Nel corso della trasmissione di Report del 9 Gennaio 2023 sono state formulate accuse piuttosto pesanti nei confronti della filiera dei polli biologici di Fileni, che di conseguenza hanno sollevato molti interrogativi sulla “serietà” delle produzioni biologiche italiane.

L’agricoltura e la zootecnia biologiche sono nate in Italia agli inizi degli anni ’70 come reazione alla diffusione dell’agricoltura e dell’allevamento intensivi basati su un ampio ricorso a concimi, agrofarmaci, antibiotici e sullo sfruttamento senza limiti della terra e degli animali. Da filosofia di una fascia ristrettissima di persone e prodotto di nicchia, la domanda dei prodotti biologici è progressivamente cresciuta nel tempo spinta da ragioni etiche e salutistiche.

Negli ultimi anni poi le produzioni biologiche sono state incentivate da finanziamenti nazionali e comunitari fino a giungere alla forte spinta data dalla riconversione ecologica del Farm to Fork e quindi dalla PAC 2023-2027. La governance Europea che si è insediata dopo le elezioni del 2019 ha posto gli ambiziosi obiettivi di ridurre del 50% l’uso dei pesticidi e degli antibiotici negli allevamenti e arrivare al 25% di terra coltivabile biologica entro il 2030.

I consumatori, che sono poi anche gli elettori, stanno sempre più ponendo attenzione ai prodotti biologici. I legislatori europei hanno costruito negli anni una solida struttura legislativa per  regolamentare la produzione e la commercializzazioni dei prodotti biologici, che si è ulteriormente perfezionata nel regolamento EU 848 del 2018 diventato operativo in Italia con DM n° 229771 del 20/5/2022.

Altro fatto degno d’interesse è che la vendita dei prodotti biologici inizialmente fatta direttamente dalle aziende agricole e zootecniche, oppure dai negozi specializzati, è stata notevolmente amplificata dalla GDO. Nel 2021, secondo quanto riportato da ISMEA, del totale dei prodotti agro-alimentari biologici il 65,3% è stato venduto sugli scaffali della GDO, il 9,5% dai Discount e l’11,1% dai negozi tradizionali.

Rispetto al passato il differenziale di prezzo al pubblico tra biologico e convenzionale si sta progressivamente riducendo, cosa che però non sta avvenendo per i costi di produzione. I prezzi delle materie prime biologiche e la resa sia dei prodotti agricoli che zootecnici è certamente molto differente rispetto a quelli convenzionali. Per avere un quadro più completo del settore è bene sapere che in Italia, nel 2021 la superficie agricola dedicata al bio è cresciuta del 4,4% rispetto all’anno precedente, ed è stata di 2.186.570 milioni di ettari, che è pari al 17,4% della SAU, ossia della superficie agricola utile o disponibile. La dimensione media delle aziende biologiche è di 28,8 ettari e il numero di operatori è arrivato a 86.144, di cui 63.333 aziende agricole e zootecniche, in crescita del 5,4% rispetto all’anno precedente e pari al 5,4% del totale delle aziende italiane.

Gli allevamenti biologici italiani non sono molto diffusi. Quelli di bovini sono il 7%, di pecore l’8,6%, di capre il 9,4%, di avicoli il 4,8% e di suini solo lo 0,7%. Ad eccezione degli allevamenti ovi-caprini, che nel 2021 sono calati rispettivamente del 7,6% e del 5,3%, gli altri sono tutti in crescita percentuale, con un boom per gli avicoli che hanno registrato un + 20,6% tra il 2021 e il 2020.

L’agricoltura biologica italiana ha espresso nel 2021 un fatturato di 3,9 miliardi di euro, con un +11% rispetto al 2020, ed era già cresciuto del 7,3% rispetto al 2019. I prodotti biologici rappresentano il 3,9% di tutto l’agroalimentare. Nel carrello della spesa dei prodotti biologici, i prodotti del latte “pesano” per il 20,2% e la carne e i pesci per il 4,2%. 

L’inchiesta di Report che abbiamo citato in apertura e una serie di articoli pubblicati sul numero di Marzo 2023 della rivista Il Salvagente gettano benzina sul fuoco in merito all’affidabilità dei sistemi di controllo delle produzioni biologiche. In Italia sono stati qualificati da Accredia 19 enti privati per certificare le produzioni biologiche. Accredia (Ente Unico Nazionale di Accreditamento) è un’associazione senza scopo di lucro designata dal governo italiano. Queste società di certificazione operano in un regime di libera concorrenza. Alcune critiche che vengono mosse alle produzioni biologiche sono il mettere in discussione l’affidabilità del fatto che sia un ente privato retribuito dal controllato a verificare le produzioni biologiche. Quando nel 1991 uscì il Regolamento europeo ogni stato poteva scegliere tra le certificazioni pubbliche, private o miste. L’Italia scelse quelle private soprattutto per una ragione economica.

Una percentuale della polazione italiana, probabilmente in crescita, desidera consumare cibo prodotto senza l’utilizzo di agrofarmaci, concimi chimici e, nel caso di prodotti di origine animale, da allevamenti dove è garantita un’elevata qualità della vita. La questione del limite massimo di residui (LMR), ossia quella soglia massima di contaminanti ammessa in un alimento, non è rassicurante per buona parte dell’opinione pubblica che invece vorrebbe residui pari a zero per agrofarmaci e medicinali veterinari. Allo stesso tempo gli attuali standard di benessere animale non sono in grado di rassicurare la sensibilità etica dell’opinione pubblica.

Questi due aspetti, se risolti e chiariti, potrebbero aprire una nuova frontiera e nuove possibilità all’agroalimentare europeo, e dare un volto nuovo a ciò che ora noi chiamiamo biologico.