12 luglio, Alta Val Cavagna

Siamo sui dorsali erbosi del valico tra la Val Colla (Svizzera) e la Val Cavargna (Italia), all’altezza di 1542 metri s.l.m, in passato via di transito molto battuta e che ora ospita l’oratorio dedicato a San Lucio, al cui interno vi è la statua lignea quattrocentesca del santo. San Lucio è un pastore che offre ai poveri il formaggio che il suo padrone gli dà come paga, che si dice moltiplichi miracolosamente, provocando l’invidia del padrone che finisce per ucciderlo. Egli diviene così il patrono dei formaggiai, dei casari, di coloro che svolgono attività casearie e dei mandriani. Nella notte del 12 luglio, giorno dell’ anniversario del suo martirio, San Lucio appare in sogno a chi la sera precedente lo ha pregato e si è coricato tenendo accesa una candela davanti a una sua immagine. In questo modo, mi è possibile interrogarlo (e chiedergli Grazie che a volte concede), per rivolgergli alcune domande e annotare le sue risposte che scrivo appena mi sveglio dal sogno.

San Lucio, se Gesù ha moltiplicato pani e pesci Lei con un miracolo ha creato il formaggio che distribuisce ai poveri, almeno così si racconta. Come ciò è avvenuto?

«Il miracolo, perché tale è avvenuto su ispirazione divina, è quello di produrre formaggio in queste zone alpine di alta quota, un formaggio che distribuisco agli abitanti di questi luoghi, in gran parte poveri, insegnando loro come fare il prezioso alimento. Così facendo, sollevo le ire del padrone di questi alpeggi che vedendosi intaccare i guadagni che si procura vendendo latte, latti acidi o tenere ricotte, mi uccide. Tutto questo avviene quando io, anche su ispirazione e guida divina, individuo in queste alte terre alpine le piante capaci di coagulare il latte e trasformarlo in formaggio. Fin dai tempi più antichi in tutte le basse terre che circondano il Mediterraneo vi sono vegetali, primi tra tutti il fico e il cardo o carciofo selvatico, capaci di coagulare il latte che si può così trasformare in caci e formaggi di grande valore, perché di lunga conservazione, facile trasporto, elevato valore nutritivo e gastronomico e quindi di buon prezzo e guadagno. Ma qui, a queste altezze, fichi e cardi non crescono, mentre ignote sono altre erbe e piante capaci di coagulare il latte per farne formaggio, e che mi sono indicate dallo spirito divino. Il Galium verum dai piccoli fiori gialli, che sarà poi noto come caglio zolfino, presente nei prati aridi e nelle boscaglie montane e subalpine fino a 1700 metri s.l.m., ha un gambo dal quale fuoriesce un liquido bianco che utilizzo per la coagulazione del latte nella produzione di formaggi. Sempre in questi alti rilievi alpini e fino ai 2000 metri s.l.m., la Plantago lanceolata (lingua di cane o orecchio di lepre) ha buone azioni coagulanti il latte, come il Galium verum e altre erbe di questi luoghi».

San Lucio, capisco che alle alte quote non si conoscevano piante o erbe capaci di coagulare il latte per farne formaggi e si producevano solo latti acidi o giuncate, ma i mandriani del luogo non potevano usare il caglio d’origine animale ottenuto dallo stomaco di neonati o lattanti?

«Quanto lei dice è giusto, ma si dimentica che il caglio di origine animale non si produceva sui pascoli alle alte quote e non era di facile ottenimento, per cui la possibilità di usare erbe coagulanti locali è stata considerata un miracolo, quale in realtà è avvenuto per ispirazione divina. La produzione sugli alti pascoli di formaggio, che può essere stagionato e di grande pregio, rende anche possibile ottenere siero dal quale ottenere una ricotta. In altri termini, costruire una catena (“filiera” – n. d. I.) casearia ricca di cultura e di valore economico porta i mandriani a eleggermi loro patrono, e il mio nome si diffonde anche nelle più lontane pianure per merito anche dei calderai».

Calderai? Ma cosa c’entrano in questa storia che si fa molto interessante?

«Se per avere un semplice latte acido o una giuncata è sufficiente qualche attrezzo di legno, per fare il formaggio, ad esempio un caciofiore, è necessario avere una caldaia di buon metallo, preferibilmente di rame, costruita con arte dai calderai che si costituiscono anche in corporazioni. Sono questi che con le loro caldaie diffondono le tecniche di produzione dei formaggi e anche il mio nome, fino a trasformarlo in un culto. E’ quanto avviene quando, oltre a costruire e vendere caldaie, divulgano le mie immagini nelle quali mi raffigurano mentre regalo una ricotta o un pezzo di formaggio a un povero».

Certamente Lei sa che anche altri, oltre i casari e i formaggiai, chiedono la sua intercessione dall’Alto dei Cieli e io nel ringraziarla chiedo la sua benedizione.

Nel benedirla, le dico che seguo continuamente le invocazioni che mi arrivavano e quando vedo che sono accompagnate da un cuore sincero e da una giusta e retta fede intercedo presso l’Alto dei Cieli. So che sono divenuto patrono dei formaggiai, e delle loro Corporazioni o Arti, in molte città, come Milano, Bergamo, Brescia, Lodi, Codogno, Piacenza e Parma, grazie anche agli emigrati della Val Cavargna e ai ramai o calderai che diffondono il mio Patronato in una cinquantina di località del Nord Italia e del Ticino. A Parma, l’antichissima e potente Arte dei Lardaroli, secondo lo Statuto del 1459, ha il diritto di vendita esclusiva di formaggio, carni salate, olio d’oliva e semi, pesci freschi, salsicce, interiora e burro, proprio perché in questa città le due attività di trasformazione del latte in formaggio e stagionatura delle carni sono interconnesse tanto da diventare un’unica Arte. Per questo sono divenuto il protettore anche di Lardaroli, e nelle licenze e sui documenti ufficiali della loro Arte è visibile l’immagine nella quale offro un pezzo di formaggio ad un povero».

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, é stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie. 

Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri. 

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastrononie.