localness of food value chains. Agroecology and Sustainable Food Systems, 42, 573598. 

    Schmitz, C., Biewald, A., Lotze-Campen, H. et al. (2012). Trading more food: implications for land use, greenhouse gas emissions, and the food system. Global Environmental Change, 22, 189209. 

    Shibata, H., Galloway, J.N., Leach, A.M. et al. (2017). Nitrogen footprints: regional realities and options to reduce nitrogen loss to the environment. Ambio, 46, 129142. 

    Smaling, E.M.A., Roscoe, R., Lesschen, J.P., Bouwman, A.F. & Comunello, E. (2008). From forest to waste: assessment of the Brazilian soybean chain, using nitrogen as a marker. Agriculture, Ecosystems and Environment, 128, 185197. 

    Stanton, J.L., Wiley, J.B. & Wirth, F.F. (2012). Who are the locavores? Journal of Consumer Marketing, 29, 248261. 

    Stiving, M. (2000). Price-endings when prices signal quality. Management Science, 46, 16171629. 

    Stranieri, S. & Banterle, A. (2015). Fresh meat and traceability labelling: who cares? Fresh meat and traceability labelling: who cares? International Food and Agribusiness Management Review, 18, 2238. 

    Sutton, M.A., Oenema, O., Erisman, J.W., Leip, A., van Grinsven, H. & Winiwarter, W. (2011). Too much of a good thing. Nature, 472, 159161. 

    Uhl, A. & Schnell, J. (2014). Abschlussbericht des Aktionsprogramms Heimische Eiweißfuttermittel. München: Bayerische Landesanstalt für Landwirtschaft (LfL). 

    Van Grinsven, H.J.M., Spiertz, J.H.J., Westhoek, H.J., Bouwman, A.F. & Erisman, J.W. (2014). Nitrogen use and food production in European regions from a global perspective. Journal of Agricultural Science, 152(S1), 111. 

    Wägeli, S. (2014). Die Bedeutung der Futtermittelherkunft beim Kauf tierischer Öko-Lebensmittel. Hamburg: Dr. Kovac. 

    Wägeli, S., Janssen, M. & Hamm, U. (2016). Organic consumers preferences and willingness-to-pay for locally produced animal products. International Journal of Consumer Studies, 40, 357367. 

    Watson, C.A., Reckling, M., Preissel, S. et al. (2017). Chapter four Grain legume production and use in European agricultural systems. In Advances in Agronomy 144 (edited by D.L. Sparks). Pp. 235303. Cambridge, MA: Academic Press. 

    Westhoek, H., Rood, T., van den Berg, M. et al. (2011). The Protein Puzzle. The Hague: PBL Netherlands Environmental Assessment Agency. 

    Witten, S., Paulsen, H.M., Weißmann, F. & Bussemas, R. (2014). Praxisbefragung zur Aminosäurelücke und praktischeMöglichkeiten zur Verbesserung der Eiweißversorgung der Monogastrier in der Fütterung im Ökologischen Landbau. Johann Heinrich von Thünen Institute (Ed.), Thünen Working Paper 23, Retrieved on October 11, 2017, from http://d-nb.info/1051939291/34.