Abstract
Questo documento prende in esame i metodi esistenti per valutare l’impiego delle risorse idriche nel settore zootecnico, riconoscendo il fatto che l’acqua gioca un ruolo fondamentale nell’approvvigionamento alimentare globale e che i sistemi di produzione animale consumano un elevato quantitativo delle risorse idriche disponibili. Un certo numero di metodi ha contribuito allo sviluppo delle valutazioni sull’impiego delle risorse idriche nella produzione zootecnica. I metodi esaminati in questo studio sono stati classificati in tre categorie: analisi della produttività idrica, analisi dell’impronta idrica e analisi del ciclo di vita. Il metodo della produttività idrica è stato utilizzato per valutare i benefici derivanti dall’utilizzo che consuma acqua nella produzione zootecnica; il metodo dell’impronta idrica ha aumentato la consapevolezza delle grandi quantità di acqua necessarie per la produzione zootecnica; e i life cycle assessment (LCA) evidenziano l’importanza della connessione tra l’utilizzo delle risorse idriche e gli impatti a livello locale. In primo luogo, abbiamo individuato i punti di forza e le debolezze riguardanti la valutazione dell’utilizzo delle risorse idriche nel settore della produzione zootecnica. Poi abbiamo identificato tre aree chiave per il miglioramento: 1) le fonti di acque verdi e quelle di acque blu dovrebbero essere incluse nelle valutazioni e presentate separatamente per fornire risultati esplicativi; 2) la qualità dell’acqua non dovrebbe essere riassunta tramite valutazioni qualitative dell’utilizzo delle risorse idriche; e 3) i metodi per la valutazione dell’utilizzo dell’acqua nei sistemi di allevamento dovrebbero tenere in considerazione anche gli utilizzi alternativi, i molteplici utilizzi e i benefici di una determinata risorsa in un luogo specifico.
Parole chiave: Valutazione dell’utilizzo delle risorse idriche, acqua verde, acqua blu, produzione zootecnica, produzione di carne bovina.
1.1 Utilizzo delle risorse idriche in agricoltura
1.2 Utilizzo delle risorse idriche nella produzione zootecnica
2.1 Approcci per valutare l’utilizzo di acqua per le coltivazioni e i foraggi
2.1.1. Confronto di tre tipologie di metodi per la valutazione dell’acqua nel settore zootecnico
2.4. LCA e impronte idriche aggiornate
3.1. Tenere conto della qualità dell’acqua
3.2. L’importanza di includere l’utilizzo di acqua verde
3.3 Considerazione dell’impatto ambientale e di altri potenziali utilizzi
3.2.2. Opportunità metodologiche
1. Introduzione
Si prevede che la domanda di alimenti di origine animale raddoppierà entro il 2050 (IAASTD, 2008), guidata dalla crescita della popolazione, dall’urbanizzazione e dall’aumento dei redditi (Delgado et al., 1999).Buona parte dell’aumento della produzione e del consumo di prodotti di origine animale avverrà nei paesi in via di sviluppo (Alexandratos e Bruinsma, 2012).
Imperativo sarà limitare l’espansione agricola in ecosistemi già vulnerabili ed evitare un danneggiamento irreversibile che vada a compromettere la resilienza di un ecosistema (Naylor, 2009; Rockströmet al., 2009b). Vi è un diffuso consenso tra gli scienziati che si occupano del settore agricolo sul fatto che gran parte dell’aumento della domanda di alimenti di origine animale previsto dovrà essere soddisfatto da un’intensificazione sostenibile dell’agricoltura, che prevede un aumento della produzione di alimenti senza però un maggior impiego di risorse naturali (come i terreni e l’acqua) e senza incrementare le emissioni dannose nell’acqua, nell’aria e nel suolo (Hereroetal., 2010; Til). Attualmente, la produzione zootecnica globale necessita del 30% circa del fabbisogno complessivo di acqua del settore agricolo, compresa l’acqua piovana e di irrigazione utilizzata per la produzione di alimenti per animali e i prelievi per l’allevamento dei capi (Mekonnen e Hoekstra, 2012). Già la maggior parte dei prelievi di acqua dolce avviene da bacini che soffrono di un’elevata scarsità d’acqua e si prevede che nel tempo la pressione sulla disponibilità delle risorse idriche aumenterà (FAO, 2007; Molden, 2007; Kummuetal., 2014). Si presuppone che il numero di persone che vivono in regioni con assoluta scarsità d’acqua, ovvero con un quantitativo di acqua dolce rinnovabile annuale inferiore ai 500 m3 pro capite all’anno (Rijsberman, 2006), aumenterà dai 1.2 miliardi di oggi agli 1.8 miliardi entro il 2025. Si prevede che due terzi della popolazione mondiale soffrirà lo stress idrico entro il 2025 (FAO, 2007).
1.1 Utilizzo delle risorse idriche in agricoltura
Tenere adeguatamente conto dei diversi e concorrenti utilizzi di risorse idriche limitate è importante per definire le diverse tipologie di utilizzo dell’acqua. Due differenze fondamentali che riguardano l’impiego dell’acqua sono l’acqua utilizzata e l’acqua consumata (CWU). L’acqua dolce prelevata per scopi domestici e industriali ha normalmente grandi flussi di ritorno che, anche se vengono deteriorati a causa dell’inquinamento, possono in linea di massima essere riutilizzati a valle. L’acqua consumata, in particolare durante l’evapotraspirazione e soprattutto durante la crescita delle colture e dei pascoli irrigati e bagnati dalle piogge, risulta in un flusso di vapore che lascia il bacino idrico e che non è più disponibile per essere nuovamente utilizzata (Falkenmark e Lannerstad, 2005). Tradizionalmente, le valutazioni sull’impiego dell’acqua in agricoltura si sono concentrate sui prelievi dai bacini idrici e dalle falde acquifere per l’irrigazione, l’industria e gli usi comunali o domestici (ad esempio Shiklomanov, 2000). Queste valutazioni inizialmente non hanno tenuto conto dell’appropriazione da parte del settore agricolo di enormi quantitativi di precipitazioni naturalmente infiltrate nel suolo. Per spiegare l’importanza sia dell’umidità del suolo che dei prelievi idrici per la produzione agricola sostenibile, le riserve idriche possono essere suddivise in acqua verde, che fa riferimento all’umidità del suolo disponibile per la crescita delle piante, e in acqua blu, che fa riferimento all’acqua liquida immagazzinata nei bacini idrici (Falkenmark, 1995). Il ruolo importante che le riserve di acqua verde svolgono nella produzione agricola è stato evidenziato alla fine degli anni ’90 (Falkenmark e Lundqvist, 1997; Falkenmarketal., 1998; Rockström, 1999, 1999). Oggi i concetti di acqua verde e blu vengono ampiamente utilizzati per descrivere e valutare l’utilizzo dell’acqua nel settore agricolo, compresa la produzione zootecnica (ad esempio Molden, 2007; Hoekstra e Mekonnen, 2012; Mekonnen e Hoekstra, 2012). Con acqua grigia viene indicato un terzo concetto di volume d’acqua che è stato introdotto per definire i quantitativi di acqua non disponibili per l’utilizzo a causa dell’inquinamento, cioè il volume di acqua dolce che si presume sia necessario per assimilare il carico di inquinanti (Hoekstraetal., 2011). Dal punto di vista idrologico, la distinzione tra acqua verde e acqua blu non è sempre ideale, poiché queste due risorse non sempre sono chiaramente distinguibili l’una dall’altra. L’acqua scorre attraverso il paesaggio e può passare da una riserva all’altra. Tuttavia, la distinzione tra acqua verde e acqua blu è utile per valutare e migliorare l’impiego dell’acqua, poiché vengono gestite in modo diverso ed influenzano l’ambiente in modo differente (Keys et al., 2012). L’acqua blu può essere gestita sia nel tempo che nello spazio, ad esempio in serbatoi e tramite canali e tubazioni, e viene utilizzata sia per l’irrigazione in agricoltura che per i servizi domestici e industriali. Invece, l’acqua verde è legata allo sfruttamento del suolo e garantisce principalmente la crescita delle piante nei terreni coltivati o nei pascoli ed altri servizi ecosistemici terrestri (Schyns et al., 2015). L’acqua verde è sicuramente la più utilizzata nel settore della produzione agricola e, a livello globale, rappresenta circa l’80% del CWU dei terreni agricoli (ad es. Molden et al., 2007; Rockström et al., 2014). Nella produzione zootecnica, l’acqua verde rappresenta il 90% del CWU totale (Mekonnen e Hoekstra, 2012), poiché tale produzione dipende anche dai pascoli irrigati dalla pioggia. In totale circa il 98% del CWU totale, verde e blu, della produzione zootecnica può essere attribuito all’evapotraspirazione durante la crescita delle piante, tra cui foraggi, fieno e pascoli. Solo il 2-8% circa del CWU proviene da acqua blu utilizzata come acqua di abbeverata, per la manutenzione e come acqua per la miscelazione dei mangimi (Steinfeld et al., 2006; Mekonnen e Hoekstra, 2012; de Boer et al., 2013). Le stime dell’impronta idrica totale del settore agricolo globale indicano che la zootecnia si appropria del 29%, con il solo pascolo che rappresenta quasi il 14% del consumo globale di acqua verde per l’agricoltura (Hoekstra e Mekonnen, 2012; Mekonnen e Hoekstra, 2011, 2012). Dati i livelli di scarsità di acqua blu in molte regioni, le sfide future legate all’utilizzo e alla disponibilità di acqua in agricoltura saranno correlate ad un utilizzo più efficiente, ma anche maggiore, delle fonti di acqua verde (Rockström et al., 2009a). Ciò è particolarmente vero per l’allevamento degli animali, che per buona parte è legato all’agricoltura pluviale. Il cambiamento delle preferenze dietetiche per una quota crescente di alimenti di origine animale (ad es. Delgado et al., 1999; Lal, 2013) sottolinea la necessità di trovare percorsi alternativi per aumentare la produttività dell’acqua sia nel settore agricolo che in quello dell’allevamento animale (Molden et al., 2007, 2010). In questo contesto sarà importante una maggiore efficienza, ma l’aumento previsto della domanda di cibo, e in particolare di alimenti di origine animale, richiederà lo stanziamento di ulteriori quantitativi di acqua (Falkenmark e Lannerstad 2010; Lannerstad et al., 2014). Questo sviluppo aumenterà la competizione globale per le scarse risorse idriche disponibili per il settore agricolo e si tradurrà in impatti ambientali locali come l’espansione dell’agricoltura orizzontale, l’esaurimento dei fiumi e la drastica diminuzione dei livelli delle acque sotterranee (Rockström et al., 2007).
1.2 Utilizzo delle risorse idriche nella produzione zootecnica
Nell’ultimo decennio, numerosi articoli hanno proposto approcci diversi per mettere in relazione l’utilizzo dell’acqua nel settore zootecnico con gli impatti a livello locale sull’ambiente e sulle funzioni dell’ecosistema (Milà i Canals et al., 2009; Deutsch et al., 2010; Ridoutt e Pfister, 2010; Ran et al., 2013; Ridoutt e Pfister, 2013). Il network di valutazione del ciclo di vita (LCA, Life Cycle Assessment) ha sviluppato un’impronta idrica correlata allo stress idrico (Pfister et al., 2009; Ridoutt e Pfister, 2010, 2013) ed ha ampliato la metodica LCA per includere l’acqua nelle valutazioni degli impatti ambientali della produzione zootecnica (de Boer et al., 2013d). Altri studi hanno messo in evidenza gli impatti dei sistemi zootecnici sulle funzioni dell’ecosistema mediate dall’acqua. Un esempio sono le valutazioni dei potenziali cambiamenti nella ripartizione dell’acqua, come gli impatti di un’eccessiva pressione di pascolamento sulla copertura vegetale e sulla composizione del suolo, che influenzano l’infiltrazione dell’acqua (ad es. Deutsch et al. 2010). Per comprendere gli impatti sull’utilizzo dell’acqua associati a ogni specifico sistema di produzione zootecnica, le valutazioni dovrebbero tenere in considerazione le differenze temporali e spaziali nella gestione dell’acqua, dei terreni e degli animali e come queste influenzino l’idrologia locale (Deutsch et al., 2010). Sebbene siano stati proposti diversi approcci, non esiste un metodo chiaro o costante per valutare l’impiego delle risorse idriche nella produzione zootecnica. Il confronto tra gli studi pubblicati è spesso ostacolato dalle differenze nella terminologia e nei confini del sistema, nonché nei metodi e negli indicatori di valutazione dell’impatto. Pertanto, le parti interessate potrebbero avere difficoltà nell’individuare se le differenze nell’utilizzo dell’acqua tra i prodotti di origine animale e i sistemi di produzione animale esistano realmente o se esistano solamente a causa di un diverso metodo di calcolo. Inoltre, questo spesso rende difficile alle parti interessate comprendere se esiste un collegamento diretto tra utilizzo dell’acqua e impatti ambientali, come nel caso della scarsità idrica e degli impatti sulla qualità dell’acqua locale. Le valutazioni sull’acqua esistenti per i prodotti di origine animale presentano impronte idriche significativamente maggiori, in particolare se parliamo di carne bovina, rispetto alle valutazioni della produzione agricola (ad es. van Breugel et al., 2010; Hoekstra e Mekonnen, 2012; Mekonnen e Hoekstra, 2012). Al fine di ottimizzare l’utilizzo dell’acqua totale nelle filiere alimentari globali, è imperativo garantire che le differenze metodologiche siano comprese e che possano essere confrontati i risultati di diversi studi. I metodi devono tenere conto del fatto che, a differenza dei sistemi di coltivazione a scopo alimentare, l’utilizzo dell’acqua nei sistemi zootecnici determina una concorrenza per quanto concerne le risorse idriche tra la produzione di alimenti per uso umano e quella di alimenti destinati agli animali. Review sull’utilizzo dell’acqua in agricoltura sono state pubblicate prima di questo studio (es. Kounina et al., 2013; Schyns et al., 2015), ma nonostante il predominio dell’utilizzo di fonti idriche verdi in agricoltura, gli studi hanno continuato a porre l’enfasi sulle fonti di acqua blu e a sviluppare metodi per mettere in relazione l’uso di acqua blu con la scarsità d’acqua (ad es. Ridoutt e Pfister, 2010). La recente review di Schyns et al. (2015) sottolinea l’importanza di sviluppare indicatori che considerino anche l’utilizzo di acqua verde, ma lo studio non è specificamente correlato all’allevamento animale o al confronto dei risultati di diversi studi. Finora, i sistemi di produzione zootecnica hanno ricevuto poca attenzione per quanto riguarda il loro utilizzo di acqua dolce (Mekonnen e Hoekstra, 2012). A causa della scarsa attenzione prestata alle acque verdi e all’uso di acqua da parte dei sistemi di allevamento, è stata trascurata la competizione per le risorse idriche da parte di più utenti (ad es. competizione cibo vs. alimenti per animali) e la discussione sul possibile costo delle risorse idriche verdi non è stata affrontata. I sistemi di produzione zootecnica forniscono un importante contributo al settore alimentare mondiale e sono un grande consumatore di risorse idriche. Questo studio prende in esame i metodi esistenti per valutare l’utilizzo dell’acqua nel settore dell’allevamento, riconoscendo come l’acqua rappresenti una risorsa limitata all’interno del settore agricolo globale. La review mette in evidenza diversi aspetti metodologici dell’utilizzo dell’acqua nei sistemi zootecnici. Si pone due obiettivi: primo, individuare le differenze, i punti di forza e di debolezza dei metodi esistenti per la valutazione dell’utilizzo dell’acqua nel settore della zootecnia; e, secondo, individuare una serie di aree chiave all’interno delle quali i metodi di valutazione dell’acqua potranno essere ulteriormente sviluppati, al fine di informare meglio i responsabili delle decisioni sulla complessità dell’utilizzo dell’acqua nei sistemi di produzione animale. Sono state scelte le analisi dei sistemi di allevamento dei bovini da carne per confrontare i metodi di valutazione dell’utilizzo dell’acqua nella produzione zootecnica, al fine di valutare un sistema che dipende dall’impiego delle risorse idriche nei terreni coltivati e nei prati per la produzione di alimenti destinati agli animali.
2. Review dei metodi
Un primo passo per quantificare l’utilizzo delle risorse idriche nella produzione zootecnica è una valutazione dell’attuale CWU durante la produzione di colture foraggere ed erba, nonché dell’acqua potabile e di quella che serve per la manutenzione. Esistono vari metodi per valutare il CWU relativo alla crescita delle piante e questi sono brevemente descritti nella sezione successiva di questa review. Il CWU è quindi correlato all’unità comparativa (prodotti di origine animale), al sistema di produzione o alla nazione. I metodi di valutazione dipendono dalla destinazione d’uso della valutazione dell’utilizzo delle risorse idriche nella produzione zootecnica. Questa review ha diviso i metodi che valutano l’utilizzo delle risorse idriche nella produzione zootecnica in tre grandi categorie. Tutte e tre le categorie sono state sviluppate per scopi diversi, con conseguenti differenze metodologiche. Il documento discute prima le differenze nei metodi per stimare il fabbisogno idrico per le colture e i pascoli. Di seguito, vengono descritte e discusse le tre categorie di metodi per fornire approfondimenti sulla grande variabilità nelle valutazioni riguardanti l’utilizzo delle risorse idriche per i prodotti di origine animale e per individuare le aree chiave per un miglioramento.
2.1 Approcci per valutare l’utilizzo di acqua per le coltivazioni e i foraggi
Parte della grande differenza nelle valutazioni dell’acqua è correlata alle differenze metodologiche nella valutazione dell’uso delle risorse idriche dei sistemi zootecnici (vedi tabelle 1 e 2). La maggior parte dell’acqua utilizzata nella produzione zootecnica è correlata alla produzione degli alimenti per gli animali. Gli studi spesso combinano diversi metodi per quantificare il CWU della produzione di alimenti zootecnici. Ad esempio, molti studi utilizzano la modellazione idrologica a diverse risoluzioni spaziali per stimare l’evapotraspirazione durante la coltivazione degli alimenti (Bondeau et al., 2007; Zhuo et al., 2016). Tuttavia ciò genera un bias, poiché ogni analisi deve fare affidamento su una serie di ipotesi legate ai diversi modelli, che non sono necessariamente adattate al sistema in esame. Stabilire il CWU della biomassa pascolata è una sfida metodologica specifica, in particolare per i sistemi di allevamento dei ruminanti. Un approccio semplificato consiste nell’attribuire tutta, o una quota fissa, dell’evapotraspirazione di tutta la biomassa che cresce in un’area di pascolo al pascolamento del bestiame su questi terreni (Pimentel et al., 1997, 2004). Un altro approccio consiste nel basare la stima sul quantitativo di alimento necessario per produrre una certa quantità di prodotti di origine animali e di stimare l’evapotraspirazione corrispondente per quell’alimento. Tali calcoli sono più accurati, poiché generano stime dell’acqua direttamente correlate alla quantità di biomassa consumata dagli animali piuttosto che alla produzione di biomassa su una certa area. Le incertezze nei diversi metodi e modelli sono un problema generale nelle valutazioni dell’acqua utilizzata in zootecnia. Sebbene i modelli idrologici possano generare i dati necessari per stimare il CWU, spesso operano con una risoluzione spaziale maggiore rispetto a quella necessaria per fornire approfondimenti sugli impatti ambientali locali a seguito dei cambiamenti nel CWU. Inoltre, più un modello è preciso, maggiore è la richiesta di dati di input accurati. I modelli basati sul web più facilmente accessibili richiedono generalmente meno dati di input, ma si basano maggiormente sia su ipotesi che su dati più generali e meno specifici a livello di territorio, come ad es. Aquacrop (Steduto et al., 2009). È interessante notare che nessuno degli studi inclusi in questa review ha eseguito alcuna analisi di sensibilità. Il telerilevamento è un altro modo per stimare l’evapotraspirazione delle diverse coperture del suolo. In combinazione con altri metodi, come indagini sugli allevatori, modellazione idrologica e dati secondari sul fabbisogno e sull’ingestione degli alimenti da parte degli animali (van Breugel et al., 2010; Nosetto et al., 2012), il telerilevamento può essere utilizzato per stimare il CWU relativo alla produzione zootecnica. Le stime che utilizzano il telerilevamento possono essere utilizzate per calcolare il CWU e lo stress idrico relativi alla produzione di alimenti per gli animali e, in combinazione con dati secondari, per meglio tenere conto delle performance di irrigazione su più livelli territoriali (Ahmad et al., 2009a, 2009b). Tuttavia, il telerilevamento non fa differenza tra acque verdi e blu disponibili. Né tiene conto della competizione per le risorse idriche tra colture utilizzate per produrre alimenti per il bestiame e colture che possono essere direttamente consumate dall’uomo. Invece, l’attenzione viene posta principalmente sulla quantificazione dell’evaporazione dalle diverse tipologie di copertura del suolo per illustrare l’impatto del cambiamento legato alla copertura presente. Anche i metodi per stimare il fabbisogno e l’ingestione di alimento da parte degli animali in un dato sistema di produzione differiscono notevolmente tra gli studi, e vanno dall’animale alla mandria fino alla tipologia di sistema di allevamento. Il modello RUMINANT (Herrero et al., 2008, 2010) prevede l’ingestione volontaria di alimento e di nutrienti da parte di bovini, ovini e caprini a livello di singolo animale, mentre il Global Livestock Environmental Assessment Model (GLEAM) sviluppato dalla Food and Agriculture Organization of the United Nations (FAO) opera a livello di allevamento (Gerber et al., 2013). Il modello terreno agricolo e biomassa (ALBIO) è un modello fisico dei sistemi agricoli globali che prevede l’utilizzo del suolo e il fabbisogno di alimenti per i sistemi di produzione zootecnici (Wirsenius, 2000, 2003; Wirsenius et al., 2010). Combinando le stime del fabbisogno di alimenti ottenute da tali modelli con i modelli idrologici è possibile generare un’analisi dell’acqua impiegata per la zootecnia a livello globale, regionale e nazionale basata esclusivamente su dati secondari (ad es. Ran, 2010). I dati sui fabbisogni di alimenti per animali possono essere ottenuti anche da studi sul campo, da interviste e da indagini a domicilio, o basarsi su valori di riferimento trovati in letteratura (NRC, 2000; Hoekstra et al., 2011; Ridoutt et al., 2012a). L’ampia gamma di metodi disponibili che possono essere utilizzati per valutare il requisito CWU per la crescita delle coltivazioni genera differenze nelle valutazioni del CWU sia per le colture foraggere che per la biomassa da pascolo. Tuttavia, i diversi modelli di valutazione idrologica non spiegano le variazioni individuate nei risultati provenienti dalle diverse metodiche di utilizzo dell’acqua in zootecnia esaminate per questo studio. Le differenze fondamentali nei risultati sono sottolineate di seguito, durante il confronto di tre categorie di approccio metodologico alla valutazione del CWU nel settore zootecnico.
2.1.1. Confronto di tre tipologie di metodi per la valutazione dell’acqua nel settore zootecnico
Questa review divide i metodi comunemente utilizzati per quantificare l’utilizzo dell’acqua nella produzione zootecnica in tre categorie: valutazioni della produttività idrica, valutazioni dell’impronta idrica e LCA. Queste tre categorie si basano sulle fondamentali differenze tra i metodi in termini di dati sulla valutazione dell’acqua messi a confronto, della loro finalità e di informazioni ottenute dai risultati generati. Le tre categorie riflettono il fatto che i metodi sono stati sviluppati per soddisfare esigenze differenti. Le valutazioni della produttività idrica sono state sviluppate per determinare e migliorare l’utilizzo dell’acqua in agricoltura. Le prime valutazioni dei benefici per unità di prelievo di acqua blu per l’irrigazione sono state successivamente ampliate ai benefici per l’utilizzo di acqua totale consumata, che include anche l’utilizzo di acqua verde. La metodologia dell’impronta idrica è stata sviluppata per aumentare la conoscenza della pressione dell’uomo sulle risorse idriche e per fornire un modo costante per informare i consumatori e i produttori sul loro utilizzo di acqua. Le valutazioni del ciclo di vita mirano a collegare l’utilizzo delle risorse agli impatti ambientali locali ed esistono per molti prodotti ed indicatori diversi. Ciascuna delle tre categorie viene esaminata in relazione all’approccio metodologico, ai punti di forza e ai vantaggi e alle aree di applicazione più pertinenti. Un riepilogo degli aspetti chiave di ciascuna categoria è presentato nella Tabella 1 e i risultati delle tre diverse categorie di metodo sono confrontati nella Tabella 2.
Tabella 1 – Le tre categorie di metodo per la valutazione dell’utilizzo di acqua nella produzione zootecnica.
2.2. Produttività idrica
La produttività idrica è il rapporto tra i benefici netti derivanti dalle colture, dalla silvicoltura, dalla pesca, d’allevamento e dai sistemi agricoli misti e la quantità di acqua esaurita per produrre tali benefici. I benefici possono essere misurati come prodotti agricoli fisici o come valore economico derivante da questi prodotti. Il quantitativo di acqua esaurita può essere: il consumo durante la produzione, la quantità di acqua incorporata in un prodotto, il flusso di acqua verso una zona dove non può essere prontamente riutilizzata o la quantità di acqua fortemente inquinata non disponibili per un ulteriore utilizzo (Molden et al., 2010). I documenti che considerano nello specifico la produttività idrica in zootecnia (es. Peden et al., 2007) si basano su studi condotti in precedenza sul bilancio idrico (es. Kijne et al., 2003; Molden et al., 2007) e su ricerche relative alla produttività idrica (es. Pimentel et al., 1997) sviluppate per fornire informazioni su come migliorare l’utilizzo dell’acqua nel settore agricolo. La maggior parte dei documenti incentrati sulla produttività idrica nel settore della zootecnia valuta la produttività idrica rispetto al consumo totale di acqua, e le cifre generate hanno contribuito al dibattito sulle differenze di impatto ambientale tra la produzione agricola industriale e la produzione dei piccoli proprietari nei paesi in via di sviluppo (Peden et al., 2007). La produttività idrica in zootecnia può essere utilizzata per valutare l’efficienza di utilizzo delle risorse idriche e per individuare possibili guadagni di efficienza, e può essere calcolata per un prodotto, per un intero sistema di produzione o per una specifica area, come un bacino fluviale. Generalmente, il rapporto tra l’evapotraspirazione totale durante la produzione, sia di acqua verde che di acqua blu, e la quantità di bestiame prodotta o di benefici è calcolato ed espresso in termini di kg di prodotto o di output monetari per m3 o litro di acqua esaurita (vedi Tabella 2)1 Le valutazioni per il bestiame sono state applicate a diversi livelli e per diversi prodotti e sistemi di produzione zootecnica (Bossio, 2009; Haileslassie et al., 2009; Bossio et al., 2010; Descheemaeker et al., 2010). Tuttavia, la maggior parte degli studi è limitata generalmente ad una specifica area e ad un numero limitato di colture (Mekonnen e Hoekstra, 2013). Molti studi si concentrano sui sistemi misti coltivazione-allevamento nell’Africa subsahariana a livello di azienda, e alcuni includono un’ampia gamma di benefici come la produzione zootecnica, la forza del progetto, il letame prodotto, i trasporti, il ciclo dei nutrienti e il valore socioculturale (Descheemaeker et al., 2010; Kebebe et al., 2015). I risultati della produttività idrica in zootecnia sono generalmente presentati come beneficio prodotto diviso per una cifra di CWU aggregata, senza fare distinzione tra acque verdi e blu. Come illustra la tabella 2, per la produzione di carne bovina i risultati appaiono molto variabili e vanno da 14.286 a 200.000 L/kg di carne. Le condizioni climatiche della regione di produzione e i metodi per valutare l’evapotraspirazione spiegano gran parte della variabilità tra gli studi, visto che l’evapotraspirazione può variare enormemente nelle differenti aree geografiche e climatiche di tutto il mondo. La variabilità della produttività idrica in zootecnia per quanto concerne la carne bovina può essere spiegata anche dalle differenze nella qualità degli alimenti forniti agli animali, nella digeribilità e nell’efficienza di conversione degli alimenti tra i diversi sistemi di produzione. Ad esempio, lo studio di van Breugel et al. (2010) prende in considerazione i piccoli allevatori di bestiame e i piccoli sistemi di allevamento dei ruminanti in diverse regioni dell’Africa, che hanno una produzione di carne per animale da bassa a molto bassa. Ciò si traduce in un CWU significativamente più elevato per kg di bestiame prodotto rispetto ai sistemi intensivi che utilizzano una biomassa con maggiore digeribilità e razze che hanno performance migliori. Di conseguenza, gli studi sui sistemi intensivi come quelli condotti da Ran et al. (2013) e da Molden et al. (2007) presentano stime molto più basse, che vanno dai 10.000 ai 30.000 l/kg di carne bovina prodotta. Spesso gli studi sulla produttività idrica includono molteplici benefici dell’allevamento, in quanto tengono conto della produzione di bestiame in chilogrammi o del valore economico della produzione di bestiame diviso per la quantità di acqua esaurita (Rockström et al., 2007; Descheemaeker et al.,2010; Molden et al., 2010; Kebebe et al., 2015). Haileslassie et al. (2009), ad esempio, hanno messo in correlazione l’utilizzo dell’acqua con il valore economico degli alimenti di origine animale e del letame utilizzato per produrre biocarburanti o per fertilizzare le colture. Tuttavia, l’inclusione dei molteplici ruoli dell’allevamento non è limitata a questo metodo, ma può essere applicata anche negli studi sull’impronta idrica e sul LCA. La possibilità di mettere a confronto i diversi benefici provenienti dall’allevamento degli animali relativi al loro CWU corrispondente consente agli allevatori e ad altri gestori delle risorse idriche di prendere decisioni razionali sui cambiamenti di gestione basati sulle connessioni tra i benefici della produzione e l’utilizzo specifico delle risorse. Nella maggior parte dei casi, le stime della produttività idrica sono presentate come un valore riassuntivo senza fare una distinzione tra risorse idriche verdi e blu, rendendo difficile l’ottimizzazione degli utilizzi di tali risorse basate su questo metodo. I risultati della produttività idrica, inoltre, non forniscono indicazioni su come l’utilizzo dell’acqua in zootecnia influenzi gli utilizzi competitivi delle risorse idriche non correlate all’allevamento del bestiame, come la produzione di cibo e fibre, o di altri servizi e funzioni ecosistemiche come il mantenimento della fertilità del suolo. Altre limitazioni dell’utilizzo di un’unità comparativa di benefit in termini di valore monetario includono il problema di assegnare valori monetari esatti alla produzione di bestiame come forza trainante, oltre al fatto che nei sistemi di allevamento dei piccoli proprietari gli animali costituiscono un’assicurazione contro periodi difficili come in caso di siccità. Infine, gli studi sulla produttività idrica non fanno distinzione tra la quantità di acqua utilizzata e la quantità di acqua inquinata (Mekonnen e Hoekstra, 2013).
Tabella 2 – Utilizzo stimato di acqua per la produzione di carne per i diversi metodi (in litri di acqua/H2O-eq per kg di carne).
aTutti gli studi sulla produttività dell’acqua sono stati invertiti per consentire un confronto più facile con gli studi rimanenti che utilizzano lo stesso formato. Gli studi rivisti sulla produttività dell’acqua erano già calcolati in litri d’acqua per unità di produzione. b Variazioni climatiche negli studi- iper-arido (HYP), arido (A), Temperato (T) e umido(H)-di tre diversi sistemi di produzione- al pascolo(G), misto irrigato (MI) e allevamento misto (MR)-per bovini, capre e pecore. Per i sistemi misti con * acqua per residui non erano inclusi nei calcoli. c Studia 3 diversi sistemi, intensivo (I), misto (M) e estensivo (E), in riferimento al tipo di alimentazione per ciascun sistema. d Studia 3 sistemi diversi, industriale (I), misto (M) e al pascolo (G), in riferimento al tipo di sistema di produzione. e Ricalcolato come kg di carne bovina invece che di kg di peso vivo sulla base delle stime del FAO sul peso della carcassa come percentuale del peso vivo (FAO, 2003).
2.3. Impronta idrica
In questa review, valutiamo l’approccio all’impronta idrica sviluppato all’interno del Water Footprint Network (Hoekstra et al., 2011). L’impronta idrica è definita come la quantità totale di acqua necessaria per produrre un prodotto o un servizio durante tutto, o una parte, del ciclo di vita del prodotto e rappresenta un valore riassuntivo delle quantità di acqua verde, blu e grigia. La metodologia può essere applicata a diversi livelli ed è stata persino utilizzata per quantificare l’“impronta idrica dell’umanità” (Hoekstra e Mekonnen, 2012). Non è un approccio tradizionale di contabilità dell’acqua, in quanto combina le stime effettive di CWU dell’acqua verde e blu con un presunto fabbisogno di acqua blu, indicata come acqua grigia, per diluire l’inquinamento stimato causato durante la realizzazione di un prodotto, come se questo inquinamento venisse rilasciato all’interno di un qualcosa di circoscritto. Poiché è difficile valutare il volume d’acqua effettivo necessario per diluire più sostanze inquinanti, la stima delle acque grigie è spesso calcolata solo come il volume di acqua necessario per diluire la lisciviazione di azoto alla concentrazione massima consentita nei bacini idrici superficiali a flusso libero (Hoekstra et al. , 2011).Un approccio coerente all’impronta idrica è stato introdotto per la prima volta nei primi anni 2000 (Hoekstra e Huynen, 2002) per informare le aziende e i consumatori della pressione sulle risorse idriche legata alla produzione di diversi beni, compresi gli alimenti di origine animale (Chapagain e Hoekstra, 2003; Mekonnen e Hoekstra, 2010, 2012). Il concetto di impronta idrica ha ottenuto un’ampia approvazione tra le diverse organizzazioni e aziende ed è stato, ad esempio, adottato dal World Wildlife Fund (WWF, 2010) nel tentativo di ridurre a livello globale la pressione dell’essere umano sulle limitate risorse idriche. Le medie globali mostrano variazioni molto piccole, da 15.415 a 15.497 l/kg di carne bovina, comprese le stime dell’acqua verde, blu e grigia. In contrasto, lo studio di Mekonnen e Hoekstra (2012) presenta delle differenze relativamente evidenti sia tra le regioni che tra i sistemi di produzione. I sistemi di allevamento al pascolo, ad esempio, hanno un range di 16.353-26.155 l/kg di carne bovina, i sistemi misti hanno un range di 11.744-16.869 l/kg di carne bovina e i sistemi intensivi hanno un range di 3.856-13.089 l/kg di carne bovina. Le stime dell’impronta idrica verde e blu rientrano nella stessa gamma di altri studi che includono il CWU totale delle colture e dei foraggi (ad es. Molden et al., 2007; Deutsch et al., 2010; Ran et al., 2013), ad eccezione degli studi sulla produttività idrica che tengono in considerazione i sistemi di allevamento dei piccoli proprietari a bassa produttività (es. van Breugel et al., 2010) che, generalmente, danno valori più alti. Gli studi che includono sia l’utilizzo di acqua verde che di acqua blu, tuttavia, mostrano valori significativamente più elevati rispetto agli studi che escludono l’utilizzo di acqua verde che non sia il risultato dell’irrigazione, come gli studi di LCA sulla carne bovina (es. Ridoutt et al. 2012a; Zonderland Thomassen et al., 2014). L’impronta dell’acqua grigia, o misura equivalente della qualità dell’acqua, non viene calcolata in nessuno degli studi esaminati ad eccezione degli studi sull’impronta idrica. Pertanto, i risultati sulle valutazioni delle acque grigie non sono comparabili. Per rendere l’impronta un parametro importante dell’impatto ambientale a livello locale, nel più recente standard relativo all’impronta idrica è stata messa a punto una valutazione relativa alla sostenibilità di tale impronta (Hoekstra et al., 2011). Tutte e tre le risorse idriche che contribuiscono sono viste separatamente e dispongono di una propria valutazione d’impatto. Un indice della scarsità d’acqua mette in relazione le impronte dell’acqua blu con la disponibilità locale di acqua blu e la valutazione dell’impatto dell’impronta di acqua grigia è correlata alla capacità locale di assorbimento degli inquinanti. Suggerisce di stimare l’indice di scarsità di acqua verde come il rapporto tra l’uso di acqua verde in un’area definita (coltura o prodotto) per le precipitazioni effettive, l’evapotraspirazione totale dell’acqua piovana dal suolo meno l’evapotraspirazione dalla vegetazione naturale e il quantitativo che non può essere reso produttivo, sulla stessa area. Va notato che un indice di scarsità dell’acqua verde non è stato ancora applicato in una pubblicazione sul network dell’impronta idrica, a causa della difficoltà di ottenere dati sulle precipitazioni effettive (Hoekstra et al., 2011). Inoltre, molti studi sull’impronta idrica non sono spazialmente collegati alle caratteristiche locali e quindi agli impatti locali sul territorio. Le stime dell’impronta idrica differiscono dalle valutazioni della produttività idrica in diversi modi. Un’ovvia differenza è che i valori dell’impronta idrica sono presentati inversamente alla produttività idrica, ovvero come quantitativo di acqua per beneficio e non come beneficio per quantitativo di acqua. Un’altra grande differenza sono i quantitativi di acqua inclusi. Il metodo dell’impronta idrica è costruito utilizzando stime separate per l’uso dell’acqua blu e verde, sebbene siano aggregate nell’impronta finale. La produttività idrica generalmente impiega il CWU totale senza separare l’acqua verde e blu. La differenza metodologica più importante tra la produttività idrica e l’impronta idrica è che gli studi sulla produttività idrica includono solo i quantitativi effettivi di acqua esaurita, mentre la metodologia dell’impronta idrica combina il CWU con una stima teorica del volume di acqua grigia necessario per diluire il carico di inquinanti generati durante la realizzazione di un prodotto o di un servizio. Pertanto, anche se i valori di ciascuna metodologia venissero invertiti per essere presentati uno accanto all’altro, i dati non sarebbero comparabili, poiché i recenti studi sull’impronta idrica generalmente includono i dati relativi alle acque grigie.
2.4. LCA e impronte idriche aggiornate
Gli studi di LCA mirano a valutare l’impatto ambientale di un prodotto lungo l’intera catena del valore e a quantificare tale impatto in base al luogo di utilizzo delle risorse. La metodica presenta una connessione diretta con gli impatti ambientali locali calcolando l’uso dell’acqua sulla base degli indici di stress idrico. Gli studi di LCA esistenti sull’utilizzo dell’acqua nella produzione zootecnica si concentrano principalmente sul consumo e sull’inquinamento dell’acqua blu lungo l’intera filiera di produzione e sui contributi associati allo stress idrico locale. Questi studi LCA includono informazioni sulla scarsità d’acqua, che esitano in impronte idriche correlate allo stress idrico (Pfister et al., 2009) indicate come impronte idriche LCA aggiornate. Le impronte idriche LCA aggiornate correlano direttamente l’uso di acqua blu consumata agli indici locali di scarsità di acqua blu per dare importanza ambientale territoriale al taglio delle risorse idriche (Ridoutt e Pfister, 2010; ZonderlandThomassen e Ledgard, 2012; de Boer et al., 2013; Ridoutt e Pfister, 2013). Queste impronte possono essere utilizzate anche per valutare e misurare la qualità dell’acqua quantificando l’eutrofizzazione e il potenziale di eco tossicità di un prodotto lungo la catena del valore (de Boer et al., 2013d). Numerosi studi hanno confrontato le impronte idriche LCA aggiornate con le impronte idriche standard per diversi prodotti (Ridoutt et al.,2009; Zonderland-Thomassen e Ledgard, 2012; Sultana et al., 2014). Questi in linea generale sostengono che l’acqua verde e blu non dovrebbero avere uguale importanza. L’attenzione dovrebbe essere rivolta alle risorse idriche blu, a causa delle maggiori implicazioni a livello locale, ad esempio nelle aree con un certo stress idrico. Inoltre, sono stati fatti alcuni tentativi per collegare i flussi di acqua verde all’impatto ambientale. Núñez et al. (2013b), hanno utilizzato lo stesso principio proposto dal network dell’impronta idrica (Hoekstra et al., 2011). L’esclusione dell’acqua verde dalle stime del LCA dell’acqua per la zootecnia, e dato che le valutazioni tengono conto dello stress idrico, significa che i risultati del LCA generalmente sono ben al di sotto di altre stime basate sull’evapotraspirazione totale per la produzione di alimenti destinati agli animali (uso di acqua verde e blu), come può essere visto nella tabella 2. La sola contabilizzazione dell’utilizzo dell’acqua blu che contribuisce allo stress idrico locale risulta in una cifra inferiore rispetto alla contabilizzazione di tutte le risorse idriche, anche se non sembra influenzare o causare stress idrico. Questa è anche la spiegazione per le variazioni relativamente grandi nei risultati degli studi di LCA, che vanno da 0.18 a 117 l di H2O-equivalente/kg di carne bovina. Le stime più alte provengono dalla produzione di carne bovina australiana, dove lo stress idrico è significativamente maggiore rispetto a quello di regioni dove lo stress idrico è inferiore, come la Nuova Zelanda. Ciò si traduce in un consumo di acqua più elevato per kg di carne bovina prodotta (Zonderland-Thomassen et al., 2014). Escludendo la maggior parte dell’utilizzo di acqua verde consumata, l’approccio LCA non coglie il principale utilizzo di acqua per la zootecnia, ovvero l’utilizzo di acqua verde consumata. Questa risulta essere una lacuna se l’intenzione è quella di analizzare l’efficienza idrica totale nel settore dell’agricoltura, o nella produzione zootecnica in particolare, compreso come allocare l’acqua tra le altre produzioni concorrenti e servizi ecosistemici, come la produzione di colture per uso alimentare invece di colture per la produzione di alimenti per gli animali.
3. Discussione generale
Come detto sopra, questa review raggruppa i metodi esistenti per valutare l’utilizzo delle risorse idriche nella produzione zootecnica in tre categorie: valutazioni della produttività idrica, valutazioni dell’impronta idrica e valutazioni del ciclo di vita (LCA). Uno dei principali risultati della review è che i metodi per calcolare l’uso dell’acqua per il settore zootecnico sono diversi tra di loro e quindi spesso forniscono informazioni differenti sull’utilizzo dell’acqua. Molte delle divergenze tra i metodi sono il risultato di differenze nell’utilizzo previsto e nello scopo, il che rende difficile anche confrontare i risultati. Ad esempio, sono state sviluppate delle valutazioni della produttività idrica per evidenziare le aree di possibile aumento della produttività, al fine di produrre più colture con la stessa quantità di acqua. Gli studi sulla produttività idrica in zootecnia si sono concentrati principalmente sul miglioramento della produttività idrica dei piccoli allevatori nelle aree con scarsità d’acqua. Al contrario, la metodica dell’impronta idrica mira a fornire approfondimenti sulla pressione esercitata sulle risorse idriche causata dalla produzione di beni o servizi e vuole presentare cifre facili da comprendere per i responsabili delle decisioni e i consumatori. Il LCA si concentra sul collegamento tra valutazioni relative all’utilizzo dell’acqua e gli impatti sull’ambiente a livello locale, come l’aumento della scarsità d’acqua. Poiché i metodi sono stati sviluppati per scopi così diversi, ci si dovrebbe aspettare che rispondano a domande diverse, anche durante l’analisi dello stesso problema di utilizzo delle risorse. Ciò aumenta la difficoltà nel confrontare i risultati e nell’armonizzare i metodi, poiché le differenze sono incorporate in scelte metodologiche non evidenti a responsabili politici, consumatori o ricercatori. Questa discussione mette in evidenza un numero di scelte metodologiche chiave che potrebbero indurre tali differenze tra i risultati degli studi sull’utilizzo dell’acqua nel settore della zootecnia.
3.1. Tenere conto della qualità dell’acqua
Molti dei metodi e degli studi esaminati mirano, almeno in parte, a misurare sia la quantità che la qualità dell’acqua. Il metodo della produttività idrica fa riferimento alla valutazione della qualità dell’acqua come una tipologia di acqua definita esaurita, ovvero una quantità di acqua troppo degradata per essere disponibile per un ulteriore utilizzo (Molden et al., 2007). Il metodo dell’impronta idrica calcola l’impronta dell’acqua grigia, che si riferisce al volume di acqua ritenuto necessario per diluire gli inquinanti (Hoekstra, 2009, 2010; Mekonnen e Hoekstra, 2010, 2012). Questo approccio è stato criticato su tre fronti. In primo luogo, la quantità di acqua necessaria per diluire gli inquinanti dipende dalle esigenze degli utenti a valle, ad es. se l’acqua sarà utilizzata per l’energia idroelettrica o se servirà come acqua potabile. In secondo luogo, non esiste una misura standardizzata della qualità dell’acqua, quindi la quantità richiesta per diluire gli inquinanti differirà in base a quella che viene definita come qualità dell’acqua accettabile (Perry, 2014). Infine, come descritto sopra, l’impronta dell’acqua grigia è una quantità di acqua virtuale e non un consumo idrico, il che rende problematica l’interpretazione delle cifre dell’impronta idrica dal punto di vista della qualità dell’acqua, oltre che dal punto di vista della quantità dell’acqua. I metodi LCA generalmente utilizzano indicatori di eutrofizzazione ed eco tossicità per misurare la qualità dell’acqua; quindi, la loro valutazione dell’utilizzo dell’acqua si focalizza sull’uso dell’acqua consumata (Milà i Canals et al., 2009). Tuttavia, le valutazioni effettive della qualità dell’acqua richiedono un’elevata quantità di dati e quindi spesso sono difficili da misurare, il che si traduce in generalizzazioni e nell’impiego di metodi semplificati in molti studi. Ad esempio, Mekonnen e Hoekstra (2012) hanno valutato l’impronta dell’acqua grigia degli animali d’allevamento, ma solo in relazione alla perdita di azoto, il che significa che tutti gli altri nutrienti (come il fosforo) o le sostanze chimiche utilizzate nella catena del valore del prodotto non sono stati considerati. Anche molti studi LCA non riescono a catturare completamente la complessità della qualità dell’acqua e gli effetti di tutte le sostanze inquinanti che possono causare la perdita dell’acqua (Kounina et al., 2013). L’inserimento di indicatori di qualità dell’acqua, come il potenziale eco-tossicologico, è generalmente scarso a causa di problemi circa la disponibilità dei dati (de Vries e de Boer, 2010).
3.2. L’importanza di includere l’utilizzo di acqua verde
Uno spartiacque chiave tra i metodi esaminati è l’inclusione dell’acqua verde. La tabella 2 mostra che buona parte della variabilità dei risultati è correlata al fatto che i metodi includono l’utilizzo di acqua verde nelle loro valutazioni. L’argomentazione per l’esclusione della maggior parte delle risorse di acqua verde, oltre alle colture e ai pascoli, è che il consumo di acqua verde non ha una connessione diretta con gli impatti locali, come la scarsità d’acqua (Ridoutt e Pfister, 2009). Un’altra motivazione per l’esclusione dell’acqua verde è che una grande quantità di acqua verde consumata è destinata alla produzione di biomassa commestibile non ad uso umano, come l’erba, prodotta su terreni da foraggi e pascoli non coltivati. Si sostiene che l’evapotraspirazione dell’acqua su questi terreni sarebbe necessaria per supportare la crescita dell’erba indipendentemente dal fatto che gli animali la possano pascolare (Steinfeld et al., 2006; Peden et al., 2007; Deutsch et al., 2010). Tuttavia, l’esclusione di tutte le risorse idriche verdi sta a significare che il potenziale utilizzo di quell’acqua per altri scopi concorrenti non viene preso in considerazione. Alcune distese erbose hanno usi alternativi e le risorse idriche verdi potrebbero supportare la produzione di cibo, carburante, fibre o di altri servizi ecosistemici di approvvigionamento e di regolazione invece della crescita dell’erba per il pascolo del bestiame. Questi costi/opportunità delle acque verdi non vengono rilevati se l’acqua verde viene esclusa dalle valutazioni di CWU. Inoltre, il consumo di acqua verde può influire seriamente sulla ripartizione dell’acqua alterando, nel breve e nel lungo periodo, la riserva idrica del suolo e la disponibilità di acqua nel territorio. Questa modificazione della disponibilità di acqua dovrebbe essere considerata come un impatto sul funzionamento di quel particolare ecosistema (Milà i Canals et al., 2009). La disponibilità di acqua verde è strettamente legata anche all’utilizzo di altre risorse, dato che lo sfruttamento del suolo e il cambiamento della copertura del terreno influenzano l’umidità del suolo stesso (Kounina et al., 2013). L’efficienza dell’utilizzo dell’acqua verde suscita molto interesse per quanto riguarda l’intensificazione sostenibile che vuole soddisfare la crescente domanda globale di cibo. Un utilizzo più efficiente dell’acqua verde implica una diminuzione della necessità di ulteriori riserve di acqua blu, in termini di irrigazione, o la diffusione delle colture pluviali in altri ecosistemi terrestri per appropriarsi di ulteriori risorse di acqua verde (Molden, 2007; Rockström et al., 2007). Le impronte idriche che includono tutte le acque verdi, tuttavia, sono state criticate per aver generalizzato i fabbisogni di acqua quando sommano tutte e tre le risorse idriche in un unico valore finale di impronta idrica (Ridoutt e Huang, 2012; Ridoutt et al., 2012b; Perry et al., 2013; Perry, 2014). I critici sostengono che i consumatori si trovano di fronte ad una misura che non fornisce informazioni sul fatto che un prodotto abbia una grande impronta idrica a causa del suo alto CWU blu, del suo alto CWU verde o delle ipotesi sul suo forte impatto sull’inquinamento idrico. La scala spaziale di valutazione è ancora generalmente focalizzata su livelli più alti: nazionale o globale (Hoekstra et al., 2016). Solo quattro dei 33 studi pubblicati nel 2014-2015 si concentravano su una scala spaziale inferiore (waterfootprint.org/publications), il che significa che gli impatti del CWU valutati a livello locale non sono stati considerati in modo appropriato. Il network LCA ha fornito input ed assistito lo sviluppo di un metodo standardizzato ISO per le valutazioni dell’impronta idrica che tenga in considerazione sia il consumo di acqua che l’inquinamento delle risorse idriche (Ridoutt e Pfister, 2013). Tuttavia, il metodo sviluppato (ISO, 2014) non tiene conto della maggior parte del CWU verde, trattandolo come un indicatore dello sfruttamento del suolo piuttosto che dell’utilizzo dell’acqua (Pfister e Ridoutt, 2014). Ci sono stati tentativi all’interno della comunità LCA di spiegare l’utilizzo (Milà i Canals et al., 2009; Núñez et al., 2013b) e la scarsità di acqua verde (Núñez et al., 2013a), sostenendo che è fondamentale integrare ulteriormente le valutazioni quantitative dell’acqua verde nel LCA per quei sistemi dove la dipendenza dalle riserve di acqua verde è elevata. Tuttavia, Pfister e Ridoutt (2014) affermano che la metodologia non dovrebbe essere utilizzata per il LCA dell’impronta idrica e indicano che il consumo di acqua verde dovrebbe essere incorporato solo se può essere direttamente collegato al fatto di causare danni all’uomo o all’ambiente (Ridoutt et al., 2009). Ad esempio, dovrebbe essere presa in considerazione l’evapotraspirazione dell’acqua verde sui terreni irrigati, poiché può essere direttamente collegata allo stress idrico rispetto all’evapotraspirazione dell’acqua verde dalle colture e dai pascoli puramente pluviali. Tenere conto della competizione per le risorse idriche tra, ad esempio, la fornitura di alimenti per gli animali e il cibo per l’uomo, è importante per l’intensificazione sostenibile dei sistemi agricoli. L’intensificazione sostenibile implica non solo il miglioramento della produttività agricola e zootecnica per ettaro, ma anche l’aumento del numero di esseri umani nutriti per ettaro (van Zanten et al., 2015v). In altre parole, l’uso delle riserve di acqua verde dovrebbe essere visto in una prospettiva competitiva quando si analizza l’attuale tendenza all’aumento della domanda globale di alimenti di origine animale (Steinfeld et al., 2006; de Fraiture et al., 2007).
3.3 Considerazione dell’impatto ambientale e di altri potenziali utilizzi
Gli impatti reali sul funzionamento dell’ecosistema e sui servizi ecosistemici non vengono rilevati se si considerano solo misure quantitative, come il CWU associato alla produzione di alimenti per animali, o da una stima dell’impronta idrica. Le pratiche di gestione agricola in combinazione con le caratteristiche del sistema locale influenzeranno la quantità di acqua richiesta per la crescita delle colture o dei pascoli e potrebbero anche alterare le caratteristiche idrologiche su più livelli, influenzando una serie di funzioni e servizi ecosistemici legati all’acqua (Falkenmark e Rockström, 2004; Bossio et al., 2007; Gordon et al., 2008; Bossio et al., 2010; Deutsch et al., 2010; Keys et al., 2012; Ran et al., 2013). Questa review ha riscontrato che alcuni metodi includono gli impatti ambientali del consumo di acqua in zootecnia, ad esempio, la correlazione con la scarsità idrica locale nelle valutazioni aggiornate dell’impronta idrica e dell’LCA (Pfister et al., 2009; Descheemaeker et al., 2010; Ridoutt e Pfister, 2013). Tuttavia, la maggior parte dei metodi non riesce a calcolare la potenziale perdita di altri servizi ecosistemici oltre alla produzione agricola. L’eccezione tra i metodi esaminati la fa Deutsch et al. (2010). In questo documento il CWU dei pascoli (nei sistemi che prevedono l’utilizzo del pascolo) non viene preso in considerazione quando si presume che il pascolo supporti o migliori altri servizi ecosistemici. Tuttavia, quando si presume che il pascolo domini la funzionalità del sistema a discapito di altri servizi ecosistemici, il CWU dei pascoli viene interamente allocato al sistema di pascolo. Pertanto, lo studio considera la competizione in termini di prevenzione dell’erogazione di servizi ecosistemici, concentrandosi sul degrado dell’ecosistema. Tuttavia, l’idoneità nell’utilizzare le risorse per il pascolo rispetto ad altri potenziali utilizzi, come la fornitura di cibo, di combustibile o di fibre, non viene tenuta in considerazione se si presuppone che il sistema di pascolo sia sostenibile. In altre parole, il metodo consente di includere nella valutazione la competizione tra le risorse, ma sostanzialmente non include il potenziale delle risorse idriche e terrestri nell’essere impiegate per applicazioni diverse da quella attuale.
3.3.1. Differenze e trade-off
Le tre categorie di metodi esaminate hanno tutte apportato importanti contributi allo sviluppo delle valutazioni dell’utilizzo delle risorse idriche nel settore zootecnico. La metodica della produttività idrica è l’unica che quantifica i molteplici benefici della zootecnia, non solo come fonte di cibo di origine animale, e che individua i potenziali guadagni di efficienza idrica nei sistemi agricoli dei piccoli proprietari. Le impronte idriche hanno aumentato la consapevolezza delle grandi quantità di acqua necessarie per la produzione zootecnica e legate al consumo di prodotti di origine animale. I LCA sottolineano l’importanza di collegare l’utilizzo delle risorse idriche agli impatti locali e allo stress idrico locale. Tutti e tre i metodi, tuttavia, presentano alcune limitazioni. Ad esempio, gli studi sulla produttività idrica si riferiscono al CWU totale, quindi perdono rilevanza verso le opzioni di gestione e gli impatti correlati al CWU blu e verde, mentre sia gli studi sulla produttività idrica che molti studi sull’impronta idrica non hanno una connessione specializzata con gli impatti ambientali locali e gli studi di LCA non includono la maggior parte dei consumi di acqua verde. Infine, tutti e tre i metodi mancano di una chiara connessione con le interazioni territoriali e le dinamiche del sistema dei bacini idrologici. Il ruolo potenzialmente importante che entrambe le risorse di acqua verde e di acqua blu potrebbero svolgere nel migliorare la produttività agricola e il funzionamento dell’ecosistema non è adeguatamente colto da nessuno dei metodi esaminati. Tutti gli studi, ad eccezione di uno, non includono la competizione per le risorse o i diversi output e i benefici per il territorio (Deutsch et al., 2010).
3.2.2. Opportunità metodologiche
Questa review ha individuato una serie di aspetti chiave che dovrebbero essere considerati quando si valuta l’utilizzo dell’acqua nella produzione zootecnica. In primo luogo, le valutazioni dovrebbero includere sia le acque verdi che quelle blu. Tuttavia, è fondamentale che i risultati vengano presentati separatamente dato che hanno differenti utilizzi alternativi, causano impatti ambientali diversi e svolgono ruoli diversi nel causare la scarsità idrica, nella competizione per l’utilizzo e nel sostenere diversi servizi ecosistemici acquatici e terrestri. Mantenendo separate le risorse di acqua verde e di acqua blu, è possibile identificare i ruoli complementari che possono svolgere. Ad esempio, una piccola aggiunta di acqua blu ad un sistema che è fortemente dipendente dall’acqua verde può aumentare significativamente la produttività idrica delle colture, e quindi anche la produttività idrica dell’allevamento animale, e rendere produttivi i flussi di acqua verde improduttivi. Ciò è stato dimostrato dai risultati di una review dei metodi di valutazione delle acque dolci (Kounina et al., 2013), la quale invita a sviluppare metodi per colmare il divario di conoscenze sulla quantificazione del legame tra utilizzo di acqua verde e l’individuazione di indicatori per caratterizzare la correlazione tra fonti di acque verdi e sfruttamento del suolo. In secondo luogo, i parametri per le acque grigie, che sono un proxy idrico virtuale per la quantità di acqua necessaria per assorbire gli inquinanti e diminuire lo scadimento della qualità dell’acqua, non dovrebbero essere sommati con il consumo di acqua verde e blu. Ciò non significa che la qualità dell’acqua non debba essere considerata, dato che è vitale in termini di indicatori di qualità. Si tratta semplicemente di sottolineare che tali risultati non dovrebbero essere presentati insieme ai dati quantitativi sull’uso delle risorse idriche verdi e blu. In terzo luogo, le valutazioni delle risorse idriche impiegate nel settore della zootecnia devono tenere in considerazione la concorrenza per l’utilizzo delle diverse risorse idriche e sottolineare l’importanza dell’uso dell’acqua verde in agricoltura. La competizione per le risorse idriche tra la produzione di cibo destinato all’uomo e di alimenti destinati agli animali può avvenire in due modi: direttamente, quando gli animali vengono alimentati con colture e vegetali che potrebbero essere direttamente consumati dall’uomo; e indirettamente, quando il foraggio e il pascolo destinati agli animali occupano un terreno ed utilizzano acqua adatta anche alla produzione di colture alimentari, silvicoltura, colture energetiche o altri servizi ecosistemici. La produzione di alimenti per gli animali può essere realizzata anche senza indurre alcun aumento della concorrenza con altre produzioni, ad esempio in quei sistemi di allevamento dove gli animali vengono lasciati pascolare su terreni marginali che hanno pochi usi alternativi e scarso valore socio-ecologico. I metodi possono tenere conto della concorrenza diretta delle risorse considerando l’acqua verde e blu insieme ai rispettivi utilizzi del suolo, come nelle valutazioni di Ran et al. (2013); e identificare la concorrenza diretta tra la produzione alimentare destinata all’uomo direttamente dalle colture o la produzione attraverso l’allevamento. Al fine di fornire risultati utili, tuttavia, le valutazioni CWU in zootecnia devono anche affrontare il potenziale di concorrenza indiretta con la produzione di carburante, fibre e di altri servizi ecosistemici e valori socioeconomici. Un tale metodo di valutazione catturerebbe con successo l’impatto ambientale e il funzionamento dell’ecosistema in relazione al CWU per la produzione zootecnica.
4. Conclusioni
Le risorse idriche diventano un fattore limitante quando si parla di capacità di sfamare una popolazione mondiale in crescita. I sistemi di produzione zootecnica forniscono un importante contributo ai sistemi di produzione degli alimenti del mondo, ma sono anche un grande consumatore di risorse idriche. Questo studio ha esaminato i metodi esistenti per valutare l’utilizzo dell’acqua in zootecnia, riconoscendo l’acqua come una risorsa limitata nel settore agricolo globale. I metodi esistenti per valutare l’uso dell’acqua nelle produzioni animali sono stati classificati in tre categorie: valutazioni della produttività idrica, valutazioni dell’impronta idrica e valutazioni del ciclo di vita. Differenze metodologiche e differenze negli utilizzi previsti dei metodi ostacolano l’interpretazione e il confronto dei risultati. La review ha individuato tre punti chiave che migliorerebbero le valutazioni dell’utilizzo di acqua dolce nella produzione zootecnica. In primo luogo, le valutazioni dell’utilizzo delle risorse idriche dovrebbero includere l’utilizzo delle acque verdi, valutando e riconoscendo così l’importanza di questa tipologia di acqua. Le risorse idriche blu e verdi dovrebbero essere presentate separatamente al fine di ottenere risultati rilevanti per scopi informativi e per individuare opzioni di miglioramento. In secondo luogo, l’acqua grigia, che è una misura della qualità dell’acqua generalmente calcolata come proxy del volume di acqua necessario per ridurre l’inquinamento, non dovrebbe essere sommata con l’acqua blu e con l’acqua verde, che sono misure quantitative utili per tenere conto del consumo di acqua. In terzo luogo, affinché le valutazioni siano utili a consumatori, produttori, responsabili politici e organi decisionali, è necessario tenere in considerazione la competizione per le risorse idriche tra gli utenti e l’impatto ambientale locale del consumo di acqua. Il legame tra l’acqua consumata e l’impatto sugli ecosistemi locali non è adeguatamente colto negli attuali metodi per la valutazione dell’utilizzo dell’acqua negli allevamenti. Tenere in considerazione la competizione per le risorse idriche tra gli utenti locali è un contributo imperativo all’intensificazione sostenibile della produzione zootecnica e del settore agricolo nel suo insieme. L’intensificazione sostenibile presuppone un miglioramento del numero di esseri umani che possono essere nutriti per unità di risorsa, come l’acqua, piuttosto che semplicemente un aumento della produttività dell’allevamento. Per fare ciò, i metodi per la valutazione dell’utilizzo dell’acqua nei sistemi zootecnici devono tenere in considerazione gli usi alternativi, gli usi molteplici e i benefici di una determinata risorsa in un luogo specifico.
Assessing water resource use in livestock production: A review of methods
Y. Ran a,b,*, M. Lannerstad c, M. Herrero d, C.E. Van Middelaar a, I.J.M. De Boer a
Livestock Science
www.elsevier.com/locate/livsci
dx.doi.org/10.1016/j.livsci.2016.02.012
1871-1413/& 2016 Elsevier B.V. Tutti i diritti riservati.
aAnimal Production Systems Group, Wageningen University, 6708 WD Wageningen, Paesi Bassi
bStockholm Environment Institute,11523 Stoccolma, Svezia
cInternational Livestock Research Institute, P.O. Box 30709, Nairobi,Kenya
dCommonwealth Scientific and Industrial Research Organization, 4001 Brisbane, QLD, Australia
*Autore corrispondente: StockholmEnvironmentInstitute,11523 Stoccolma, Svezia.
E-mail: ylva.ran@sei-international.org (Y.Ran).
Ringraziamenti
Vorremmo ringraziare la Commonwealth Scientific and Industrial Research Organization (CSIRO), lo Stockholm Environment Institute, il CRP Livestock and Fish (L&F) e il CRP Water, Land and Ecosystems (WLE), per il supporto finanziario fornito per questo studio.
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