Formaggi magri nella dieta
Molti sono i vantaggi nutrizionali dei formaggi leggeri e magri nella dieta, ma sono di gusto e sapore buoni? Quale è il ruolo delle etichette nella percezione del sapore? Domande solo apparentemente facili alle quali si cerca di dare risposte operative efficaci.
I formaggi sono il prodotto della lavorazione del latte intero, scremato o parzialmente scremato, con aggiunta di caglio, fermenti, sale ed aromi e si differenziano per la percentuale di grassi che è dovuta essenzialmente alla tipologia di latte utilizzato e alla stagionatura. Questi due elementi determinano l’apporto calorico e nutrizionale di un formaggio. Sul mercato si trovano formaggi magri, semigrassi e grassi, freschi e stagionati. Questi prodotti caseari si distinguono in base al contenuto di grassi, proteine, calcio e sodio. A seconda del contenuto di sostanza grassa, i formaggi sono quindi suddivisi in magri (sostanza grassa sul secco compresa entro il 20%), semigrassi (sostanza grassa sul secco compresa fra il 20% e il 42 %) e grassi (sostanza grassa sul secco superiore al 42%). Con la dicitura in etichetta “formaggi leggeri” si indicano formaggi con una percentuale di grassi compresa tra il 20% e il 35% della sostanza secca. Quando si parla di formaggi magri si fa riferimento a quelli con percentuale di grassi ridotta e nei quali la percentuale di grassi saturi non supera il 20%. Questi prodotti assicurano la presenza nella dieta di nutrienti indispensabili per il corretto funzionamento dell’organismo e sono energetici, ricchi di proteine, vitamine e sali minerali. L’elevato contenuto di calcio e di fosforo li rende inoltre un alimento essenziale per la salute delle ossa. I formaggi magri sono facili da digerire, adatti per coloro che seguono una dieta dimagrante e non hanno un’influenza sull’aumento del colesterolo del sangue.
Sale e grassi della dieta e salute
La frequenza delle malattie cardiache e dell’ipertensione è uno dei motivi che spingono i consumatori a una dieta più equilibrata con una minore presenza di sale e di grassi. Le assunzioni di sale nella maggior parte delle popolazioni dei paesi ad alto reddito superano di gran lunga il limite di cinque grammi giornalieri definito corretto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), arrivando spesso a dieci, dodici e più grammi giornalieri. Considerando che un’elevata assunzione di sale è correlata a un’ipertensione arteriosa, il principale fattore di rischio per la morte precoce, una sua riduzione è considerata uno dei principali obiettivi necessari per migliorare la salute pubblica. Diminuire l’assunzione dei grassi nella dieta entro i limiti di apportare con essi non più di un terzo delle calorie è un obiettivo che ha il favore della ricerca scientifica dell’ultimo decennio, perché i grassi sono ricchi di energia e hanno un effetto piuttosto limitato sulla soppressione dell’appetito rispetto a proteine o carboidrati. Una riduzione dei grassi nella dieta può aiutare a diminuire l’apporto energetico e quindi interviene a prevenire l’obesità che è un rischio per molti disturbi metabolici e malattie (obesità, diabete e diabesità, malattie cardiache ecc.).
Etichette nutrizionali e sensazione gustativa
Un numero crescente di consumatori sta diventando sempre più consapevole degli aspetti sanitari della dieta: per questo motivo le industrie hanno sviluppato nuovi prodotti alimentari che rispondono a queste esigenze e contengono meno sale e grassi. Per informare i consumatori della composizione degli alimenti e della loro riformulazione, questi prodotti sono quasi sempre accompagnati da etichette che con bella evidenza indicano la riduzione del sale e dei grassi e che si tratta di cibi “leggeri” o light. Nelle pubblicità le aziende si rivolgono in modo particolare ai consumatori attenti alla loro salute non di rado enfatizzando effetti quali la perdita di peso, l’abbassamento della pressione sanguigna, ecc.
Le etichette nutrizionali hanno il vantaggio di comunicare ai consumatori i pregi nutrizionali degli alimenti a basso contenuto di sale e di grassi, ma hanno anche lo svantaggio del fatto che i consumatori spesso associano i cambiamenti in un particolare ingrediente, come la riduzione del sale, con cambiamenti negativi di sapore. Per esempio, si è visto che il gradimento di una zuppa è inferiore quando nell’etichetta si enfatizza una riduzione del sale, o nel cioccolato al latte il gradimento diminuisce se in etichetta è riportato un ridotto contenuto di grassi. Diversi studi stanno dimostrando che le indicazioni salutistiche delle etichette possono influenzare il gradimento dei consumatori nei confronti dei prodotti alimentari. Tuttavia, molto resta ancora da indagare su come i messaggi salutistici delle etichette influiscano sulle aspettative dei consumatori, anche perché in questo entrano in gioco la loro cultura, esperienze, atteggiamenti e convinzioni.
Etichette e percezioni sensoriali
Per meglio comprendere l’impatto delle etichette salutistiche sulle percezioni del sapore dei consumatori e al fine di promuovere comportamenti alimentari sani, sono importanti alcune nozioni circa l’importanza delle etichette sulla percezione gustativa.
La psicologia cognitiva ci segnala l’importanza di precedenti stimoli di qualsiasi modalità sensoriale (olfattivi, visivi, uditivi e aromatici) che portano all’attivazione di rappresentazioni mentali che a loro volta, per effetti inconsci associati anche alla memoria, intervengono nella valutazione sensoriale: per questo le precedenti esposizioni agli stimoli alimentari hanno effetti importanti sul successivo comportamento alimentare, e osservazioni recenti suggeriscono persino meccanismi quasi di seduzione. Per esempio, una pubblicità con la frutta che evoca idee di naturalità migliora l’idea di salubrità delle scelte alimentari.
Altrettanto importanti sono le aspettative dei consumatori e il loro soddisfacimento è ampiamente applicato nel campo sensoriale degli alimenti considerando l’influenza dei segnali di informazione e le aspettative di tali segnali sulla valutazione dei prodotti alimentari, tanto da far ritenere che in molti casi il consumatore valuta un alimento anche in base quello che crede di trovarvi. Se un consumatore, quando consuma un alimento o una bevanda, trova una disparità tra l’esperienza attesa e quella reale è soggetto ad una discrepanza che influisce anche sulla sua valutazione sensoriale. Molte sono le aspettative sensoriali in relazione ai diversi tipi di informazioni, comprese quelle riguardanti la salute e gli aspetti nutrizionali evocati anche nelle etichette, con risultati a volte contrastanti se non negativi rispetto a quanto desiderato dai produttori di alimenti.
Esiste inoltre quello che è definito effetto alone, quando un carattere dell’alimento influenza la percezione e soprattutto la valutazione di altri attributi dell’alimento, come la percezione del sapore grasso e l’intensità del colore. Per esempio, si è visto che l’uso nell’etichetta del termine “zucchero di frutta” anziché “zucchero” aumenta la salubrità percepita dei cereali per la colazione. Altro esempio riguarda il colore delle etichette: quelle a sfondo nero sono adatte per alimenti destinati agli adulti, ad esempio superalcolici o cibi d’alta qualità come caviale, tartufi o formaggi lungamente stagionati, mentre è inadatto per i bambini e soprattutto per gli infanti per i quali è quasi d’obbligo il colore bianco o un tenue colore azzurrino o roseo.
Negli ultimi anni, l’analisi delle valutazioni emotive che i consumatori associano ai prodotti alimentari è aumentata offrendo la possibilità di ottenere migliori successi di mercato. Diversi studi dimostrano che su queste valutazioni i consumatori discriminano prodotti alimentari tra loro uguali o molto simili.
Etichette dei formaggi salutisti
Da qualche anno anche nei formaggi si sta studiando l’influenza di potenziali messaggi sanitari, come quelli di contenuto ridotto di sale e leggeri, sulla loro valutazione sensoriale attesa e percepita, esplorando le implicazioni emotive che i consumatori associano a tali messaggi. Tra queste ricerche, è da segnalare quella di Schouteten e coll. (Schouteten J. J., De Steur H., De Pelsmaeker S., Lagast S., De Bourdeaudhuij I., Gellynck X. – Impact of health labels on flavor perception and emotional profiling: a consumer study on cheese – Nutrients, December 7 (12), 2015 (pag. 10251–10268)).
Il formaggio è un’importante fonte nutrizionale di calcio, proteine e vitamine e sebbene il suo consumo sia in aumento in tutto il mondo, la maggior parte di questi alimenti ha un contenuto piuttosto elevato di grassi e di sale. Pertanto, sono stati studiati e lanciati sul mercato nuovi prodotti caseari che si rivolgono ai consumatori attenti alla salute, ad esempio formaggi leggeri con basso contenuto di grasso e formaggi a basso contenuto di sodio. Si tratta di formaggi nutrizionalmente più equilibrati, fatto che spiega il crescente numero di indicazioni sulla salute di formaggi etichettati “a basso contenuto di sale” o “leggeri”. Già da qualche anno le ricerche di Schouteten e coll., hanno valutato lo stesso prodotto caseario con etichette diverse, analizzandone gradimento, percezione del gusto di salato e intensità del sapore di grasso da parted ei consumatori.
Anche in prodotti caseari identici l’inclusione delle etichette con qualificazioni nutrizionali sanitarie influenza le percezioni sensoriali e le valutazioni dei consumatori. Il formaggio con un’etichetta che lo definisce “formaggio leggero” o light ha un gradimento complessivo percepito di sensorialità inferiore rispetto al formaggio etichettato come normale; mentre il formaggio con un’etichetta “a ridotto contenuto di sale” ha un gradimento inferiore rispetto al formaggio normale. Una conclusione che rende necessaria una riconsiderazione su come etichettare formaggi con caratteristiche nutrizionali più coerenti alle attuali necessità di una popolazione sempre più anziana e che ha una ridotta attività motoria.
Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie.
Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri.
Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.