IN BREVE

In questo studio pubblicato di recente su JDS Communications sono stati studiati i livelli di batteri anaerobi sporigeni produttori di acido butirrico (BAB) nel latte crudo di 7 allevamenti convenzionali gestiti in maniera simile.

Il controllo e la riduzione al minimo delle spore di BAB nel latte crudo sono fattori importanti per prevenire il difetto denominato “gonfiore tardivo” in alcune tipologie di formaggio durante la stagionatura. Diverse pratiche di gestione adottate in allevamento, come la tipologia di lettiera utilizzata, i detergenti e la frequenza di tosatura della mammella possono influenzare le concentrazioni di spore BAB nel latte crudo. Gli autori hanno impiegato modelli statistici per testare la correlazione tra fattori a livello di allevamento e concentrazioni di spore di BAB. Non è stata trovata alcuna associazione significativa tra le pratiche di gestione esaminate (ad es. gestione della lettiera, procedure di preparazione alla mungitura, valutazione della pulizia dei capezzoli e delle mammelle, procedure di pulizia dell’area di sosta e frequenza di tosatura o di rimozione dei peli tramite fiamma della mammella) e la concentrazione di spore di BAB, e la ragione potrebbe essere attribuibile alla piccola dimensione del campione utilizzato. Il numero minimo di singoli campioni richiesti è stato calcolato utilizzando i parametri presenti in questo studio, e ciò ci dimostra come questa ricerca possa essere utilizzata in futuro per la progettazione di altri studi.

Punti salienti

  • I livelli basali di spore di batteri anaerobi produttori di acido butirrico (BAB) nel latte crudo raccolto mensilmente per 1 anno da 7 allevamenti convenzionali avevano una concentrazione media di 1.79 log10 MPN/L.
  • I livelli di BAB variavano significativamente a seconda dell’allevamento.
  • L’analisi di uno studio post-hoc sulla gestione dell’allevamento non è riuscita a identificare alcuna associazione significativa tra le pratiche di gestione dell’allevamento e i livelli di spore BAB nel latte crudo.

Abstract

I batteri anaerobi sporigeni produttori di acido butirrico (BAB) sono importanti contaminanti microbici nel latte crudo che possono portare al deterioramento precoce di alcune tipologie di formaggio durante la fase di stagionatura. È stato condotto uno studio per determinare i livelli basali di queste spore nel latte crudo di 7 allevamenti convenzionali situati negli Stati Uniti nord-orientali in un arco di tempo di 1 anno. La concentrazione media complessiva di BAB era di 1.79 log10 MPN/L con i livelli di spore che differivano significativamente a seconda dell’allevamento. È stato condotto uno studio post-hoc sulle pratiche di gestione degli allevamenti per determinare se vi fosse un’associazione tra le pratiche adottate in azienda e i livelli di BAB nel latte crudo proveniente da queste stesse aziende. Le domande del sondaggio includevano variabili relative alla lettiera, alle procedure di preparazione per la mungitura, al punteggio sulla pulizia di capezzoli e mammelle, alle procedure di pulizia dell’area di sosta e alla frequenza di rasatura o di fiammeggiatura della mammella. Ciascuna variabile è stata dotata di un modello lineare a effetti misti, che non ha rivelato alcuna associazione significativa tra i fattori a livello di allevamento e le concentrazioni iniziali di BAB nel latte crudo; questo risultato era probabilmente dovuto alla piccola dimensione del campione impiegato in questo studio. Per dimostrare l’utilità dei nostri dati al di là dei livelli basali iniziali di BAB sporigeni nel latte crudo, abbiamo utilizzato questo set di dati per calcolare il numero minimo di singoli campioni che dovrebbero essere raccolti per gli studi futuri (definendo un numero che andava da 96 a 126 campioni), per riuscire a valutare la correlazione tra fattori a livello di allevamento e concentrazioni di BAB nel latte crudo. Nel complesso, questo studio fornisce alle parti interessate del settore lattiero-caseario dati di riferimento sui livelli di spore di BAB nel latte crudo, unitamente alla dimostrazione di come questi dati potrebbero essere utilizzati in studi futuri per calcolare le dimensioni del campione necessarie per valutare l’effetto delle pratiche di gestione dell’allevamento sui livelli di BAB nel latte crudo.


I batteri sporigeni anaerobi produttori di acido butirrico (BAB) si ritrovano naturalmente a bassi livelli nel latte crudo (ad esempio, 2.70 log10 spore/L riportato da Vissers et al., 2007b) e sono degni di nota per l’industria lattiero-casearia perché alcuni di questi batteri, vale a dire Clostridium tyrobutyricum e i microrganismi ad esso correlati, producono idrogeno e anidride carbonica durante la maturazione del formaggio, provocando crepe e spaccature nella pasta del formaggio, un difetto noto come “gonfiore tardivo” (Le Bourhis et al., 2007). Oltre ai difetti nel corpo del formaggio causati dalla produzione di gas, durante il gonfiore tardivo vengono prodotti anche acidi organici come l’acido butirrico, che spesso è accompagnato dalla presenza di un aroma sgradevole e del sapore rancido nel prodotto caseario, causando così scontento nel consumatore (D’Incecco et al., 2018).

Questo deterioramento colpisce principalmente i formaggi semiduri e duri come il Gouda e l’Edam, con conseguenti gravi perdite economiche per i produttori di formaggio e contribuisce allo spreco di prodotti lattiero-caseari (Garde et al., 2013). In precedenza, sono stati condotti studi per valutare i metodi utili a ridurre il difetto causato dal gonfiore tardivo nel formaggio, sia a livello di lavorazione che di allevamento (Waes e Heddeghem, 1990; Stadhouders, 1990; Velasco et al., 2011). Le misure più comunemente utilizzate per ridurre la concentrazione di spore di BAB nel latte crudo presso l’impianto di lavorazione includono la rimozione meccanica delle spore mediante centrifugazione o filtrazione batterica o la prevenzione della crescita di BAB nel formaggio utilizzando additivi come il lisozima (Lodi e Stadhouders, 1990; Lamichhane et al., 2018). Poiché le spore di BAB nel latte provengono dall’allevamento (ad es. insilato, lettiera, letame e così via), ridurre o prevenire la contaminazione a questo livello è un altro metodo attuabile per ridurre il deterioramento del formaggio dovuto a tali spore. Precedenti studi hanno esaminato il ruolo svolto dagli alimenti somministrati alle vacche da latte nel determinare i livelli di contaminazione da spore di BAB nel latte crudo. Ad esempio Visser et al. (2007a) hanno identificato l’insilato di mais come la principale fonte di contaminazione da spore di BAB nel latte crudo e hanno affermato che impedire che i livelli di tali spore raggiungano concentrazioni elevate nell’insilato è un fattore fondamentale per prevenire la successiva contaminazione del latte crudo.

Oltre alle fonti di origine alimentare, altri studi hanno scoperto che l’igiene dei capezzoli e delle mammelle è associata ai livelli di BAB nel latte crudo di massa. Inoltre, Martin et al. (2019) hanno individuato l’igiene della mammella come la più importante variabile di gestione dell’allevamento capace di influenzare i livelli di BAB nel latte crudo di massa utilizzando un approccio di inferenza multi-modello. Tuttavia, la maggior parte di questi studi è stata eseguita nei Paesi Bassi e le pratiche di produzione variano considerevolmente da un paese all’altro, limitando l’applicazione di questi studi precedenti alle aziende da latte statunitensi. Pertanto, il nostro obiettivo era in primo luogo quello di stabilire un livello basale di spore di BAB nel latte crudo proveniente da allevamenti convenzionali nel nord-est degli Stati Uniti e, in secondo luogo, di valutare le associazioni tra questi livelli di BAB nel latte crudo e le pratiche di gestione dell’allevamento. Il latte crudo è stato raccolto una volta al mese in 7 allevamenti convenzionali (n = 12 campioni dagli allevamenti B, C, D, E, F, G e n = 11 campioni dall’allevamento A) situati nel nord-est degli Stati Uniti tra luglio 2018 e giugno 2019 e testato per la presenza di spore di BAB. I campioni sono stati raccolti dai serbatoi per il latte di massa seguendo le stesse procedure descritte in Martin et al. (2019).

In breve, il latte crudo di massa è stato agitato per 5 minuti prima di raccogliere un campione (~ 250 mL) utilizzando un mestolo sterilizzato in 0.2 mL/L di cloro. I campioni sono stati congelati a circa -20°C prima della spedizione durante la notte al laboratorio del Milk Quality Improvement Program della Cornell University (Ithaca, NY). Una volta ricevuti, i campioni congelati sono stati conservati a -20°C fino a quando non sono stati eseguiti i test microbiologici, in linea generale entro 1 settimana dall’arrivo. I campioni di latte crudo congelato sono stati scongelati a 6°C per 24 ore prima del test per le spore di BAB. I test sono stati eseguiti utilizzando il metodo del numero più probabile (MPN) come descritto in Martin et al. (2019) con le seguenti modifiche.

In breve, i campioni di latte crudo sono stati inoculati in un totale di 20 provette sterili contenenti terreno Bryant e Burkey (BB) ciascuna, con 10 provette che hanno ricevuto 5 mL di latte crudo (inoculato in 5 mL di terreno BB) e 10 provette che hanno ricevuto 500 μL di latte crudo (inoculato in 9.5 mL di terreno BB). Le provette sono state tappate con paraffina fusa e trattate termicamente a 75°C per 15 minuti per eliminare le cellule vegetative. Tutte le provette BB sono state incubate a 35°C per 6 giorni e controllate ogni 48 ore per valutare la produzione di gas, con le provette che presentavano una produzione di gas (evidenziata dallo spostamento del tappo di cera) valutate come positive e quelle senza produzione di gas valutate come negative. È stata condotta un’indagine post-hoc sulla gestione degli allevamenti per identificare i potenziali fattori associati ai livelli di spore BAB nel latte crudo di massa proveniente da questi 7 allevamenti (Tabella 1).

Tabella 1. Sintesi dei dati sulle pratiche di gestione dell’azienda raccolti da indagini post-hoc condotte su 7 aziende da latte situate negli Stati Uniti nordorientali.

Lo studio è stato modificato secondo una precedente indagine utilizzata da Martin et al. (2019) e incentrata su (1) informazioni generali a livello di azienda, compreso il numero di vacche da latte e la frequenza giornaliera di mungitura di ciascuna vacca; (2) lettiera e fattori relativi all’area di stabulazione, compresa la tipologia di lettiera utilizzata per le vacche in lattazione, la frequenza di aggiunta della lettiera nuova, la frequenza con cui la lettiera veniva rivoltata o cambiata e la frequenza giornaliera con cui venivano raschiate le corsie; e (3) fattori relativi alla sala di mungitura, incluso se venivano indossati o meno i guanti durante la mungitura, se le vacche venivano o meno depilate durante la routine di mungitura, se venivano o meno utilizzati asciugamani puliti o tovaglioli di carta durante la preparazione alla mungitura, quali metodi di pulizia venivano utilizzati per lavare gli asciugamani e se l’area di sosta veniva pulita o meno durante la mungitura e, in tal caso, come veniva eseguita tale pulizia; e (4) fattori relativi alla vacca, incluso se la pulizia della mammella veniva valutata di routine e, in caso affermativo, con quale frequenza; se la pulizia del capezzolo veniva valutata o meno di routine e, in caso affermativo, con quale frequenza e se lo stato del capezzolo veniva valutato o meno di routine, e se sì con quale frequenza. Le variabili con tutte le risposte uguali, o con una sola risposta diversa dalle altre, non sono state incluse nell’analisi. Queste includevano la frequenza di raschiatura delle corsie e l’utilizzo dell’asciugatura per gli asciugamani lavati.

Per ridurre la collinearità nel set di dati e a causa delle dimensioni relativamente ridotte del campione, le restanti 10 variabili (dopo la rimozione delle variabili ridondanti come descritto sopra) dell’indagine sulla gestione dell’azienda (tabella 1) sono state condensate in un totale di 5 fattori, rappresentati da (1) lettiera (combinazione di tipologia di lettiera e frequenza di aggiunta di nuova lettiera); (2) area di attesa [combinazione di area di attesa pulita (sì/no) e metodo (raschiatura o lavaggio) utilizzato per la pulizia dell’area di attesa]; (3) protocollo di pulizia degli asciugamani lavati (combinazione di utilizzo di un detersivo e utilizzo di candeggina); (4) frequenza di rasatura della mammella; e (5) punteggio attribuito a capezzoli e mammelle (combinazione di pulizia di capezzoli e mammelle, esecuzione di una valutazione delle condizioni e frequenza di tale valutazione). Tutte le analisi statistiche sono state eseguite nell’R Statistical Programming Environment (R Core Team, 2020). I campioni di latte crudo con concentrazioni di BAB al di sotto del limite di rilevazione (18 MPN/L) sono stati tenuti in considerazione nelle analisi assegnando un valore pari al 25% del limite di rilevazione (ovvero 4.5 MPN/L). Inoltre, mancando un data point dall’allevamento A (campione di ottobre) per calcolarlo è stata fatta la conta di BAB media dagli 11 test BAB di quell’allevamento e tale valore assegnato al data point mancante. Dopo la pulizia dei dati come descritto sopra, le concentrazioni di spore di BAB sono state trasformate in log10 prima di ulteriori analisi.

Nell’analisi statistica sono state utilizzate in totale 84 conte di spore provenienti da 7 allevamenti (A, B, C, D, E, F, G). Una distribuzione della frequenza dei livelli di spore BAB utilizzando tutti gli 84 data point è stata realizzata tramite l’istogramma in R (R Core Team, 2020). Le differenze complessive e appaiate tra i livelli di spore di BAB per allevamento sono state valutate utilizzando ANOVA con la funzione integrata R (R 4.0.4) e utilizzando la differenza onestamente significativa di Tukey con il pacchetto emmeans (numero di versione 1.5.5–1). Per determinare le correlazioni tra i fattori a livello di allevamento sopra descritti e la concentrazione di spore di BAB nel latte crudo di massa, è stato utilizzato il pacchetto lme4 in R (Bates et al., 2015) e modelli ad effetti misti lineari individuali sono stati adattati per ciascuno dei 5 fattori a livello di allevamento come effetto fisso, con la conta in log10 delle spore di BAB come risposta.

Per ogni modello, l‘ID dell’allevamento è stato incluso come effetto random per tenere conto delle misure ripetute dei singoli allevamenti. I fattori meteorologici e la stagione non sono stati inclusi nell’analisi qui condotta, a causa della piccola dimensione del campione e dato che avevamo solo un data point per la combinazione azienda/mese, e non è stato osservato alcun trend evidente nei dati riportati per azienda nel tempo. È stato utilizzato un P-value di 0.05 per valutare la significatività statistica dei risultati del modello. Infine, per dimostrare l’utilità dei dati qui presentati, è stato calcolato il numero minimo di singoli campioni necessari per trovare una correlazione tra le pratiche di gestione dell’allevamento e i livelli di spore di BAB nel latte crudo utilizzando le metodiche di dimensionamento del campione per gli studi descrittivi delineate da Hulley et al. (2001).

In breve, durante il calcolo della dimensione del campione sono stati utilizzati 3 parametri: deviazione standard della variabile di interesse (S), l’ampiezza desiderata dell’intervallo (W) e l’intervallo di confidenza, dove il valore di W è stato determinato in base ai singoli parametri dello studio. Dopo aver standardizzato l’ampiezza totale dell’intervallo (dividendo W per S), la dimensione del campione è stata determinata secondo la tabella presentata in Hulley et al. (2001). Nel nostro studio qui riportato, il livello di confidenza scelto era pari al 95% e l’ampiezza totale standardizzata dell’intervallo (W/S) era compresa tra 0.35 e 0.40. I dati e il codice del progetto sono disponibili su https://github.com/FSL-MQIP/BAB-Project. Nel complesso, le conte delle spore di BAB nei 7 allevamenti seguivano approssimativamente una distribuzione normale (Figura 1). Dei campioni di latte crudo raccolti, il 13.1% (11/84) presentava livelli di spore di BAB inferiori al limite di rilevazione di 1.26 log10 MPN/L (18 MPN/L; Figura 1). I campioni di latte crudo con livelli rilevabili di spore di BAB variavano da un minimo di 1.28 log10 MPN/L (19 MPN/L) a un massimo di 2.85 log10 MPN/L (700 MPN/L). La media complessiva e l’errore standard della media delle conte di spore di BAB nel latte crudo raccolto dai 7 allevamenti era di 1.79 ± 0.06 log10 MPN/L (62 ± 1 MPN/L). I livelli medi di spore variavano molto e in modo significativo (P <0.0001) tra i singoli allevamenti. Sulla base delle medie aritmetiche, l’allevamento C aveva la più bassa concentrazione media di spore (1.40 log10 MPN/L (25,2 MPN/L)), mentre l’allevamento E aveva la concentrazione media più alta di spore nell’arco dei 12 mesi (2.58 log10 MPN/L (378 MPN/L; Figura 2)).

In effetti, il livello medio di spore nel latte crudo dell’allevamento era significativamente più alto (P < 0.0001) rispetto al numero medio di spore di ciascuno degli altri allevamenti (Figura 2). Oltre ai livelli medi più alti di spore, l’intervallo delle conte delle spore per l’allevamento E [da 2.18 a 2.85 log10 MPN/L (da 150 a 700 MPN/L)] era considerevolmente più ampio dell’intervallo delle conte delle spore in altri allevamenti (Figura 2). I limiti della nostra indagine post-hoc (ad esempio, fare affidamento sui produttori per ricordare con precisione i cambiamenti nelle pratiche di gestione nell’arco di un anno di tempo) e la mancanza di dati sui BAB provenienti da potenziali fonti agricole (ad esempio, gli insilati) limitano la nostra capacità di determinare la causa della variabilità qui osservata; tuttavia, questa variabilità può essere attribuita a cambiamenti nelle pratiche di gestione (ad esempio, la preparazione della mungitura), al cambiamento del livello di spore di BAB negli alimenti o ad altri fattori a livello di allevamento. Precedenti studi hanno analizzato il livello di spore di BAB nel latte crudo. Ad esempio Visser et al. (2007b) hanno riscontrato che la conta media delle spore di BAB di 24 allevamenti nei Paesi Bassi era di 2.70 log10 spore/L, più alta della conta media di spore di BAB di 1.79 log10 MPN/L trovata in questo studio.

Oltre alle più basse concentrazioni medie di spore di BAB nel nostro studio, nessuno dei campioni testati qui ha superato il limite di qualità di 3.00 log10 spore di BAB/L nel latte crudo utilizzato per la produzione del formaggio suggerito da Vissers et al. (2007b). Inoltre, mentre in questo studio abbiamo osservato differenze significative tra le concentrazioni di spore di BAB, altri studi qui esaminati non valutavano l’esistenza di differenze significative tra le concentrazioni di BAB per allevamento o il livello di variabilità all’interno dell’allevamento. Nel complesso, l’approccio utilizzato qui ha mostrato che nessun fattore a livello di allevamento valutato durante questo studio è correlabile ai livelli di BAB nel latte crudo, con P-value dell’area di sosta, delle sostanze per la pulizia, della frequenza di rasatura della mammella e modelli di punteggio tutti superiori a 0.8 e il P-value del modello di lettiera maggiore di 0.5 (dati non mostrati).

Precedenti studi hanno suggerito che è fondamentale limitare la contaminazione iniziale dell’insilato con spore di BAB e prevenire la crescita di questi batteri durante lo stoccaggio e la somministrazione con la dieta dell’insilato, visto che il controllo dei livelli di tali spore nell’insilato misto era la strategia più importante per controllare la concentrazione di spore batteriche nel latte crudo (Vissers et al., 2007b). In parte attribuiamo i risultati non significativi riscontrati in questo studio alla piccola dimensione del nostro campione, costituito da 84 data point provenienti da 7 allevamenti. Per sfruttare i dati raccolti da questo studio per ricerche future, abbiamo utilizzato le deviazioni standard calcolate per determinare la dimensione minima del campione necessaria per individuare un’eventuale correlazione tra fattori a livello di allevamento e concentrazioni di spore di BAB. Ad esempio, utilizzando i 3 parametri descritti sopra e in Hulley et al. (2001), che includono (1) la deviazione standard (S), che qui è stata stimata essere pari a 0.59 log10 MPN/L (3.9 MPN/L); (2) l’ampiezza totale standardizzata dell’intervallo tra 0.35 e 0.40 [calcolata come l’ampiezza desiderata dell’intervallo (W) divisa per S], e (3) un intervallo di confidenza del 95%, stimiamo che per determinare l’impatto delle pratiche di gestione dell’azienda sui livelli di spore di BAB nel latte crudo sfuso dovrebbero essere analizzati, in totale, dai 96 ai 126 campioni.

Per calcolare le dimensioni del campione necessarie per testare i singoli parametri di gestione dell’azienda (ad esempio, il tipo di lettiera utilizzato), gli studi futuri potrebbero utilizzare le deviazioni standard provenienti da questo studio, che può essere trovato su https://github.com/FSL-MQIP/BAB-Project. Il nostro studio fornisce una distribuzione attuale delle spore di BAB nel latte crudo di massa negli Stati Uniti nord-orientali, una risorsa preziosa per l’industria lattiero-casearia statunitense. Mentre in questo studio il numero di campioni è stato un limite importante alla nostra capacità di determinare le correlazioni tra le pratiche di gestione dell’allevamento e i livelli di spore BAB nel latte crudo di massa, negli studi futuri potrebbero essere utilizzati i parametri calcolati dal nostro set di dati e il metodo dimostrato qui per avere la garanzia di un sufficiente numero di campioni raccolti. Tuttavia, i nostri dati forniscono informazioni importanti sulla variabilità significativa della conta delle spore di BAB tra gli allevamenti, che risultano essere preziosi (e utilizzabili) poiché suggeriscono che i dati a livello di azienda possono essere utilizzati per identificare gli allevamenti che contribuiscono in modo sproporzionato ai livelli di BAB nel latte. L’identificazione di questi allevamenti e la diminuzione della contaminazione da spore rappresentano una strategia realizzabile utile a ridurre le concentrazioni di spore di BAB nelle forniture di latte crudo utilizzate per la caseificazione, riducendo quindi anche la probabilità di sviluppo del gonfiore tardivo nel formaggio.

Tratto da: “Butyric acid-producing bacterial spore levels in conventional raw milk vary by farm“, di X. Shi, C. Qian, S.I. Murphy, M. Wiedmann e N.H. Martin. DOI: https://doi.org/10.3168/jdsc.2022-0252

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Note

  1. Shi https://orcid.org/0000-0003-3618-5249
  2. Qian https://orcid.org/0000-0002-3835-1952
  3. I. Murphy https: //orcid.org/0000-0001-9092-0625
  4. Wiedmann https: //orcid.org/0000-0002-4168-5662
  5. H. Martin https: //orcid.org/0000-0003-1704-0634

Gli autori sono grati per il continuo supporto del comitato consultivo per la promozione del latte di New York del programma di miglioramento della qualità del latte presso la Cornell University (Ithaca, NY).

Gli autori ringraziano Ariana Rojas, Miquela Hanselman e Rachel Evanowski (Cornell University, Ithaca, NY) per la raccolta e l’analisi dei campioni e i 7 produttori di latte per la loro partecipazione a questo studio.

Nessun animale è stato utilizzato in questo studio; pertanto, non è stata ritenuta necessaria l’approvazione da parte dell’Institutional Animal Care and Use Commitee.

Gli autori non hanno dichiarato alcun conflitto di interessi.