Il tradizionale processo di caseificazione della Mozzarella di Bufala Campana (MBC) si basa su tre ingredienti: latte di bufala, caglio e siero innesto naturale. Quest’ultimo gioca un ruolo chiave nel rendere il prodotto unico, per diverse ragioni. In primo luogo, garantisce una rapida acidificazione della cagliata, con conseguente modifica degli equilibri minerali e dello stato di filatura (Jana e Mandal, 2011; Pisano et al., 2016), e in secondo luogo guida il processo fermentativo e la tecnologia, che è alla base dei processi di caseificazione. Per questo motivo negli ultimi anni diversi autori hanno ritenuto interessante lo studio del microbiota della MBC.
Ripercorrendo gli studi pubblicati, negli ultimi anni si sono verificati cambiamenti rivoluzionari nell’approccio, a partire dalle tecniche coltura-dipendenti, per arrivare alle tecnologie classiche di sequenziamento high-throughput (HTS) indipendenti dalla coltura. Al giorno d’oggi, l’HTS è diventata la tecnica prescelta per indagare l’incidenza, in termini quantitativi, di ogni attore che abita l’ecosistema di un prodotto. Questa tecnica fornisce un quadro completo e descrittivo della complessità e della composizione della comunità microbica (Widder et al., 2016).
Le ricerche condotte hanno dimostrato che, nonostante la complessità ecologica, solo alcuni LAB termofili (Streptococcus thermophilus, Lactobacillus delbrueckii e Lactobacillus helveticus) sono i principali protagonisti della fermentazione della cagliata; d’altro canto, i microrganismi mesofili, come le specie di Lactococcus lactis, presenti nel latte crudo di bufala, diventano meno abbondanti durante il processo tecnologico (Ercolini et al., 2012). Nonostante le piccole dimensioni dell’ecosistema MBC, in termini di specie in grado di guidare il processo fermentativo, è stato ampiamente riportato che la complessità e la variabilità del siero innesto sono strettamente legate all’ecosistema, alla tecnologia di caseificazione e all’area di produzione (Coppola et al., 1988, 2001; Bonizzi et al., 2007).
A questo proposito, il mondo della ricerca ha ritenuto interessante indagare diversi campioni intermedi di produzione di MBC, riferiti non solo a diverse aree di produzione ma anche a diverse tecnologie produttive, selezionando caseifici che operano in modo più tradizionale e con capacità produttive minori, rispetto ad aziende più grandi che utilizzano attrezzature più moderne per produrre maggiori volumi di prodotto.
In particolare uno studio recentemente pubblicato sulla rivista “Frontiers in Microbiology”, condotto dal team della dr.ssa Alessia Levante del Dipartimento di Scienze degli Alimenti e del Farmaco dell’Università di Parma, ha proprio voluto indagare i cambiamenti del microbiota della MBC durante il processo di caseificazione, considerando le variazioni tra due caseifici diversi per tecnologie e volumi di produzione e in risposta a fasi tecnologiche distinte, esplorando le influenze delle pressioni selettive e ambientali sulla comunità microbica di MBC.
Materiali e metodi
Un totale di 22 campioni di latte, siero innesto, cagliata prima della filatura, salamoia e mozzarella, sono stati raccolti da due aziende lattiero-casearie, situate nella regione Campania e denominate rispettivamente M e C. I due caseifici si differenziano per la tecnologia utilizzata. Il caseificio C è un’azienda più piccola e gestita in modo più tradizionale, mentre il caseificio M è un produttore più grande con un moderno impianto di produzione di latte. Entrambe le aziende eseguono la caseificazione secondo il disciplinare di produzione della MBC DOP.
Il sequenziamento genetico è stato eseguito su 19 dei 22 campioni, in quanto alcuni non erano analizzabili, ed ha permesso di identificare le specie microbiche presenti e le loro proporzioni, al fine di valutare la composizione microbica nelle diverse fasi della produzione del formaggio MBC DOP dei diversi elementi che entrano nel processo (latte, siero innesto, salamoia e cagliata).
Risultati
Il gruppo di ricerca ha rilevato che il latte pastorizzato, usato nei caseifici più grandi, apporta minore quantità e tipologie di microrganismi rispetto a quello solamente termizzato. I campioni di salamoia mostrano una ricchezza in termini di specie paragonabile a quella dei campioni di latte, anche se questi ultimi hanno registrato la diversità più elevata per tutti gli indici. Tuttavia, non tutti i microrganismi presenti nella salamoia si ritrovano nel formaggio, probabilmente perché non adatti a nutrirsi di questo o perché si sviluppano più tardivamente rispetto al momento in cui è stato effettuato il prelievo.
Nei campioni di cagliata, si sono rilevate poche specie che prendono il sopravvento nel processo di fermentazione. La decisione di analizzare anche la salamoia del formaggio è stata dovuta al fatto che essa rappresenta un punto chiave della produzione di MBC DOP, diverso da molti altre mozzarelle in cui la salatura avviene durante l’operazione di filatura (Gobbetti et al., 2018). Pertanto, sebbene l’MBC sia un formaggio fresco, la salatura può essere considerata un potenziale serbatoio di diversità microbica perché il microbiota della salamoia contamina la superficie dell’MBC. Diversi autori hanno studiato la composizione di diversi tipi di mozzarella e formaggi a pasta filata utilizzando l’approccio HTS per descrivere il microbiota di questi prodotti caseari. La composizione dei siero innesti utilizzati per la produzione di mozzarella di bufala è stata studiata da De Filippis et al. (2014), confermando che le specie dominanti sono S. thermophilus, seguito da L. delbrueckii e L. helveticus.
In accordo con questa osservazione, i campioni analizzati mostrano una prevalenza di Streptococcus e Lactobacillus spp. e il rapporto tra questi due taxa è leggermente diverso tra i due caseifici, e questo è forse un aspetto interessante da indagare più a fondo. Nonostante l’elevato numero di specie di microrganismi rilevati nel latte e nella salamoia, sembra comunque che il microbiota della mozzarella sia principalmente influenzato dal siero innesto naturale.
Conclusioni
I formaggi, in particolare quelli artigianali, raramente sono il risultato dell’attività di un singolo individuo, ma di un gruppo di microrganismi. La maggior parte dei processi di fermentazione degli alimenti dipende da miscele di microrganismi (specie e biotipi), che agiscono di concerto per produrre le caratteristiche desiderate del prodotto. I formaggi sono spesso caratterizzati dalla presenza di un microbiota complesso e devono essere discussi tenendo conto dello scenario delle comunità microbiche.
In questa prospettiva, la MBC è un ecosistema dinamico in cui gli attori sono sottoposti a continui stimoli ambientali/tecnologici temporali. In questo scenario, è di grande interesse il fatto che il processo di caseificazione della MBC, nonostante la presenza iniziale di un microbiota ampio e variegato, sia principalmente nelle mani di un microbioma ridotto, composto principalmente da Streptococcus e Lactobacillus spp, a sostegno della conclusione che la composizione del siero innesto naturale rappresenti il fattore chiave che guida la composizione dei prodotti finali della MBC. Piccole differenze nell’applicazione della tecnologia di caseificazione, sostenute da ciascun casaro e rientranti nel disciplinare di produzione della DOP, spiegano più probabilmente le variazioni e le caratteristiche da caseificio a caseificio.
Il presente articolo è una sinossi tratta dall’articolo “The microbiota of Mozzarella di Bufala Campana PDO cheese: a study across the manufacturing process” pubblicato sulla rivista “Frontiers in Microbiology”.