In questi ultimi tempi si parla e si scrive spesso di benessere animale, così come di innovazioni tecnologiche, e di come questi aspetti stiano ormai entrando di fatto nella definizione di qualità dei prodotti di origine animale. Il consumatore, infatti, non si sofferma più solamente agli aspetti igienico sanitari e nutrizionali, ma vuole garanzie sulle condizioni di allevamento e sull’impatto ambientale che hanno le produzioni stesse.

Per soddisfare queste richieste, seppur non ancora inserite all’interno di valutazioni ufficiali standardizzate né tantomeno quantificate nei metodi di pagamento, gli allevatori più lungimiranti e intraprendenti si sono organizzati in maniera autonoma, ognuno a seconda della propria realtà imprenditoriale. Ma questi investimenti in tecnologie innovative che risultati stanno fornendo? Rappresentano un supporto reale al miglioramento del benessere animale? Ne abbiamo voluto parlare con un professionista poliedrico del panorama zootecnico nazionale ed internazionale, Corrado Zilocchi, che, oltre a collaborare con Anafibj dal 1986, dove si occupa di valutazioni morfologiche, gestisce, insieme ai cugini e ai rispettivi figli, le aziende agricole Zilocchi “Zial Holsteins”, due realtà che hanno investito fortemente in innovazione tecnologica a 360°, partendo dal miglioramento genetico degli animali per arrivare alle strutture ed attrezzature disponibili.

Il contesto aziendale

Prima di affrontare il tema nello specifico e rivolgere alcune domande puntuali sulle questioni richiamate, abbiamo chiesto a Corrado una piccola presentazione delle realtà zootecniche in questione. Si tratta dell’Az. Agr. Bertoletta, fondata a Pegognaga (MN) nel 1963, e dell’Az. Agr. Fondo Barilla, situata a Campagnola Emilia (RE) e acquisita nel 1998.

I cugini Alberto ed Omero iniziarono la loro attività di selezione all’inizio degli anni ’60. Nel tempo la gestione è passata a Corrado (figlio di Alberto), ed i suoi cugini Massimo e Mauro (figli di Omero), con ruoli distinti e complementari. Corrado si occupa degli allevamenti, della commercializzazione animali e dei rapporti con i dipendenti; Massimo della campagna, delle attrezzature, e degli adempimenti burocratici; Mauro del biogas ed è presidente della latteria. A completare il gruppo dirigenziale c’è anche Matteo (figlio di Corrado), che si occupa della salute dei vitelli, delle attività sugli animali legate alla partecipazione alle mostre (è anche Giudice di Anafibj) e della contabilità. Ci sono, inoltre, ulteriori undici unità lavorative impiegate nelle due aziende: quattro per la mungitura, due per l’alimentazione, le pulizie e la gestione delle lettiere, più due sostituti (jolly) e altri tre per lavori agricoli e manutenzione attrezzature. Entrambi gli allevamenti sono ubicati nella zona di produzione Parmigiano Reggiano.

Presso l’Az. Agr. Bertoletta le strutture sono state rinnovate quasi completamente tra il 2014 e il 2020 e permettono di allevare tutte le femmine, a partire dagli 8 mesi di vita, su cuccette con autobloccante alveolare di sabbia ricoperte con paglia in pellets. Solo l’infermeria, la zona pre-parto e post-parto sono gestite su lettiera permanente con paglia lunga.

All’Az. Agr. Barilla, invece, le vacche in lattazione dispongono di cuccette con paglia, mentre tutto il resto dell’allevamento è su lettiera permanente con paglia lunga. Tutti gli ambienti di stabulazione di vacche e manze sono dotati di sistemi di ventilazione forzata e bagnatura. Le vacche sono suddivise in gruppi di produzione in base all’ordine di parto: primipare, secondipare, pluripare, freschissime. Le sale di mungitura sono due, della tipologia 9+9 a spina di pesce, ed i carri unifeed sono entrambi da 32 mc. La miscelata delle vacche in lattazione, composta da 50% di fieni e 50% di concentrati, come da disciplinare del Consorzio del Parmigiano Reggiano, viene distribuita due volte al giorno.

Viene, inoltre, curato particolarmente l’allevamento degli animali giovani a partire dall’allattamento dei vitelli effettuato impiegando esclusivamente latte non ancora idoneo alla caseificazione, seguendo regolari protocolli di vaccinazione e assicurando la disponibilità di spazi idonei. Il criterio guida è, infatti, quello di assicurare un ambiente sano in cui viene favorita una progressiva socializzazione degli animali, una riduzione al minimo del tasso di malattia e di mortalità del bestiame giovane e un’alimentazione bilanciata per anticipare l’età del primo parto (22-23 mesi).

In termini di consistenze, sono presenti circa 1000 femmine di razza Frisona di cui 450 vacche in lattazione, 80 vacche in asciutta, 450 giovani femmine da riproduzione, e circa un centinaio di torelli da monta naturale (per vendita da vita). Inoltre, sono presenti una trentina di soggetti di razza Jersey (metà vacche e metà manze). Da molti anni si investe sulla selezione genetica per raggiungere standard morfo-funzionali elevati. I risultati sono di grande prestigio: dal 1985 ad oggi il numero di vacche valutate “eccellenti” con prefisso ZIAL supera le 320 unità (2 da 95, 2 da 94, 21 da 93, 40 da 92).

Per quel che riguarda le produzioni si registrano quantitativi pari a 50.000 quintali di latte, che vengono lavorati per la trasformazione in formaggio Parmigiano Reggiano presso la Società Cooperativa “Latteria Vò Grande” di Pegognaga, ed energia da impianti fotovoltaici sui tetti (200 KW) e da impianti di biogas con biomasse e deiezioni (1000 KW).

Gli ettari di SAU disponibili sono 220, attualmente coltivati con questo piano colturale: 140 ad erba medica, 30 a loietto, 30 a frumento da foraggio, e 20 a mais da granella.

Tornando al tema iniziale, secondo te quanto può essere di aiuto la tecnologia nel miglioramento delle condizioni di benessere animale?

«La tecnologia oggi è fondamentale, pensiamo solamente nella mitigazione dello stress da caldo estivo, senza la quale avremmo notevoli perdite in termini di produzione, qualità del latte, fertilità. In tema di benessere animale, nel futuro dovremo puntare su maggiori rilevazioni, con l’ausilio di specifici sensori, che diano indicazioni sempre più precise sullo stato di salute degli animali. E’ importante poter avere, tramite la tecnologia, un feedback immediato sullo stato di salute degli animali e la possibilità di utilizzare più sensori che, in maniera integrata, comunichino con un’unica interfaccia, consentendo di ottenere agevolmente informazioni utili a migliorare la gestione dell’allevamento e il benessere delle bovine. »

Voi su cosa avete puntato maggiormente nelle vostre aziende?

« Per ora, in entrambe le aziende, abbiamo investito su 6 aspetti che, personalmente, ritengo prioritari:

  1. Sensori ambientali che analizzano parametri come temperatura, umidità e areazione, e gestiscono un sistema di ventilazione misto con destratificatori sulle zone di riposo e ventilatori ad alta performance nelle zone di alimentazione, intervallati all’erogazione di doccia d’acqua a goccia pesante regolata da fotocellule, che individuano la presenza di animali e contribuiscono, così, al risparmio idrico.
  2. Telecamere con video registrazione e app su smartphone che permettono, attraverso l’analisi delle immagini, di controllare in tempo reale o ricostruire eventi, risultando particolarmente utili nel monitoraggio della zona adibita ai parti.
  3. Accelerometro (nel nostro caso un podometro applicato all’arto posteriore) che fornisce indicazioni su cambiamenti nel comportamento degli animali, in particolare per segnalare uno stato fisiologico come l’estro, ma anche per dialogare con la sala di mungitura ed evidenziare eventuali problematiche cliniche.
  4. Lattometri in sala di mungitura che permettono di dare indicazioni sullo stato di salute della mammella e su possibili problematiche digestive del singolo capo con appositi allert sul pc o sull’app del telefono.
  5. Carro miscelatore unifeed, che può essere gestito e monitorato da remoto nella gestione delle razioni e nello scarico dei quantitativi per singolo gruppo in produzione.
  6. Robot spingiforaggio, che permette di avvicinare ad intervalli predefiniti gli alimenti in mangiatoia, garantendone la costante disponibilità.»

Su quali aspetti hai avuto i risultati migliori e su quali, invece, non hai ottenuto ciò che speravi?

«Tutte le scelte fatte, hanno portato ad ottenere un forte aiuto nella gestione quotidiana dell’allevamento. Forse il dato meno preciso, o per lo meno da verificare controllando il singolo animale, è quello delle segnalazioni di mastiti, chetosi o vacche con problemi digestivi. In ogni caso la componente umana rimane un aspetto centrale da cui non si può prescindere, e non solo per quel che concerne la capacità di analizzare i dati. Ricordo a tal proposito la frase di un mio caro amico allevatore che condivido pienamente: “quando giri in mezzo alle vacche non è tempo perso, perché se vuoi raccogli sempre qualche informazione“. E’ fondamentale, quindi, sia creare un ambiente di stalla adatto all’allevamento avvalendosi anche delle innovazioni tecnologiche, ma anche leggere i dati raccolti ed intervenire tempestivamente, se si vuole garantire benessere degli animali, buone performance e quindi un reddito finale.»

Considerando l’elevata standardizzazione delle tecnologie, in che modo si può modulare la selezione genetica per ottenere il maggior ritorno sul benessere animale?

«La strada da seguire sarà abbinare i nuovi dati raccolti dalla sensoristica, che saranno sempre maggiori e più accurati, con i dati ufficiali raccolti dai controlli funzionali, che dovranno sempre esistere per dare un punto di riferimento. Si potrebbe, per esempio, avviare e perfezionare la raccolta dei dati relativi a caratteri legati alla salute, tra cui la resistenza al caldo, la salute dei piedi e tutti gli indicatori che riguardano la salute della mammella. I nuovi dati raccolti aiuterebbero a selezionare animali sempre più idonei ad essere gestiti nelle migliori condizioni di benessere ed essere, quindi, sempre più redditizi. A tal proposito, come Anafibj stiamo lavorando tanto in questa direzione, e abbiamo elaborato nuovi indici genetici finalizzati al raggiungimento di tale obiettivo. Tra questi troviamo, ad esempio, l’indice benessere e l’indice stress da caldo. Il primo è un indice composto che tiene conto di ben sette caratteri con differenti pesi percentuali:

  • salute della mammella 30%;
  • fertilità 25%;
  • longevità 15%;
  • BCS 15%;
  • tolleranza al caldo 5%;
  • facilità al parto 5%;
  • locomozione 5%;

ed ha la finalità di selezionare tori che generano figlie con migliori caratteristiche morfo-funzionali in ottica di benessere animale, e include anche l’aspetto genetico, premiando i soggetti polled e penalizzando i portatori di aplotipi/geni sfavorevoli. Il secondo, l’indice stress da caldo, ha invece l’obiettivo di stimare la componente genetica responsabile della tolleranza al caldo. Pertanto, identificando l’ambiente e la sua interazione con l’animale attraverso l’indicatore bio-climatico THI, la procedura permette di stimare, a partire dai fenotipi rilevati, il merito genetico degli individui. La selezione genetica rappresenta, dunque, un ulteriore strumento a disposizione dell’allevatore essenziale per migliorare il benessere animale.»

Per quel che riguarda i sensori indossabili, ne avete adottato qualche tipo? Che ne pensi?

«Al momento abbiamo solo i podometri che rilevano l’attività dell’animale e quindi la correlazione positiva con la fase estrale, inoltre permettono l’identificazione dell’animale in mungitura fornendo poi le informazioni dirette sulla produzione ed indirette sul possibile stato di salute dell’animale. Poiché per scelta non utilizziamo protocolli di sincronizzazione, penso che siano uno strumento indispensabile per chi, come noi, vuole avere buoni risultati riproduttivi.»

 In futuro su cosa vi piacerebbe investire?

«Bisogna considerare sempre il proprio ambiente come migliorabile, oggi dobbiamo pensare a delle strutture che da una parte assicurino il benessere animale e dall’altra tengano conto delle aspettative dei consumatori. Dobbiamo essere lungimiranti, sostenere anche un maggior costo oggi potrebbe non solo assicurare maggiori performance della stalla domani, ma anche fornire un’immagine migliore all’esterno. A partire dagli animali giovani, si può investire ancora molto in tecnologia, ad esempio nel riconoscimento elettronico individuale, misurare l’ingestione e l’incremento ponderale.

O ancora nel poter correlare il peso allo sviluppo corporeo e quindi all’età ideale per la prima fecondazione, cosa che potrebbe essere fatta attraverso il posizionamento della pesa in zone o passaggi in cui sosta l’animale. C’è poi un altro tema molto importante per noi, che è più  di carattere sociale, e riguarda la reperibilità di manodopera, soprattutto per quanto riguarda la mungitura, per cui sarà importante capire su quale scelta optare, ma nel nostro caso, dovendo mungere due volte al giorno come da disciplinare del Consorzio P.R. e considerati i numeri di animali presenti, l’ideale potrebbe essere la giostra robotizzata

Da imprenditore zootecnico cosa ti senti di consigliare ai tuoi colleghi?

«Ho la fortuna di aver visitato stalle in tutta Italia e non solo, vedendo situazioni alquanto differenti. Capita spesso di parlare con i miei colleghi allevatori forse più di management e di strutture che di genetica e, grazie alla mia esperienza, penso di riuscire a coniugare questi ragionamenti, dove tutto è importante se si vuole puntare in alto. Investire in tecnologia comunque è un fattore imprescindibile per la generazione di oggi, perché senza dati oggettivi diventa difficile essere imprenditori all’altezza. La celebre frase di Lord William Thomson Kelvin che dice “Se non si può misurare qualcosa, non si può migliorarla” calza a pennello anche in questo caso. Un imprenditore zootecnico deve esserne consapevole, perché la gestione di un processo produttivo nel quale manchi un sistema di monitoraggio rende estremamente complicato capire come e dove intervenire se insorgono dei problemi. Fatta questa premessa, è chiaro che la zootecnia di precisione è, per me, una componente chiave del processo produttivo, che va pianificata  in base ad una scala di priorità, perché tutto e subito è difficile da soddisfare. L’industria di ricerca ingegneristica è in continua evoluzione e, visti i costi di investimento, meglio affidarsi a sistemi che offrono determinate garanzie di durata nel tempo. Migliorare la produttività e la longevità monitorando la salute degli animali e il loro benessere deve restare il punto di partenza