San Lucio patrono dei casari

Di San Lucio non abbiano alcuna verità storica e molto probabilmente non è mai esistito, mentre esiste una verità antropologica con un mito nato in Val Cavargna e poi diffusosi in Italia Settentrionale e del quale, come avviene in ogni mito, su un’unica trama esistono diverse varianti e che può essere riassunta come segue.

San Lucio di Cavargna, conosciuto anche come Uguzzone o Luguzzone o Uguzo, ha il centro del suo culto nel piccolo Oratorio di S. Lucio, sperduto trai pascoli montani, all’estremo limite della Val di Cavargna, al confine con la Svizzera tra i laghi di Lugano e di Como, a 1669 m sul livello del mare; la parrocchia è quella di Cavargna della diocesi di Milano, benché sia in provincia di Como. La Val Cavargna è una valle montana situata in provincia di Como, posta tra il lago di Lugano e la catena montuosa delle Prealpi Luganesi e confina ad ovest con le ticinesi Val Colla e Val Morobbia, a nord con la Valle Albano, ad est con la Val Senagra e a sud con il comune di Carlazzo.

Secondo la tradizione San Lucio è vissuto tra i secoli XIII e XIV e il suo nome si trova diffuso nella zona con varianti medievali di Luguzzone, Luzzone, Uguzzone, Uguzzo, Uguccione e simili. Il primo documento che narra il mito è l’antico Catalogus sanctorum Italiaeedito nel 1613, nel quale si dice che Lucio sarebbe un pastore di armenti, dipendente di un padrone dal quale è licenziato con l’accusa di furto, perché con gli averi del padrone aveva fatto piccoli doni alla Chiesa ed ai poveri. Assunto da un nuovo padrone più accondiscendente, succede che mentre le ricchezze di questo aumentano, diminuiscono quelle del padrone precedente, il quale per odio e per invidia lo uccide in prossimità di uno stagno collocato sul crinale che divide la Val Cavargna dalla Val Colla, al confine tra la provincia di Como e la Svizzera. Secondo altre versioni, sul posto dell’uccisione sgorga una sorgente così abbondante da formare un laghetto, alle cui acque accorrono le persone affette da malattie degli occhi per guarirne, e sulle sue rive sorge l’antico oratorio di S. Lucio di Cavargna che diviene meta di pellegrinaggi di devoti, i quali gli si rivolgono per impetrare la pioggia o il tempo sereno. Le acque di quella pozza alpestre diventano rosse il giorno della sua festa, il 12 luglio, data del martirio, e sono raccolte dai fedeli i quali le conservano in casa per guarire le malattie degli occhi. Di San Lucio si conserva un pregevole dipinto del Cinquecento su rame che raffigura il santo pastore che distribuisce ai poveri il formaggio. Nella Val Cavargna viene edificato un santuario a lui dedicato. La festa di San Lucio viene celebrata tutti gli anni il 12 di luglio nel santuario montano a lui intitolato.

Patrono degli alpigiani, San Lucio diviene in seguito protettore dei formaggiai molto probabilmente perché gran parte dell’iconografia del Santo, presente nei quadri delle chiese o in formelle, statuette o immagini di caseifici rappresentano Lucio in abito da pastore, con una forma di formaggio ed un coltello nell’atto di tagliarla, spesso con un ramo di palma, simbolo del martirio. Successivamente, divenuto patrono dei formaggiai e delle loro Corporazioni o Arti, la sua venerazione si sparge anche nelle città, come Milano, Bergamo, Brescia, Lodi, Codogno, Piacenza, Parma grazie anche agli emigrati della Val Cavargna che nel loro peregrinare dovuto all’attività ambulante di magnani (ramai o calderai) diffondono il culto del Santo in una cinquantina di località del Nord Italia e del Ticino.

Come riferisce Giancarlo Gonizzi (Valle dei Cavalieri, luglio 2018), a Parma l’antichissima e potente Arte dei Lardaroli di Parma, secondo lo Statuto del 1459, ha il diritto di vendita esclusiva di formaggio, carni salate, olio di oliva e di semi, pesci freschi, salsicce, interiora e burro perché in questa città le due attività di trasformazione del latte in formaggio e stagionatura delle carni sono interconnesse e da qui la concentrazione in un’unica Arte. Per questo San Lucio diviene santo protettore anche di Lardaroli che, dal Seicento all’Ottocento, risulta effigiato nelle licenze e sui documenti ufficiali della loro Arte, come dimostra una sua effige conservata presso l’Archivio di Stato di Parma nella quale il Santo offre un pezzo di formaggio ad un povero. Presso l’Oratorio dove aveva la propria sede l’Arte, vi era anche il dipinto attribuibile a Giuseppe Peroni (Parma 1710-1776), oggi conservato in Galleria Nazionale, raffigurante il Martirio di San Lucio di Val Cavargna.

Santi patroni

Attorno all’XI secolo, e pur avendo radici antiche, inizia a diffondersi il culto dell’Angelo Custode al quale le persone si rivolgono in momenti di difficoltà o pericolo. In modo analogo, intere nazioni, città, comunità e gruppi sociali si rivolgono a un Santo Patrono per il quale è stabilita la data per la sua festa che diventa di precetto e spesso accompagnata da processioni devozioni varie e celebrazioni mondane che ancora oggi persistono. L’uso del Patrono si estende anche alle Corporazioni di Arti e Mestieri e ad altre associazioni civili e militari.

La scelta del patrono per un determinato mestiere coincide spesso con qualche cosa che ha a che fare con il martirio subito dal santo, con il mestiere che aveva esercitato in vita o qualche evento a questa attività connesso, perché così si ritiene che questo sia il modo migliore per comprendere i bisogni e le difficoltà dei propri fedeli e in questo modo meglio cooperare alla loro protezione. Non di rado però compaiono anche elementi iconografici, come il caso di Sant’Antonio Abate raffigurato con ai suoi piedi un maiale, simbolo della tentazione della carne da lui vinta, e che il popolo interpreta come una protezione all’animale e trasforma il santo nel protettore di tutti gli animali con l’immagine tradizionale presente ancora oggi in molte stalle.

Tradizionalmente, i fedeli appartenenti ad una determinata categoria si rivolgono al proprio santo patrono tramite preghiere od offerte votive al fine di ottenere l’intercessione del santo in proprio o altrui favore; per esempio, sono famose le suppliche dei cattolici napoletani al loro patrono san Gennaro per l’ottenimento di guarigioni e persino dei numeri vincenti al gioco del lotto, o quelle rivolte ai santi ausiliatori per ottenere la guarigione da determinate malattie.

Per alcune confessioni cristiane, tra cui il Cattolicesimo, il santo patrono è una persona, venerata come santa, alla quale la Chiesa affida la protezione di una certa categoria di fedeli, individuabile in coloro che vivono in una determinata città o area geografica, coloro che esercitano un certo mestiere, svolgono una certa attività o hanno altre caratteristiche in comune. La presenza e la diffusione dei santi protettori in una religione monoteista, come quella cristiana, è stata a volte riportata come una sostituzione compiuta dal popolo attribuendo ai santi talune funzioni che avevano gli dei pagani, ma non ha una base sufficiente. Gli storici delle religioni e gli antropologi sono più propensi a ritenere che la funzione dei santi nella religione cristiana sia di facilitare i rapporti tra gli uomini e un lontano Dio trascendente che nell’empireo celeste non avrebbe un influsso sulla terra se non suscitasse su questa intermediari e mediatori, soprattutto da quando, secondo il racconto biblico, l’uomo cacciato dal Paradiso Terrestre è condannato a lavorare e in questo quadro ogni lavoro ha il suo mediatore. Da qui una aneddotica spesso fantastica della vita dei santi protettori che fornisce un’infinità di spunti, dai quali poi l’immaginazione e genialità popolare traggono spunto per l’assegnazione del patronato.

San Lucio – Formella del Caseificio di Palanzano (Parma) per gentile concessione di Giancarlo Gonizzi

San Lucio antropologia di un mito

La realtà del mito di San Lucio Protettore dei casari è da collegare al particolare periodo storico che vede il successo dei formaggi che da cibo povero divengono alimento di pregio. Le testimonianze sulla diffusione del formaggio nelle tavolate nobili iniziano a comparire tra il tardo Duecento e il Quattrocento. Dopo la celebre citazione del Parmigiano nel Paese di Bengodi descritto nel Decamerone di Giovanni Boccaccio, i formaggi si trovano nei ricettari di cucina, inizialmente come ingredienti di vivande elaborate, ma in seguito questo cibo acquista dignità, tanto da essere servito come pietanza alla mensa dei papi, ai matrimoni della famiglia dei Medici e degli Este, che servono bocconi di Parmigiano, e di molte altre personalità. Le qualità nutritive del formaggio sono studiate dal medico ed accademico vercellese Pantaleone da Confienza nel Summa Lacticinorum nella seconda metà del Quattrocento. Anche le tariffe dei pedaggi e le gabelle confermano che, a partire almeno dal secolo XIII, formaggi di qualità differenti circolano sulle strade d’Italia e attraverso valichi alpini raggiungono spesso mercati molto lontani dalle zone d’origine. Al successo del formaggio si associa la comparsa delle corporazioni dei formaggiai che trovano nell’iconografia di San Lucio un loro Patrono.

I secoli XII – XIV vedono un grande sviluppo delle Abbazie Cistercensi alle quali sono associate grance guidate dai Conversi e nelle quali in Italia si producono formaggi di pregio, come il Parmigiano. In queste abbazie il formaggio assume anche valenze religiose di cibo magro e diversamente della carne adatto ad avere un Santo Protettore.

Infine, non é da sottovalutare il fatto che il laghetto di Cavargna, presso il quale il mito pone l’uccisione di San Lucio, d’estate e in coincidenza del 12 luglio, soprattutto nel passato diveniva rosso, fenomeno peraltro comune per altri laghi alpini e anche in questi collegato a eventi di sangue, come è per il lago di Tovel in Val di Non, Provincia di Trento. In quest’ultimo lago, il caratteristico arrossamento avveniva in estate e durante i mesi più caldi in seguito alla fioritura dell’alga Tovellia sanguinea, ma oggi il fenomeno dell’arrossamento è scomparso per la mancanza del carico organico (azoto e fosforo) proveniente dalle modalità di monticazione (transumanza) delle mandrie di bovini che pascolavano nei pressi del lago. Nel laghetto di Cavargna l’arrossamento estivo era quindi dovuto alla presenza di bovini che producevano latte trasformato in formaggio e da qui la narrazione di San Lucio.

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, é stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie. 

Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri. 

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.