Previsione della probabilità di concepimento alla prima inseminazione nelle vacche da latte utilizzando la spettroscopia nel medio-infrarosso applicata al latte
Introduzione
La fertilità è un fattore chiave della redditività nell’allevamento da latte, perché aiuta a garantire un tasso di abbattimento appropriato, le vendite di latte ed il numero di rimonte (Kaniyamattam et al., 2016). Inoltre una migliore fertilità offre agli allevatori una certa flessibilità nella gestione delle mandrie, permettendogli di avere il controllo sul programma dei parti o sul momento migliore per partorire, al fine di ottimizzare la disponibilità di alimenti (Dairy Australia, 2017). Sfortunatamente, esiste una variabilità significativa sul tasso di concepimento tra le mandrie e nell’arco di tempo. In Australia, ad esempio, dal 2000 al 2009 il tasso medio di concepimento di una mandria alla prima inseminazione variava notevolmente tra gli anni, e le mandrie oscillavano da 0.22 a 0.61 con una media di 0.39 (Dairy Australia, 2011). Sebbene siano stati fatti molti studi per acquisire una maggiore conoscenza su quali siano i fattori alla base di una scarsa fertilità (Walsh et al., 2011), sono state condotte poche ricerche utili a consentire agli allevatori di prevedere quali vacche avrebbero più o meno probabilità di concepire nelle prime fasi della lattazione. Ci aspettiamo che tali modelli aiutino gli allevatori a prendere decisioni consapevoli in materia di allevamento o di gestione degli animali, ad esempio sull’utilizzo di seme sessato al posto di quello meno costoso o sulla corretta impostazione della dieta. I modelli attualmente disponibili per prevedere la fertilità delle vacche da latte utilizzano dati provenienti da più fonti, che vanno da quelli relativamente difficili da misurare (ad esempio, BW e BCS), a quelli moderatamente facili da misurare (ad esempio, progesterone del latte) fino a quelli più facili da misurare [ad esempio, produzione di latte, composizione del latte e spettroscopia nel medio infrarosso (MIR) sul latte] (Shahinfar et al., 2014; Hempstalk et al., 2015; Cook and Green, 2016; Blavy et al., 2018; Ho et al., 2019). Tra questi modelli, alcuni utilizzano dati registrati dal latte della prima lattazione (ad esempio, produzione di latte, composizione del latte e spettroscopia MIR), che rappresenta un approccio pragmatico poiché queste informazioni sono facilmente accessibili alla maggior parte delle aziende da latte e, pertanto, non si aggiungono ulteriori costi per l’allevatore. La maggior parte degli autori che ha applicato questo approccio ha riportato una bassa accuratezza della previsione dello 0.65 circa (Shahinfar et al., 2014; Hempstalk et al., 2015; Cook e Green, 2016). In un recente studio condotto da Ho et al. (2019), abbiamo inserito un passaggio aggiuntivo che prevedeva la suddivisione dei dati in gruppi agli estremi in termini di fertilità, per creare dei training data set e generare accuratezze di previsione fino a 0.81 in una validazione crociata random decuplicata e fino a 0.74 nella validazione esterna mandria per mandria, che è una notevole miglioramento rispetto ad altri.
Il modello di questo lavoro includeva la spettroscopia MIR ed altri parametri disponibili raccolti durante la registrazione del latte come resa di latte, composizione del latte, SCC, età al momento del parto, giorni in mungitura al momento del test sul latte e giorni dal parto all’inseminazione successiva (DAI). L’obiettivo di questo studio era quello di ampliare il concetto di Ho et al. (2019) per poter riuscire a sviluppare uno strumento che possa essere utilizzato per identificare quelle vacche che hanno un’elevata o una bassa probabilità di concepimento alla prima inseminazione, impiegando i dati di allevamenti di vacche da latte in Australia. Lo strumento potrebbe essere utilizzato per fornire agli allevatori un elenco di animali che potrebbero essere inseminati con seme di qualità maggiore (se si prevede una buona probabilità di concepimento – animali fertili) o di animali che potenzialmente necessitano di essere allevati o gestiti secondo una metodica più specifica (se si prevede una scarsa probabilità di concepimento – animali sub-fertili).
Abstract
L’obiettivo di questo studio era quello di esaminare la capacità della spettroscopia nel medio infrarosso (MIR) applicata al latte unitamente ad altri parametri dell’allevamento, come la produzione del latte, la composizione del latte, la fase della lattazione, l’età al momento del parto, i giorni in mungitura al momento dell’inseminazione e la conta delle cellule somatiche, di riuscire ad identificare le vacche che avevano maggiori o minori probabilità di rimanere gravide dopo la prima inseminazione. Sono stati utilizzati un totale di 16.628 dati spettrofotometrici e sulla produzione di latte provenienti da 7.040 vacche di 29 mandrie da latte situate in 3 stati Australiani. Sono stati testati tre modelli, che comprendevano differenti variabili esplicative.
Il modello 1 includeva elementi prontamente disponibili negli allevamenti che partecipano alla registrazione di parametri del latte, come la produzione del latte, la composizione del latte, la conta delle cellule somatiche, i giorni dal parto all’inseminazione e la stagione del parto. Per realizzare il modello 2, abbiamo aggiunto al modello 1 i giorni in mungitura e l’età al momento del parto. Per il modello 3, abbiamo aggiunto il MIR al modello 2, ma per evitare un doppio conteggio, i parametri relativi alla composizione del latte del modello 2 sono stati rimossi. I modelli sono stati prima applicati su dati estremi [comprendendo le vacche che (1) concepivano alla prima inseminazione e (2) le vacche senza alcuna registrazione di concepimento e con solamente 1 inseminazione]. Poi i modelli sono stati convalidati in un nuovo set di dati che comprendeva tutte le vacche, indipendentemente dai risultati sul concepimento presenti, per testare la loro capacità di identificare le vacche che avevano o che non avevano concepito dopo la prima inseminazione. Per fare ciò abbiamo stilato una classifica della probabilità prevista per tutte le vacche nel set di convalida, poi abbiamo selezionato le registrazioni al limite superiore e inferiore in percentuali variabili dal 5 al 40% (cioè dove il modello prevedeva la probabilità più alta rispetto a quella più bassa di concepimento alla prima inseminazione, rispettivamente) ed effettuato un confronto con i valori effettivi. Le performance del modello sono state valutate in base all’anno della mandria tramite convalida esterna della mandria per questo parametro e misurate come percentuale corretta di registrazioni selezionate.
I risultati mostrano che quando vengono selezionate più vacche (cioè, confidenza decrescente), l’accuratezza dei modelli diminuisce, e che selezionando il 10% delle vacche con la massima confidenza di previsioni si ottiene un’accuratezza ottimale. Indipendentemente dalle percentuali, nessuno dei modelli è stato in grado di prevedere quali fossero le vacche capaci di concepire alla prima inseminazione, con un’accuratezza intorno allo 0.48. Quando si è tentato di prevedere il 10% delle vacche poste nel limite inferiore, cioè quelle che avevano la minore probabilità di concepimento alla prima inseminazione, il modello 1 aveva un’accuratezza della previsione intorno a 0.64. Rispetto al modello 1, l’aggiunta dei giorni in mungitura e dell’età al momento del parto (modello 2) ha prodotto un miglioramento trascurabile nell’accuratezza della previsione (da 0.01 a 0.03). Il modello 3 ha mostrato la massima accuratezza di previsione (0.76) il che implica che nei modelli testati, il MIR può risultare di primaria importanza nella previsione della fertilità delle vacche da latte.
In conclusione questo studio indica che il MIR, unitamente altri dati raccolti dal latte, potrebbe essere impiegato nell’identificare, con promettente precisione, quelle vacche che potrebbero avere una difficoltà nel rimanere gravide dopo la prima inseminazione.
Articolo tratto da: Predicting the likelihood of conception to first insemination of dairy cows using milk mid-infrared spectroscopy
P. N. Ho1* and J. E. Pryce1,2
- Agriculture Victoria Research, AgriBio, Centre for AgriBioscience, Bundoora, Victoria 3083, Australia
- School of Applied Systems Biology, La Trobe University, Bundoora, Victoria 3083, Australia
*Corresponding author: phuong.ho@agriculture.vic.gov.au
J. Dairy Sci. 103:11535–11544
https://doi.org/10.3168/jds.2020-18589
© 2020, The Authors. Published by Elsevier Inc. and Fass Inc. on behalf of the American Dairy Science Association®.
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