L’autore dell’articolo è il Dott. Giorgio Giraffa del Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria, Centro di Ricerca per le Produzioni Foraggere e Lattiero Casearie (CREA-FLC), Lodi.

Il latte crudo è un serbatoio di microrganismi di interesse industriale ma anche un possibile veicolo di rischio igienico-sanitario. I moderni metodi di analisi consentono oggi di ottenere una sempre più completa panoramica della diversità microbica associata alla qualità e salubrità del latte. 

La composizione e le caratteristiche chimiche e chimico-fisiche fanno del latte un substrato ideale per la colonizzazione e la crescita microbiche. I microrganismi accedono al latte attraverso una varietà di fonti e, una volta contaminato, possono esserne semplicemente veicolati o, viceversa, essere in grado di svilupparsi e svolgere funzioni positive (fermentazione, definizione caratteristiche organolettiche, effetti salutistici), provocare difetti o risultare nocivi per la salute. Il microbiota del latte ha un impatto diretto sulla qualità e sicurezza dei prodotti derivati e, inoltre, costituisce una preziosa fonte di specie e ceppi di potenziale interesse industriale. Conoscere la composizione quali-quantitativa del microbiota del latte è pertanto di fondamentale importanza sia dal punto di vista industriale che igienico-sanitario in quanto incide in misura determinante su qualità e conservabilità dei prodotti derivati. La conta batterica totale è ancora oggi uno degli indici per il pagamento della qualità, nonché uno strumento di controllo indiretto degli standard igienici nella catena produttiva del latte.

Il latte è altresì un veicolo occasionale e un ottimo substrato per lo sviluppo di un microbiota patogeno. Come noto, se all’uscita della mammella risulta praticamente sterile, successivamente diventa colonizzabile da microrganismi provenienti dall’animale, dall’uomo ma anche da ambiente, stalla, attrezzature di mungitura, aria, acqua e suolo. Microrganismi patogeni possono pervenire al latte attraverso un’infezione sistemica (passaggio diretto dal sangue), mediante affezioni della mammella (mastite), oppure per contaminazione sia ambientale (durante o dopo la mungitura) che da contatto umano. Per garantirne la sicurezza igienico-sanitaria, il latte crudo dovrebbe essere controllato con frequenza almeno settimanale in quanto la contaminazione potrebbe aver luogo durante ogni singola mungitura, essere sporadica e le cariche batteriche potrebbero variare di giorno in giorno, anche significativamente. Se i microrganismi patogeni non vengono eliminati applicando idonei trattamenti termici, il latte crudo può rappresentare un serio rischio sanitario. É ancora rilevante la casistica relativa a patologie legate al consumo di latte crudo contaminato da microrganismi tossinfettivi o tossinogeni. In Europa si stima che la presenza di batteri patogeni sia responsabile del 4% delle tossinfezioni associate al consumo di latte crudo. Occorre inoltre tener presente che nei patogeni sono inclusi gruppi batterici estremamente eterogenei, il che complica notevolmente il loro controllo ed eliminazione. Sebbene siano per la maggior parte mesofili, con optimum di sviluppo fra 20°C e 45°C, alcune specie sono psicrotrofe, in grado cioè di crescere in condizioni refrigerate o a temperature inferiori a 10°C. Altri formano spore e quindi sono notevolmente resistenti al calore. Altri ancora sono in grado di produrre tossine termostabili. Infine, la presenza di residui di antibiotici nel latte, che può indurre l’insorgenza di resistenze, in particolare tra batteri patogeni od opportunisti, e di virus, sono ulteriori rischi igienico-sanitari non irrilevanti legati al consumo di latte crudo.  

Batteri di interesse igienico-sanitario in latte crudo

Escherichia coli, Campylobacter jejuni, Salmonella spp. e Listeria monocytogenes sono i principali patogeni di rilevanza sanitaria, soggetti pertanto a sorveglianza e controllo mirati e rigidamente normati, in latte e derivati. Escherichia coli è una specie commensale, in genere non virulenta, che colonizza l’intestino dei mammiferi, al cui interno si ritrovano ceppi tossinogeni a bassa dose infettante. Sierotipi enteropatogeni ed enteroemorragici (Shiga-toxin producing E. coli, STEC) sono in grado di aderire alle cellule dell’epitelio intestinale, penetrare al loro interno e produrre tossine (tossine Shiga-like o verocitotossine). I sierotipi enteroemorragici O157:H7 e altri STEC non-O157 (come O26, O91, O103, O111, O145) possono causare diarrea e sindrome emolitico-uremica. Il latte crudo è l’alimento più frequentemente coinvolto in episodi tossinfettivi. Campylobacter jejuni è un patogeno che, attraverso il consumo di alimenti contaminati e aderendo alle cellule epiteliali, è in grado di colonizzare l’intestino e causare gastroenterite. Il latte crudo è uno degli alimenti maggiormente coinvolti in episodi tossinfettivi, soprattutto se appena munto e non rapidamente refrigerato. Dal momento che il microrganismo non si moltiplica a temperatura ambiente e considerando che viene prontamente inattivato a temperature di termizzazione (55°-65°C per 15-30 sec), gli eventi infettivi sono in genere conseguenti all’ingestione diretta di latte crudo contenente già una carica batterica infettante. Le Salmonelle, gruppo numeroso (oltre 2000 sierotipi) di enterobatteri, vivono nel tratto gastrointestinale dei mammiferi e la presenza nel latte è prevalentemente correlata a contaminazioni di origine fecale che hanno luogo durante la mungitura. Le salmonelle sono distrutte dalla pastorizzazione. Pertanto, sono rinvenibili in latte crudo o non correttamente trattato, o in seguito a carenze nei controlli di processo o inosservanza nell’applicazione delle norme di igiene e pulizia (es. ricontaminazioni dopo il trattamento termico). Gli episodi di salmonellosi riportati in letteratura confermano che la maggior parte dei casi è provocata da consumo di latte crudo, latte non correttamente pastorizzato o formaggi freschi e molli a latte crudo. Listeria monocytogenes è un agente patogeno per l’uomo, causa di forme cliniche anche gravi, con tasso di mortalità elevato (circa 20%) in individui immunodepressi e altre categorie a rischio. A differenza di molti altri agenti patogeni di origine alimentare, è in grado di sopravvivere negli ambienti di produzione e di resistere e crescere nei prodotti anche in presenza di condizioni stressanti come basse temperature (≤ 4°C), alte concentrazioni di sale e basso pH. Pertanto, è essenziale evitarne l’ingresso o la diffusione nei locali di trasformazione applicando corrette procedure di sanificazione degli ambienti e di risanamento termico del latte. L. monocytogenes è infatti sensibile alla pastorizzazione, pertanto i rischi maggiori sono dovuti al consumo di latte crudo o non correttamente pastorizzato, o a prodotti ricontaminati a valle della pastorizzazione.

Oltre ai suddetti patogeni, nel latte crudo sono ritrovabili altri gruppi microbici la cui presenza può comportare rischi igienico-sanitari legati al suo consumo. Fra questi sono inclusi Staphylococcus aureus, Yersinia, Mycobacterium e sporigeni tossinogeni. St. aureus può causare intossicazione e sintomi gastrointestinali per la presenza di tossine ed enterotossine termostabili. La pastorizzazione distrugge il microrganismo ma non le tossine; è essenziale, pertanto conservare il latte a basse temperature per controllare la crescita microbica e limitarne l’accumulo. I principali episodi di intossicazione sono infatti risultati collegati al consumo di latte crudo o pastorizzato, conservati a temperature di refrigerazione non adeguate. La yersiniosi, causata da Yersinia enterocolitica e Y. pseudotuberculosis, può presentare diversi quadri clinici quali diarrea con febbre e dolori addominali. Le yersinie sono ubiquitarie, isolabili da feci di animali e uomo. Possono contaminare il latte alla stalla ma anche altri ambienti di lavorazione, dove la loro presenza è indice di carenza d’igiene. Sviluppano bene in latte crudo refrigerato e sono inattivate dalla pastorizzazione. Mycobacterium bovis è un batterio zoonotico pericoloso per l’uomo. Il risanamento degli allevamenti mediante interventi di eradicazione e i controlli per mantenerli indenni hanno reso questa infezione molto meno preoccupante che in passato. La presenza in numero elevato presuppone una contaminazione massiva in quanto i micobatteri non si moltiplicano facilmente nel latte, ma possono sopravvivere in questa matrice anche per alcuni mesi. I micobatteri possono diffondersi con il consumo di latte crudo; sono infatti inattivati dalla pastorizzazione. Le spore di Bacillaceae sono diffuse nell’ambiente e possono contaminare latte e derivati. Sono estremamente resistenti ad agenti chimici e fisici e non vengono distrutte dalla pastorizzazione. Il potere patogeno è legato alla produzione di tossine, che avviene durante la successiva crescita delle forme vegetative a valle del trattamento termico. Alcune tossine però sono resistenti al calore e non vengono distrutte dalla pastorizzazione. Pertanto, fondamentale è contenere il numero di sporigeni e controllarne lo sviluppo, con conseguente accumulo di tossina, già nella materia prima.

Considerazioni finali

Negli ultimi anni il latte crudo è stato spesso al centro di accesi dibattiti, e non solo nel nostro Paese, tra chi ne esaltava i benefici nutrizionali e le proprietà organolettiche e chi ne paventava rischi per la salute legati al suo consumo, derivanti dalla possibile trasmissione di infezioni e tossinfezioni batteriche responsabili di patologie nell’uomo. Da quanto esposto, tali preoccupazioni non sono senza fondamento, anche se il palesarsi dei rischi dipende fortemente dal tipo di patogeno, dalla dose infettante e, soprattutto, dallo stato di salute individuale. A tal riguardo, un principio di precauzione a garanzia e tutela della salute del consumatore ha indotto il Ministero della salute (DL n. 158 del 13/09/2012) a riportare nell’etichettatura, o presso i siti di erogazione del latte crudo, la dicitura “da consumarsi previa bollitura”. É importante sottolineare che i notevoli progressi nelle pratiche igieniche di mungitura, raccolta e conservazione hanno certamente ridotto significativamente (senza annullarla) l’incidenza e la frequenza di germi patogeni e, più in generale, di rischi sanitari nel latte. D’altra parte, la soluzione al problema, ovvero la bollitura, annulla quasi completamente i benefici nutrizionali legati al suo consumo.