Negli ultimi anni un’importante tendenza che si è manifestata, e che continua a progredire imperterrita nell’ambiente zootecnico, è la diminuzione del numero di aziende con il collaterale aumento del numero di capi per allevamento. Se da un lato questo processo porta con sé dei vantaggi in termini di impatto ambientale è senza dubbio vero anche che a livello sociale può risultare un problema rilevante per i numerosi lavoratori che si ritrovano senza impiego. Ma, aldilà di queste considerazioni, un’altra problematica che si rivela urgente in relazione a questo fenomeno è la difficoltà che realtà sempre più grandi devono affrontare nel gestire in maniera efficiente un crescente numero di capi. Risulta infatti più complesso riuscire a venire incontro e soddisfare in maniera puntuale i singoli bisogni e le necessità degli animali quando un’azienda si ritrova centinaia di capi di cui più della metà in lattazione. A questo proposito non è un caso che sempre più spesso, soprattutto nelle grandi realtà, si attinga all’ausilio di apparecchiature di precisione e sistemi informatici quali lattometri, attivometri e flussometri con lo scopo di rilevare calori, monitorare la produzione lattea, diagnosticare zoppie. Tali strumenti afferiscono ai sistemi della zootecnia di precisione o PLF da “precision livestock farming” e grazie alla necessità di utilizzare specifici sensori, questi garantiscono oltre ad una risposta chiara nel rilevare il preciso elemento d’interesse, anche un’importante mole di dati che l’allevatore può utilizzare per avere un’idea completa e affidabile dello stato di salute della propria mandria. Caratteristica comune della strumentistica di precisione è poi un miglioramento delle prestazioni e dell’efficienza dell’azienda con una conseguente riduzione anche degli impatti in ambiente da parte del proprio allevamento.
Anche a fronte di tali vantaggi però da un’indagine ISTAT del 2021 risulta come meno del 40% delle aziende zootecniche italiane adoperi tali tecnologie, nonostante gli intervistati che presentavano questi sistemi in allevamento dichiarassero di trovarsi meglio rispetto a quando non li adoperavano. Tra le strumentazioni più diffuse ritroviamo gli attivometri per controllare la movimentazione degli animali e quindi rilevare i calori e varie alterazioni dello stato di salute generale, i ruminometri per analizzare il comportamento ruminale anch’esso coinvolto nelle dinamiche che precedono la fase estrale, momento in cui l’animale aumenta la propria movimentazione e riduce altresì la propria attività ruminativa, ma anche per assicurarsi che in generale la funzionalità del rumine sia regolare. Altre strumentazioni tra le più diffuse risultano quelle afferenti alla sala mungitura come sistemi automatici o volontari che alleggeriscono la necessità della manodopera sempre meno facile da reperire. Meno note sono invece le apparecchiature per la valutazione del colore del latte e per la rilevazione delle zoppie. I limiti di utilizzo della zootecnia di precisione possono essere relativi al costo iniziale dell’installazione di tali tecnologie, e alla scarsa interazione tra sistemi informatici di aziende produttrici differenti.
Un dato interessante risulta da uno studio pubblicato sulla rivista Animals nel 2021 sulla percezione dell’opinione pubblica circa l’utilizzo delle strumentazioni afferenti alla zootecnia di precisione, i cui risultati mostrano come, tra le preoccupazioni principali, vi siano quelle di una eccessiva digitalizzazione e dell’allontanamento dell’allevatore dal rapporto con l’animale. In realtà parrebbe che proprio grazie al maggiore tempo a disposizione risparmiato dall’analizzare i capi singolarmente l’allevatore possa dedicarsi con più attenzione ad altri aspetti dell’allevamento quali il comportamento e lo stato di salute degli animali, oltre ad analizzare i numerosi dati di cui dispone grazie alla strumentazione.
È comunque possibile ricontrare delle criticità sull’utilizzo di queste tecnologie innovative. Da una parte sebbene la quantità di studi e la ricerca siano equamente divisi tra i vari settori della gestione degli animali in azienda, sono più preponderanti sul mercato quegli strumenti di precisione incentrati sul massimizzare l’efficienza della produzione, piuttosto che quelli valutanti l’analisi comportamentale, probabilmente perché i primi più facili da gestire e monitorare, oltre che più immediati nel convincere gli allevatori, mentre risultano di pari importanza anche i secondi per i quali è più difficile trovare un corridoio di distribuzione. In ultimo un fattore che sicuramente potrebbe incidere dal versante rapporto tra zootecnia e consumatori è la comunicazione di questi sistemi, in modo che anche l’acquirente sia messo a conoscenza della riduzione dell’impatto del prodotto e del miglioramento delle condizioni di benessere a cui gli animali sono soggetti accorciando in tal modo quel gap così importante tra zootecnia e opinione pubblica.