Nato a Monfumo, un piccolo comune della provincia di Treviso, da mamma insegnante e papà imprenditore nel settore energetico, Pietro Dallan dall’età di 12 anni inizia a coltivare la passione per gli animali recandosi dopo la scuola, e appena possibile, presso l’azienda di un vicino di casa per trascorrervi del tempo. Intanto cresce e si iscrive all’Istituto Agrario, terminato il quale decide di intraprendere il percorso universitario, scegliendo il corso di studi in Scienze e Tecnologie Animali proposto dall’Università di Padova. Lì si trasferisce e, al termine del terzo anno, nell’ambito del tirocinio formativo obbligatorio, entra in contatto con l’azienda agricola Campogallo, una rinomata azienda appartenente alla famiglia Borgo, situata nel comune di Schiavon in provincia di Vicenza. Da subito si innesca un buon rapporto di lavoro e viene proposto a Pietro di rimanere oltre il termine del tirocinio. È il febbraio del 2018 e Pietro vuole terminare gli studi, si accordano quindi per mezza giornata e l’avventura ha inizio! Da luglio 2020, quando si è laureato, Pietro è a tempo pieno in azienda e ricopre un ruolo che, per quanto lui non ami la terminologia con cui viene indicato, è da tutti noi conosciuto come “capo stalla”. È proprio il connubio tra la mansione da lui ricoperta e la sua giovane età che ci ha spinto a contattarlo per fargli qualche domanda sul tema.
Allora Pietro, innanzitutto, ti chiediamo di fornirci qualche informazione per capire quale è il contesto in cui ti trovi.
«Si, certo. Come detto mi trovo presso l’azienda agricola Campogallo, una realtà di circa 380 bovine di razza Frisona mediamente presenti in lattazione, che conferisce il latte ad un caseificio sociale del vicentino per produrre Grana Padano DOP (principalmente) e Asiago DOP. Siamo in dieci a lavorare, due proprietari, e otto dipendenti di età diverse, tra cui due persone che prestano servizio rispettivamente dal 1977 e dal 1987.»
Ecco, su questo dettaglio ti interrompo subito per chiederti: “dato che in moltissime aziende agricole sono presenti persone con tanti anni di esperienza, come è stato il tuo percorso di inserimento in questo contesto?”
«Sicuramente il percorso non è stato sempre semplice, ma io sono una persona molto pragmatica, molto umile e con tanta voglia di mettersi in gioco, e credo questo abbia fatto la differenza. Inoltre, ho avuto la fortuna di studiare la mattina e lavorare nel pomeriggio, cosa che mi ha permesso di toccare con mano situazioni che leggevo sui libri e rendermi conto che alcune cose potevano essere cambiate. Ho provato così a proporre delle piccole modifiche, piano piano, un po’ in punta dei piedi, perché quando ci sono dei meccanismi ben oleati non è semplice indurre a cambiare approccio. I numeri nel tempo mi hanno dato ragione, sono iniziati ad arrivare dei miglioramenti e questo ha contribuito ad unire il gruppo di lavoro. Non è facile accogliere delle proposte che talvolta stravolgono routine collaudate, soprattutto se queste arrivano da un giovane che, per quanto possa aver studiato, ha sicuramente meno esperienza pratica di tanti che lavorano in azienda. Questo è molto comprensibile, e credo che si possa affrontare solo dando modo alle persone di conoscerti. L’unico merito che mi riconosco è quello di essere riuscito a mantenere la calma e le mie idee.»
Se ti chiedessi qual è l’ingrediente fondamentale per svolgere il tuo lavoro, cosa mi diresti?
«Al di là dell’organizzazione gestionale, credo che la parte più importante del mio lavoro di coordinamento delle attività, sia quella di riuscire a cogliere le capacità di ognuno, far sentire le persone a proprio agio nella mansione che ricoprono e soprattutto gratificarle riconoscendo il loro buon operato. Un’azienda funziona quando c’è armonia e gioco di squadra. Fondamentale per raggiungere questo obiettivo è anche il ruolo della dirigenza, Saverio e Gianmarco mi hanno dato fiducia e hanno accettato di fare alcuni investimenti, e questo si è rivelato poi un percorso di miglioramento e crescita per tutti!»
Ringraziandoti per averci raccontato la tua storia, vorrei farti un’ultima domanda: “Perché un’azienda che ricerca un capo stalla dovrebbe rivolgersi ad un giovane?”
«Ritengo che il punto di forza dei giovani sia la disinvoltura con cui approcciano alla tecnologia. Nel nostro settore non si può più prescindere dall’avere certe competenze, i software e le tante innovazioni a disposizione devono essere utilizzati al fine di non navigare più a vista ma fissare degli obiettivi e misurare concretamente i margini di miglioramento, perché ci sono e si possono raggiungere. Certo non deve mai mancare l’umiltà e la voglia di fare, ma quello vale un po’ per tutte le età!»